«Facciamo una promessa.» esclamai.
«Certo, dimmi tutto!»
«Tra un anno tornerò a Roma sempre con questo genere di gita..»
«..tra un anno, io sarò qui ad aspettarti.» completò la frase con un sorriso.

«Ehi, stai bene?» mi chiese, evidentemente preoccupato, avvicinandosi di più a me.
No, non stavo bene, non stavo affatto bene.
«Mi sono..mi sono graffiata al parco, sta-stavo scavalcando un cancello e..»
«E hai trovato una lametta e hai avuto la brillante idea di tagliarti?»
La sua sensibilità meritava un premio Nobel.

Prendo un bel respiro e mi preparo psicologicamente per dire una parola, due lettere che anche i bambini di 3 anni saprebbero dire senza problemi. Il parrocco ha pronunciato la fatidica frase con la quale chiunque ha qualcosa contro quella cerimonia può intervenire e fermare tutto. Quel qualcuno..sono io.

Aprì gli occhi e mi sorrise.
Quel dannato sorriso che mi faceva andare fuori di testa.
Ricambiai il sorriso. Affondò il suo volto nel cuscino e continuò a sorridere, senza fermarsi: sembrava davvero felice.
«Che succede Styles?» chiesi, avvicinandomi a lui.
«Che c’è?! Non posso essere felice?» chiese, portandosi il cuscino sulla testa, coprendola completamente.

«Ricordami perchè stiamo litigato, Joseph!» dissi, con gli occhi lucidi.
«Per i tuoi modi di fare, i vestiti troppo corti e scollati che porti!»
«E ricordami per quale motivo Ashley viene ad ogni concerto!»
Abbassò la testa e non parlò.
«Nel caso non te ne fossi accorto, tra noi è finita!» esclamai, con le lacrime ormai ben visibili sul mio viso.