Questa non è la solita storia d’amore.
Questa storia, parla dell’amore. Un amore diverso e non compreso da nessuno, un amore che spinge alla follia e porta alla morte. Questa è la storia di un ragazzo, la cui vita non ha mai avuto senso e di un uomo, la cui la morte ha portato via tutto l’amore che poteva provare.
Perché a volte, l’amore può sanare, ma può anche distruggere.

Gli presi il viso tra le mani e lo baciai. Ovunque.
Sulle labbra.
Sugli occhi, il naso, le guance.
La fronte, la mascella.
Le labbra. Ancora e ancora.
'Noi abbiamo tempo per tutto.' lo rassicurai.

-Ren si voltò verso il corridoio e rimase fermo per qualche secondo, mentre stavo in silenzio e lo fissavo con aria di supplica. Supplicavo in silenzio che se ne andasse e mi lasciasse di nuovo sola. Colpì due volte lo stipite in legno della porta, con l’indice e poi sghignazzò inutilmente, senza farsi vedere ma sentire.
“Fammi sapere… Se ti serve qualcosa” chiuse nuovamente la porta e lo sentii allontanarsi verso il salotto.-

Alexander, un ragazzo sicuro di sé, si trova nei guai durante il quinto anno del liceo. La difficoltà riscontrata non proviene da una lacuna nello studio, c'è qualcos'altro che gli impedisce di ritrovare tutta quella sicurezza che aveva una volta.
"Solo allora notai che un foglio era ancora a terra. Lo afferrai con delicatezza e lo girai, rimanendo colpito da ciò che vi era rappresentato. Era un disegno degno di un artista, ma non mi stupì la bravura e la bellezza di quello schizzo."
[Interrotta ma possibile ripresa]

Quando un servizio fotografico si può trasformare in un gioco erotico.
Quando la mente del fotografo porta lui e il suo modello a sperimentare situazioni molto particolari.
Quando dell'intimo femminile sta meglio ad un ragazzo che a una donna.
Adrien si stava perdendo in tutte quelle emozioni, in quei momenti. Avvertiva il flusso del sangue convergere nel basso ventre, i battiti del suo cuore accelerare.
I suoi sensi erano acuiti dall’eccitazione, dalle parole che Marcus gli sussurrava nelle orecchie.
E poi c’erano quelle mani, che non la smettevano di esplorarlo di toccarlo, di insinuarsi fra la biancheria che aveva indosso.
Sentì le guance andare a fuoco a quel pensiero.
Non aveva idea di come lo avesse convinto a fare una cosa del genere, e non solo per quel servizio fotografico, per quegli scatti che ad un certo punto non avevano più nulla di casto, ma anche per i loro incontri successivi.

Mi sembra di restare sempre sullo stesso punto,quello di partenza.Quello dove io voglio lei ma non so cosa lei vuole da me.Ogni volta che il mio sguardo incrocia il suo,perdo l'equilibrio e mi sento mancare,ma fingo uno di quei miei grandi sorrisi,che fa notare il mio apparecchio e che mi illumina gli occhi,ma niente mi rende felice.
Quante volte ho desiderato di afferrarla e dirle che,tutte quelle discussioni,quelle urla,quei piatti lanciati,quei sorrisi rubati,quelle frasi dette per rabbia.

Mio padre ancora non sapeva nulla della storia. Un punto a sfavore.
Non avevo ancora trovato la chiave di quella porta comunicante. Altro punto a sfavore.
Il ragazzo che si sarebbe finto il mio fidanzato era, oltre che un gigolò professionista, anche un tipo fastidioso, cinico e maledettamente sensuale, che odiavo con tutta me stessa. Quindi Tre a Zero per la sfortuna.
Il suo lavoro, poi, non consisteva solo nel fingersi innamorato di me -cosa già difficile in sé per sé- ma avrebbe dovuto anche insegnarmi le tecniche della passione e, quindi, in un modo o nell'altro riuscire a fare eccitare entrambi. Cosa impossibile. Quattro a Zero.
Qualcos'altro? Ah, sì! Dovevo sorbirmelo per oltre un mese..!
Cinque a Zero. Avevo nettamente perso..