Sì, racconterò la storia del nostro amore.
La racconterò perché gli indegni infelici provino invidia per ciò che abbiamo avuto, perché chi ha perduto la via ritrovi almeno la speranza, perché tutti possano condividere il nostro dolore e renderne meno pesante il fardello che sono rimasto solo a portare.
Per coloro che leggono e che ancora non sanno, il mio nome è Gerard Way, e questi sono i miei ricordi felici.

[Destiel] [Dystopian!AU]
In un universo in cui tutto è controllato - perfino l'arte e le relazioni - si racconta della leggendaria connessione che collega le anime gemelle quando esiste la possibilità concreta che il loro amore si realizzi. Cas, con la sua fede nel rigido sistema che governa tutto, è un pittore solitario; la voce che improvvisamente sente una sera qualsiasi, invece, è quella di Dean, un cantante che il sistema lo odia.
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Avrebbe voluto essere in grado di chinare la testa, di sottostare alle regole, ma c'era qualcosa nella sua anima che non voleva saperne. C'erano passioni e tormenti e incubi dietro le palpebre quando arrivava l'alba e lui andava a dormire. Cantare rendeva tutto così evidente da fare quasi male. Ma quella sera c'era il vago pensiero di dover ricacciare indietro la malinconia, perché non era solo a sentirla vibrare nella mente.
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Non aveva davvero idea di cosa stesse dipingendo, non riusciva a carpire un'immagine completa, ma sapeva che riguardava Dean. C'erano angoli più scuri, sfumature che si incupivano fino a diventare nere, ma il verde smeraldo brillava al centro della composizione, come una luce lontana.

Dal testo: "Erano cinque anni che quei due stavano insieme. E cinque anni che anche io e Gerard eravamo felicemente fidanzati. Erano nove anno che lo amavo più di me stesso."
[FREARD] [SYNACKY]

Ormai erano giorni che non dormivo bene a causa di quel incubo che mi perseguitava ogni notte. Sognavo sempre la solita cosa, anzi la solita persona, il solito ragazzo dai capelli neri tanto lunghi da coprirgli il viso e da impedirmi di riconoscerlo. La sua pelle era di un bianco latte, a tal punto da sembrare che emanasse una strana luce nella notte. Era sempre vestito di nero: solita maglia bianca a righe nere, coperta da una giacca di pelle scura abbinata a dei pantaloni di jeans neri…. Non sapevo chi fosse quel ragazzo, ma sembrava una persona a me cara, molto cara. Mi ripeteva sempre la solita cosa :“ Scusami Frankie..” e dopo scompariva nella nebbia delle rotaie di una vecchia stazione ferroviaria da cui transitavano ancora treni. Ogni volta che il ragazzo spariva una strana morsa mi impediva di andare da lui e quando essa se ne andava si sentiva un rumore frastornante, la nebbia si dileguava e il ragazzo… era sempre steso a terra privo di sensi… morto.

Ciao,sono Frank, ho 19 anni e sono una testa di cazzo.
Nonostante non lo dia a vedere la mia vita è un vero sfacelo, come avrete potuto intuire da quella cosa scritta in grande e in rosso qua sopra. Mi piacciono i Green Day, Batman, suonare la chitarra, bere e fare a gara di rutti, drogarmi, bere, i Misfits e-ho già detto bere? e, ah sì, le torte al cioccolato e la pizza (..anche se dico di essere vegano quindi SHHHT), fare casino in giro, dare fastidio alla gente, e un sacco di altre cose. Comunque, questo è il diario del mio primo anno al college, già, il cui contenuto non è propriamente adatto ai ragazzini al di sotto dei 14... In effetti non lo sarebbe nemmeno a quelli al di sopra, ma sorvoliamo… (ergo, LEVATEVI DALLE BALLE!)

« Vuoi sapere perché odio l'asilo? » gli aveva chiesto il bambino dai capelli neri.
Lui aveva annuito.
« Primo perché devo svegliarmi presto e a me piace dormire, secondo perché la maestra è noiosa, parla sempre e solo di disegni! E se a me non piacesse disegnare? E terzo, lo odio perché non è Hogwarts! »
Lo aveva guardato con aria sorpresa.
Si era messo a ridere, indispettendo l'altro che se ne era tornato al suo posto, incrociando le braccia al petto e mettendo il broncio.
Aveva afferrato con le sue mani paffute un pennarello rosso. Si era accovacciato di fronte al bambino, scostandogli dalla fronte un ciuffo di capelli neri e disegnandogli sul lato sinistro una piccola cicatrice a forma di saetta.
« Ora puoi far finta. » aveva esclamato sorridendogli appena.

Frank temeva i discorsi con Gerard. Erano sempre un po’ strani, e ora era troppo assonnato per difendersi brillantemente da ogni possibile attacco che Gerard avrebbe potuto sferrare alla sua autostima.
Quindi decise di chiudere gli occhi, rannicchiarsi di più in modo che il suo piede non sfiorasse minimamente Gerard e impedirgli di ricordargli di essere al suo fianco.
Ma si sentiva tremendamente osservato, quindi aprì di nuovo gli occhi e incrociò inevitabilmente quelli di Gerard.
Bene, si era dato una pedata sui coglioni da solo. Ora erano cazzi suoi.
- Che c’è? – sospirò, guardando Gerard con gli occhi gonfi di sonno e non del tutto aperti.
- Sono sotto stress. – confessò Gerard, esageratamente cupo. Problemi da diva. - Ho bisogno di un modo per scaricare la tensione. – mormorò. A Frank passarono davanti agli occhi l’ultima decina di concerti, spesi a flirtare con Gerard sul palco come se fossero decisamente poco etero. Non se l’era mai domandato, ma forse a Gerard non bastavano gli strusciamenti.

"Il poliziotto sorrise di nuovo, e stavolta notò che le sue guance si trasformarono in due cuscinetti che avevano tutta l’aria di essere morbidi."
Frank viene arrestato, ma, se avesse saputo che sarebbe andare a finire così, si sarebbe messo nei casini molto prima.
[Frerard]

La porta dello studio si aprì lentamente, facendo entrare un Frank dall'aria pensierosa.
-Gerard, è successo di nuovo.
L'uomo seduto alla scrivania alzò lo sguardo dalle carte che stava esaminando e rimase per un attimo in silenzio prima di rispondere.
-Chi è?