Sebbene le giornate di gara fossero state a dir poco stressanti, e sebbene non avessero potuto permettersi distrazioni di nessun tipo, non era stato affatto semplice incrociarsi per i corridoi e salutarsi solo con un cenno, non era stato affatto semplice stare insieme nello spazio comune adibito agli esercizi ginnici preparatori e fare conversazione come se fossero dei semplicissimi amici, parlando di cose idiote e inutili, con le addominali in bella vista e le spalle sudate.
Cazzo, sarebbe stato più semplice ignorarsi, ma ormai tutti quanti sapevano che Yuri Plisetsky e Otabek Altin erano amici. Buoni amici. E i buoni amici facevano conversazione.
Ciononostante, non appena Otabek muoveva le labbra per parlare di un argomento a caso, Yuri non riusciva a pensare ad altro che a chiudergliele con un bacio.

Doveva essere un tranquillo risveglio di una tranquilla mattina di un tranquillo dicembre quello, per Yuri. Uno come già a migliaia erano successi, uno come infinite volte erano capitati.
La luce di un nuovo giorni filtrava pigra – come pigri rintoccavano inesorabili i minuti battuti dall'orologio che il nonno gli aveva lasciato in eredità – tra le persiane lasciate socchiuse la notte prima. Il tepore sotto al piumone era ciò che di più bello potesse esistere quando fuori le temperature sfioravano i venti gradi sotto lo zero termico.
Contava i secondi sottovoce, muovendo appena le labbra in un flebile sussurro. Il mondo fuori a vorticare, l’universo sotto quello strato scuro in cui stava cercando protezione a correre come un treno impazzito, contro di lui, addosso a lui, travolgendolo, lasciandolo inerme.

"La serata si stava trasformando in una di quelle in cui Mello voleva espiare, Matt lo aveva capito, e non si sarebbe tirato indietro. Mello doveva andare oltre i limiti, di tanto in tanto. Gli serviva per placare la mente."
Mello e Matt cinque anni dopo la cattura di Kira. Non sono affatto morti e sono indispensabili uno all'altro.
I personaggi non sono miei e non ci guadagno nulla!

[Otabek/Yuri] [Victor/Yuuri]
“Mi sei mancato,” è la prima cosa che gli dice Otabek con voce stanca e Yuri si obbliga a stringerlo un po’ più forte, visto che il sentimento nascosto dietro quelle parole lo fa quasi piangere dalla gioia.
Sono stati separati per un mese e mezzo, anche se Yuri ha vissuto quei quarantasette giorni come un supplizio infernale. Dopo il brevissimo, ma intenso fine settimana a San Pietroburgo dello scorso giugno, avevano in programma di rivedersi una volta cominciata la stagione delle gare, con immenso sconforto di entrambi. Poi, però, a Yuri era giunto un invito da parte di Victor affinché lo raggiungesse in Giappone per il festival annuale di Hasetsu e non era proprio riuscito a dire di no. Dopo aver annunciato la sua volontà a raggiungere i due neo-sposini e aver preteso di portare qualcuno con sé con la scusa “Altrimenti poi muoio di noia se ci siete solo voi due”, aveva videochiamato Otabek emozionatissimo all'idea di potersi rivedere dopo così poco tempo.
Quindi, eccoli lì, ad abbracciarsi all'aeroporto di Tokyo, con nove ore di volo sulle spalle, a migliaia di chilometri di distanza da casa e un battito fin troppo irregolare.

Gli occhi di Yuri, non sorridono più.
Victor se ne accorge.
-Voglio soltanto capire quello che ti sta succedendo Yuuri…-
-Abbiamo litigato. Sono caduto.
C’è altro che vuoi sapere?-
Un amore che non è amore.
Uno Yuuri che però, non lo sa.
Un Victor che è tornato per restare.
Uno Yurio che…
Bè, meno male che c’è!
''E Yuuri vorrebbe davvero chiedergli aiuto, ma è una parola che non riesce a dire.
Ha paura, paura che possa scappare di fronte a quella richiesta.
Che possa scappare, di nuovo.
Ma adesso non ci vuole pensare, non ce la fa e si abbandona nelle braccia di Victor, a quel calore che Dio solo sa quanto ha bramato nella sua vita.
Yuuri voleva solo essere amato.
Ma poi ha incontrato Thomas."

[Otabek Altin/Yuri Plisetsky]
Prequel di "Follow The Compass Inside Your Heart"
Dal testo:
"Otabek non aveva mai visto una tale bellezza neppure nell'harem del suo palazzo. Sarà che era inusuale nel deserto trovare qualcuno con i capelli biondi come il miele, fatto sta che il Principe decise che non se ne sarebbe andato senza essere riuscito prima ad avvicinare in qualche modo quello schiavo."
● Arabian!AU
● Yuri!belly dancer/slave
● Otabek!prince
Nota: sia Yuri che Otabek sono minorenni

Era inutile mentire agli altri, ed era inutile mentire a sé stesso. Quel kazako e quei suoi occhi scuri gli facevano girare la testa. Se ne rendeva conto anche adesso, mentre lo raggiungeva accanto alla sua Harley per scoccargli un veloce bacio a stampo sulle labbra tagliate dal vento. Profumava ancora dell’odore di legna bruciata, unito a un lieve pizzicore salino. Il sale si era appiccicato alla pelle e ai capelli di entrambi.
Era innamorato perso.

[Otabek/Yuri]
Dal samovar, sistemato al centro, esce un odore di tè dolciastro e profumato. Attorno ad esso sono disposti il piatto di bliny e diverse ciotoline che contengono alimenti che non conosce, ma che hanno un aspetto delizioso.
“Quindi... a cosa devo l’onore?” chiede Otabek, facendo un cenno verso tutto quel ben di Dio.
Yuri impiega qualche secondo a spostare la propria attenzione da pensieri poco casti, ricordandosi di tutto ciò che hanno sotto il naso.
“Al fatto che Lilia ieri abbia fatto la spesa per un esercito, mi abbia concesso casa sua e io stamattina mi sentissi molto…” si lecca le labbra e lo guarda malizioso prima di completare la frase. “Grato.”
“Vorrei ben dire,” replica Otabek, alzando un sopracciglio divertito.
“Per cui ti ho cucinato la tipica colazione russa!”

" Di una cosa Otabek era certo. Che il sorriso di Yuri andava protetto [...]
Quante volte Yuri era salito in sella a quella moto? Tante! Infinite. E infinite avrebbero dovuto continuare ad essere, ma questa volta era stato diverso. Questa volta Yuri aveva preso il casco dalle sue mani estremamene silenzioso, con gli occhi di quel verde incredibile e indescrivibile – che avevano iniziato ad accompagnar i suoi sogni da tempo ormai – forse timidamente abbassati. Era salito senza dire una parola ma caspita se Otabek non aveva sentito il suo cuore pulsare e battere a mille, rimbombandogli addosso nel momento in cui il petto del biondo si era appoggiato alla sua schiena. E non solo perché era vestito con una semplice maglietta e basta. No, molto semplicemente era dovuto al fatto che era in sincrono con il suo [...]"
Otayuri per par condicio.
Sì, il titolo ... ok ... ho gravi problemi nel trovare i titoli per le fic, abbiate pietà.

QUESTA OS PARTECIPA AL 1* contest Yuri on ice-Italia Alternative Universe.
PROMPT SVILUPPATO: Divinità greche/egizie/maya/sumere/giapponesi!AU
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Ogni mattino, lo osservava rivestirsi di malavoglia, infilandosi lentamente l’armatura pesante ed i calzari in cuoio, mentre nel suo cuore si agitavano mille sentimenti.
Resta ancora un po'…
Stringimi ancora, ti prego…
Obbligherò il sole a non sorgere più se questo significa non vederti più andare via…

[Otabek/Yuri] [Post Welcome to the Madness]
“Senti, ma…” Sembra così titubante Yuri, il completo opposto della persona che ha visto esibirsi sul ghiaccio poco prima. “Non è che ho esagerato quando te li ho fatti sfilare con la bocca, vero?”
“No,” risponde onestamente Otabek. “Mi è piaciuto.”
Le labbra di Yuri si piegano di nuovo all’insù in un sorriso che è tutto fuorché innocente.
“Ti è piaciuto?”
“Molto.”
Yuri si morde il labbro inferiore e fa un passo verso di lui. “Ti è piaciuto nel contesto dello spettacolo o… per altri motivi?”
“Per tutto,” mormora Otabek, senza smettere di fissare nemmeno per un secondo quegli occhi chiari contornati da trucco scuro e brillantini.
Yuri lo squadra per qualche attimo. “Tu non sei uno che parla molto.”
Otabek scrolla le spalle e gli rivolge un sorriso provocante. “Preferisco usare la bocca per altre cose.”

[Otabek/Yuri] [AU]
Erano ormai due settimane che Yuri si svegliava alle sei e trentacinque del mattino, indossava la sua tuta da ginnastica e andava a correre al parco.
Ovviamente il motivo dietro quella dedizione non riguardava il desiderio di tenersi in forma, la voglia di muoversi immerso nel verde o avere una valvola di sfogo per lo stress. No, la ragione per cui Yuri si svegliava alle sei e trentacinque ogni giorno era da ricercarsi nel meraviglioso fondoschiena dell’unico pazzo che andava a correre a quell’orario impossibile. Un sedere sodo che sembrava scolpito nel marmo, a voler essere precisi, accompagnato da un corpo altrettanto atletico e allenato - quelle spalle se le sognava di notte - e adornato da un paio di occhi scuri in cui Yuri avrebbe voluto immergersi e non uscirne più.
In fondo, era solo un semplice essere umano a cui piacevano i bei ragazzi. Poteva pure fare qualche sacrificio per godere della visione di suddetti bei ragazzi sudati e mezzi nudi che facevano stretching contro le recinzioni e gli davano modo di poter ammirare un lato B che apparteneva di diritto ai libri di storia dell’arte.

AU, Otabek&Yurio.
Inizialmente aveva sentito solo qualche voce, ma le aveva evitate, perché non era davvero possibile che lui se la facesse con qualcun altro. Continuava a pensare che fossero solamente amici—amici e basta. Otabek era suo e di nessun altro, ed Otabek lo amava. Non avrebbe mai osato tradirlo…
Ma il suo muro di mattoni era crollato in un attimo quando, entrando nello spogliatoio, aveva visto JJ sopra al proprio ragazzo e le loro labbra incastrate l’una all’altra. Senza neanche una spiegazione, Yurio aveva cominciato ad imprecare, ad urlargli addosso gli insulti più plausibili e poi era scappato via. Da quel giorno aveva smesso di scrivergli, di chiamarlo ed aveva addirittura lasciando il pattinaggio. Non era stato in grado di superare, quindi aveva deciso che si sarebbe preso una pausa da quella passione, almeno finché non avrebbe messo a posto la sua testa ed i suoi sentimenti.

[Otabek/Yuri]
“Tutto bene, Yura?”
“Insomma,” disse Yuri quasi tristemente. “Oggi è stata un giornata abbastanza tremenda e… mi manchi più del solito,” ammise con un respiro profondo.
Otabek sentì il cuore stringersi nel petto... cielo, se lo capiva.
“Anche tu mi manchi. Mi sono bastati gli scatti che mi hai lasciato nel rullino fotografico per ridurmi in quello stato, pensa un po’.”
“Finalmente le hai trovate, pensavo di dovertelo dire chiaro e tondo!”
“Sei un idiota, Yuri Plisetsky.”

«Trova uno spogliatoio vuoto. Ora».
«Yuri, ci mettiamo dieci minuti a tornare in...»
Il russo lo afferrò per il colletto della giacca e lo trascinò in un angolo cieco, al sicuro dalle telecamere. Lo spinse su un divanetto color panna, e iniziò a baciarlo come se volesse rubargli ogni particella di ossigeno dai polmoni. Come se Otabek ne avesse ancora, di ossigeno in corpo, dopo quel concentrato di eros e pazzia che Yuri gli aveva servito sul ghiaccio.
La voce dello speaker, che dava indicazioni al pubblico che ancora si attardava sugli spalti su come abbandonare lo stadio del CCIB, diventò un ronzio lontanissimo. C’erano solo Yuri, la sua lingua, le sue labbra e il suo volgare odore di sudore misto alla raffinatezza del suo Amouage Interlude.
«Ho detto che ti voglio ora. Non fra dieci minuti».