Eccomi giungere qui!
Avevo in mente di leggere altre tue storie prima di impegnarmi in questa long, ma ho notato i post che ultimamente hai scritto su fb e mi hai troppo incuriosito per non passare a dare un'occhiata (leggerò anche le altre, in tanto mi prendo un posto tra i banchi di quest'aula).
Di questo primo capitolo sono due le cose che mi hanno colpito, anzi tre: la capacità che hai nel creare le atmosfere (questa è la seconda volta che mi fai innamorare di un mese, giuro); la caratterizzazione di Sherlock, che in qualche modo, forse non voluto anche (avrà fatto tutto la mia mente?) si avvicina allo Sherlock a cui mi hanno abituato gli ultimi film, seppure conservi quella fragilità (che la musica esterna magnificamente) che caratterizza la versione della serie tv a cui tu fai riferimento; e la musica, Chopin.
Di per sé il capitolo è introduttivo, ho apprezzato tantissimo il modo in cui ti prendi i tuoi tempi, introduci in maniera narrativa - non diretta, e questo è il bello - i personaggi e il contesto. Non c'è una prima scena attiva, c'è la scena di partenza, il preambolo, l'anticamera della storia (ed è emblematico il momento in cui Sherlock spia dalla porta il suo palco, la sua aula, prima di calcare le scene lui stesso. Sembra di stare dietro le quinte, ecco; e questo filo conduttore della musica e dell'arte in generale, mi ha conquistato.
Un complimento va al tuo lessico, si distingue sempre. Non so se è il tuo modo di scrivere - nel senso che io lo ricollego al fandom di Sherlock, ma prima o poi lo devo vedere in atto in qualche altro fandom, per farmi un'idea più completa - in generale, ma ho notato che è perfettamente coerente con questo personaggio e i suoi mille contesti. Mi piace il modo in cui usi certi sintagmi - come "il di lui...", che dà un'aria più composta e aulica, colta - e la varietà del lessico, con termini più ricercati e non comuni nel registro di ogni giorno ma che si adattano perfettamente per seguire le vicende di Sherlock, esaltando la sua personalità complessa e ingarbugliata, ma soprattutto questo quadro introspettivo macchinoso e profondo.
Per quanto riguarda le descrizioni... mi hai fatto amare Chopin, un passaggio sopra tutti ho adorato: "Se fosse stato in cerca di precisione, se si fosse trattato di Bach o Mozart e non di un mero autore romantico, si sarebbe fermato e avrebbe ricominciato da capo. Eppure non lo fece, semplicemente lasciò che le emozioni gli corressero addosso e scivolassero fuori. Presto, veloce, rapido e quindi di nuovo adagio, in un crescendo di note e l’animo si librò al pari di una piuma nel vento."
Come a dire - forse è solo la mia interpretazione - i sentimenti non si possono fermare, e quando qualcosa ti rapisce a tal punto non sei più tu a guidare, ma puoi solo guardarti andare.
Credo che questo rispecchi molto anche lo stesso protagonista: Sherlock è preciso, un uomo che si annoia facilmente e che ama dedurre, quasi fosse un modo originale per scacciare la noia; ma dentro di lui, qualcosa di fragile e "romantico" lo ghermisce, lo attanaglia, e questa è la parte di lui più a rischio, quella che non può controllare. Sherlock è come la musica che suona: rigorosa e fragile, precisa e romantica, da Bach e Mozart a Chopin.
Come ti dicevo all'inizio, anche l'atmosfera di Ottobre è protagonista di quest capitolo, anzi si può dire che mese, personaggio e musica abbiano creato una miscela di perfetta armonia per rendere questo capitolo coerente e ritmato da una musica lenta e malinconica, con una nota sospesa alla fine, quando la noia sembra scacciata via dall'arrivo di John, per poi concludere con queste due note più vispe finali, che annunciano l'entrata di Sherlock.
Ottobre, comunque, è grigio, smunto, ottenebra la mente, la cattura come una sirena, la trascina tra nuvole tristi e cupe, in uno stato di apatia tale che bisogna combattere per poter scacciare.
Passando finalmente a Sherlock come si deve, ti dico: ce lo vedo proprio lui che spara in un'aula dell'università per passare il tempo. E' eccentrico... più eccentrico di così... irriverente e arrogante, sicuro di sé... eppure tu aggiungi quella nota di indolente imbarazzo che contraddistingue il tuo Holmes, che lo rendono più umano e "innocente come un bambino".
Anche il fatto che ama dedurre piuttosto che conversare, è uno di quei passaggi che lodo e che ti invidio per la genialità perché racchiudono perfettamente il modo sopra le righe del personaggio. Poi amo il modo in cui si perde in elucubrazioni e i passaggi in cui, nonostante continui a rispondere a quel poverino del suo nuovo assistente, lui continui a riflettere sulla sua dubbia presenza e la sua sconosciuta identità.
Per il momento mi fermo qui. Non so se ho detto tutto, ma riassumo così: brava, un bellissimo inizio.
A presto! |