Recensioni per
Cercasi Sherlock, disperatamente!
di pattydcm

Questa storia ha ottenuto 37 recensioni.
Positive : 37
Neutre o critiche: 0


Devi essere loggato per recensire.
Registrati o fai il login.
Recensore Master
21/01/19, ore 23:25
Cap. 11:

In questi ultimi capitoli hai lasciato giustamente spazio alla tessitura delle indagini che dovrebbero condurre gli investigatori sulle tracce di Sh e della sua carceriera.
Il pugno, con cui John colpisce la scrivania scompigliando le carte depositate sopra, ha tutta la forza di ciò che prova per Sh e della sua fermezza nel voler recuperare la possibilità di amarlo.
Come tua consuetudine, la gestione del sia pur breve dialogo, o meglio lite, tra Watson ed il sempre più vinto Hataway, è perfetta perché esprime, nel ritmo incalzante delle richieste e delle progressivamente meno convinte obiezioni dell'ispettore, la tensione che rende l'atmosfera angosciante. Infatti è chiaro per tutti che la vita di Sh è sospesa ad un filo, sempre che quella flebile speranza non si sia già spezzata.
Molto intensa quell'immagine in cui il gelido Mycroft posa la mano sulla spalla di John per comunicargli la sua presenza, non solo fisica, e condividere con lui l'ansia e la preoccupazione del momento.
E John si calma: mi è piaciuta la silenziosa ma vibrante carica emotiva con cui hai connotato quel gesto.
Efficace anche l'uso che fai di quel fuoco scoppiettante nel camino della sala d'aspetto della stazione di polizia. Infatti è attraverso l'attrazione magnetica, parlo per me,
ovviamente, che le fiamme del caminetto, il loro calore e il loro "danzare" rappresentando figure sempre diverse, accendono in chi le osserva. Attraverso quelle particolari sensazioni, anche di benessere, hai fatto passare John dalla sfibrante attesa di potersi muovere per cercare concretamente Sh, senza più tanti discorsi, all'atmosfera sospesa di quei momenti della domenica, trascorsi, in una stridente contemporaneità, a bearsi della visione di Sh addormentato ed a tormentarsi per l'incapacità di sentirsi adeguato ("...È troppo per me. Troppo....").
La scena, in cui egli comunica l'esatto contrario di quello che, in realtà, il suo cuore vorrebbe urlare con gioia, è veramente difficile da dimenticare. Questo perchè, in essa, hai saputo esprimere, con perfetta verosimiglianza, l'atmosfera di quei momenti della vita di tutti, così particolari in cui, pur rendendoci conto di essere in procinto di rovinare qualcosa di irripetibile, si continua nell'inutile e dannoso, anche per se stessi, gioco al massacro.

La reazione di Sh è molto IC, ed il suo silenzio, per John, è più assordante ed insopportabile di un urlo di dolore.
Ed il flusso delle immagini imbarazzanti, ("...E’ rimasto lì a guardare, mentre Bryan trascinava..."), continuano a riempire la memoria di John di motivi per sentirsi davvero in colpa e responsabile dell'umiliazione gratuita subita da Sh, spinto ad accettare situazioni per lui non consuete per compiacere al suo blogger.
E torna la figura conciliante di Mycroft che, splendidamente, lo carica di un'energia nuova, pulita, 

L'ultima parte del capitolo la si trascorre in mezzo al gelo più assoluto, in un’atmosfera muta ed allucinata, dominata dalla figura grottesca e temibile della Mary “cattiva”, che tu connoti con “Lo sguardo spietato, la bocca una pallida linea netta”. Ed il silenzio che diventa ancora più inquietante di una sequela d’insulti: la donna è un terribile automa, che compie i gesti terribili, attesi e temuti da Sh, che preludono al suo abbandono nella tragica fossa di cadaveri.
È un pezzo, questo, che colpisce per la scarna descrizione che ne fai, coerente comunque con la circostanza: non ci sono più le parole, c’è solo la follia, lucida e spietata di una creatura che, nella sua miserabile vita, ne ha viste e subite troppe.
È la voce di Moriarty, nella sua gracchiante e sgradevole nudità, che accompagna Holmes verso quella che dovrebbe essere la sua destinazione finale.
Il suggello sulla sua tomba, o probabile tomba, è quella portiera che viene aperta e richiusa, il furgone che si allontana inesorabilmente.
E Sh è nella fossa, la morte con lui, con la voce di Moriarty.
Grandioso.

Recensore Master
21/01/19, ore 20:55
Cap. 4:

Questo capitolo è più corposo dei precedenti e si divide su quelli che sono i due fronti principali. Ho notato che per il momento non ne stai usando altri e la scelta che hai fatto mi piace, perché così facendo la storia non si divide troppo in strade traverse ma mantiene il focus puntato su Sherlock e John, cosa che al momento ritengo importante per capire quanto successo fra di loro.

Anzitutto, nella prima parte si è trovata conferma di quanto avevo già ipotizzato dal ricordo che Sherlock ha nel capitolo precedente ovvero che Mycroft non c'entra nulla, non ha seguito un caso dei servizi segreti, ma ne ha trovato uno per conto proprio. Il modo in cui Mycroft tratta la situazione potrebbe apparire superficiale, ma c'è da tenere in considerazione anche la collocazione temporale (che non è affatto secondaria quando si parla di Sherlock BBC) e questo perché il Mycroft che abbiamo qui, pur essendo gravato di tutti i pesi che conosciamo, non è appesantito da ansie eccessive per quel che riguarda suo fratello. Lui guarda ai fatti, è fondamentalmente un uomo pratico e dai modi spicci, che tende a risolvere situazioni anche più complicate di questa e che spera di farlo il più in fretta possibile. E per questo motivo classifica la situazione come non pericolosa e questo perché conosce suo fratello, sa che Sherlock potrebbe esser rimasto bloccato tra la neve senza la possibilità di comunicare. Quindi più che superficialità è praticità. Ma è comunque estremamente attento a ciò che anche John ha da dire, un John che si rifiuta di confessare che cosa è successo fra di loro, oltre che di ammettere che quella di Sherlock avrebbe potuto essere facilmente una "fuga" da casa, nata per ragioni emotive o sentimentali che siano. Mycroft forse non conosce i dettagli, ma è una persona perspicace e quindi comprende che c'è dell'altro e soprattutto capisce che è importante, ma non insiste nel volerlo sapere e questo perché è anche un uomo discreto. La sua apparizione sembra poco importante, ma non lo è e io credo sia rimasto colpito dalla frase di commiato di John. E che magari questa potrà smuoverlo ad aiutarlo a capire cosa è successo a Sherlock, almeno a un certo punto della storia. Per adesso sembra risoluto nel non voler indagare oltre. Ma John ovviamente non lo ascolta. E qui ritengo che Mycroft abbia capito giusto, è mosso da del senso di colpa. Non dubito nelle sue sensazioni o nel fatto che creda che ci sia un qualcosa che non va, ma la fretta e l'insistenza che tira fuori anche con Lestrade, mostrano quanto in realtà dietro ai suoi gesti ci sia anche la volontà di riparare al più presto possibile con Sherlock. Naturalmente c'è anche tutto il resto come l'apprensione, il timore che sia successo qualcosa di grave (teorie su Moriarty comprese)... tutto giustissimo, anche perché Sherlock è davvero nei guai, quindi non possiamo dire che abbia torto.

E qui arriviamo alla parte centrale, un piccolo salto per vedere che cosa sta succedendo a Sherlock. Ancora bloccato a letto, ovviamente. Uno Sherlock che in questo capitolo non fa che pensare alla morfina e alla sua dipendenza dalla droga. Mi piace come la voce di John lo tenga ancorato alla realtà dei fatti, il modo in cui usa l'idea che ha di lui per sopravvivere. John agisce come una coscienza e non è strano che Sherlock l'abbia associato a questo, in un certo senso vediamo qualcosa di simile anche nella serie. Lì quella voce quasi lo giudica, lo prende in giro, quindi è un fenomeno che conosciamo benissimo e che mi piace ritrovare anche qui con così tanta precisione. Anche la voce di Mycroft era apparsa in uno dei capitoli precedenti, ma l'associazione che a questo punto della storia Sherlock fa del fratello maggiore, lo hanno portato a figurarsi una voce che è quasi distruttiva. Che al momento non lo aiuta niente, per quanta ragione abbia. Adesso non è Mycroft che gli serve, ma John. Mycroft, la sua intelligenza e il sarcasmo penetrante, gli serviranno forse in altri momenti. E infatti si ha la sensazione che sia John a farlo sopravvivere o a tirarlo fuori dai guai con Mary, sempre più instabile e soprattutto sempre più difficile da prevedere. Non si sa mai con quale delle personalità si ha a che fare, una parola che in una situazione potrebbe diventare risolutiva, in un'altra scatena un'ira profonda. Quindi capisco tutto, lo stato d'animo, il pianto... e si sta comportando in maniera splendida, secondo me e anche nel non voler la morfina ma nell'accettarla comunque perché non c'è altro che possa fare. In questo, hai dato a Sherlock una razionalità e una capacità di ragionare, davvero ottime. Complimenti, perché non è facile ritrarre uno Sherlock così tanto IC.

Son sempre più curiosa, ovviamente, quindi vado avanti a leggere.
Koa

Recensore Master
21/01/19, ore 15:44
Cap. 3:

Nella prima parte di questo capitolo ci aiuti a ricomporre quello che è il puzzle di questa storia, ciò che è accaduto prima dell'inizio e che noi non sappiamo. Fa la sua entrata in scena un personaggio che non mi sarei mai aspettata di vedere ovvero Molly. Aspettativa che forse avrei dovuto farmi considerato il suo lavoro e ruolo, mi ero messa in testa che c'entrasse Mycroft e qualcosa dei servizi segreti, e invece sembra che il caso riguardi una serie di delitti. Una sorta di fossa comune per la precisione, con decine di cadaveri gettati lì dentro anche da moltissimo tempo e senza alcuna attenzione al seppellimento. Dal modo in cui sono stati buttati si può intuire che l'assassino sia lo stesso o, nel caso in cui siano persone diverse, uno abbia seguito le orme di un altro. Non lo definirei un serial killer con un metodo specifico di ricerca della vittima, non è un Jack lo squartatore (per dire), ma un qualcuno la cui uccisione riguarda più con la punizione. Il dettaglio della statua della religiosa non mi è passato inosservato e si può presumere che l'assassino cercasse una sorta di perdono, forse non tanto per delle presunte colpe delle vittime, quanto per le sue. Non è scontato che però sia Mary, questo assassino. Ora però è troppo presto per fare delle supposizioni su questo argomento, le regole del giallo ci sono e so che non tutti le seguono. Secondo quelle, l'assassino lo si deve presentare in un modo o nell'altro, e qui oltre a Mary hai citato anche il padre e un fratello, mi pare. Quindi direi che la situazione è forse più complessa di quanto non sembra. Quel che è certo è che si preannuncia un caso interessante.

La seconda parte invece vede Mary e Sherlock approfondire, se così si può dire, la loro conoscenza. Sherlock si è reso presto conto della persona che si trova davanti, ha già intuito le due personalità diverse con le quali ha a che fare. Una delle quali tu l'hai definita come "la bambina" e che di certo sembra essere la più mite delle due. Ma non per questo meno pericolosa, quel che è certo è che Sherlock riesce a trattarci meglio e ha sicuramente capito quali meccanismi innescare per non farla arrabbiare. Trovo molto dolce il suo cercare la voce di John nella propria mente, lui lo porta nella direzione in cui deve andare. Quella che sa essere giusta per riuscire a guarire prima e di conseguenza a uscire di lì. Di sicuro non facile perché ha una gamba rotta, per la quale ci potrebbe volere anche un mese, e poi ha delle flebo e di sicuro la neve fuori non aiuta. Ciò in cui spero è che dall'altra parte qualcuno si decida a trovarlo, ma dato che di sicuro ci vorrà un po' , per il momento mi godo la lettura e la maniera precisa in cui riesci a tratteggiare personaggi dalla psicologia tanto complicata.

Alla prossima.
Koa
(Recensione modificata il 21/01/2019 - 03:46 pm)

Recensore Master
21/01/19, ore 15:21
Cap. 2:

Ciao di nuovo, dunque, una volta superato il prologo e chiarito il contesto da un punto di vista temporale, e di collocazione all'interno dei fatti della serie, qui è già più facile riuscire a orientarsi. Abbiamo per un attimo abbandonato Mary e Sherlock e ci troviamo a Londra, a Baker Street che questa volta è praticamente deserta. Fa quasi impressione trovarla silenziosa e senza il consueto caos che Sherlock si trascina dietro, un caos di quelli positivi e che scaldano l'ambiente e infatti la freddezza colpisce quasi in maniera visiva, da tanto è forte l'impatto che ha su chi legge. Non mi piace, l'ho trovata una casa nella quale rivedo poco i protagonisti di sempre che tanto amiamo tutti noi e che è figlia, io credo, di quello che è successo fra di loro. Come avevo intuito già dal capitolo precedente, è successo qualcosa che ha spinto Sherlock a "fuggire", letteralmente, in un altro posto. Sulle tracce di un caso di cui si è capito pochissimo finora, ma i cui dettagli per il momento non sono importanti, ora lo è di più il concentrarsi su John. Quel che sappiamo per certo e che il capitolo ci conferma, è che John non ne sapeva nulla, ma nemmeno Lestrade o Mrs Hudson (così si presume, dato che non si è allarmata - perché lo avrebbe certamente fatto), il che significa che la discussione avuta con John ha scosso tanto Sherlock, che questi è arrivato a volersene andare e a non dire niente ad anima viva. E io ho dubbi persino che Mycroft sappia qualcosa. Certo, se Sherlock voleva un caso che lo portasse fuori da Londra, lui era la persona giusta a cui chiedere, anche perché non è affatto scontato che un cliente possa offrirgli un qualcosa del genere. Diciamo che non ho idea di cosa possa essere successo e quindi faccio delle teorie. Per il momento direi che Mycroft è una scelta plausibile, ma non scontata.

Ciò che attira la mia attenzione più di tutto è la litigata a cui si accenna, perché mi chiedo cosa possa aver avuto un effetto del genere su Sherlock. Sappiamo che è una persona sensibile, ma non è neanche troppo fragile. Non ha reazioni del genere per un nonnulla. Quindi dev'esser stato un qualcosa di grosso e mi fa ancora più specie che John ammetta che è tutta colpa sua, significa che la lite è stata grave e che sono volate parole pesanti. Non possiamo ancora sapere quale genere di litigata è, ma possiamo intuire che abbia riguardato qualcosa d'importante. Mi verrebbe da azzardare che c'entrino i sentimenti, ma per adesso è una mia idea, quindi ignorala. Detto ciò, non vedo l'ora di scoprire altri dettagli, per il momento devo ammettere che ho provato un po' di fastidio nel vedere il modo brusco in cui Greg e John trattano l'assenza di Sherlock. Lo fanno quasi passare per un ragazzino capriccioso e questo non mi è piaciuto, per quanto credibile fosse, ma forse è perché so che in realtà Sherlock è nei guai fino al collo. Ma anche su questo staremo a vedere cosa succederà perché i due prima o poi capiranno che la situazione è grave. Intanto vado avanti a leggere.
Koa

Recensore Junior
20/01/19, ore 13:31
Cap. 15:

Bene, eccoci alla fine. Ti dico la sincera verità, non mi aspettavo che Mary morisse. Nel corso di questa storia ho imparato un pò a conoscerti, e non mi sembravi il tipo da happy ending disneyiano; e infatti. Ma era la storia stessa che non poteva averlo, un happy ending disneyiano, c'era troppo in ballo perchè potesse venire spazzato via e basta con il "e vissero per sempre felici e contenti". Eppure la morte di Mary mi ha colta di sorpresa. La letterina è dolcissima, scritta da Mary bambina che decide di fuggire dalla Mary cattiva, ma non può fare a meno di salutare per l'ultima volta "Eddy" e fargli gli auguri per una vita felice con "Molly". Mi ha intenerita che tu abbia scelto che fosse la personalità bambina di Mary a capire ed accettare che Molly in realtà fosse John: a volte temo che sia proprio una metafora della società in cui viviamo.
Uno Sherlock distrutto e un John che può solo sostenerlo con la sua presenza non sembrano i presupposti per un lieto fine. Però l'amore può tutto, in fondo. Sherlock torna sulla scena del crimine, con le stampelle ma sempre in sè, decide di fare qualcosa di concreto per Mary e di organizzarle il funerale. John lo aiuta con i suoi esercizi di riabilitazione. Insomma, vanno avanti. 
E in questo crescendo sempre più positivo, eccoci con un bel cliché delle storie d'amore: cadono uno sull'altro. Perchè no, in effetti. Alla fine le storie d'amore vanno sempre cosí, quello che cambia sono le persone che le vivono. Quindi, quando i personaggi sono ben caratterizzati come i tuoi, ben vengano i cliché, che rendono tutto più romantico e semplice, forse più leggero. 
Non pensavo neanche che sarebbe stato Sherlock a prendere l'iniziativa, forse perchè sono abituata a un John abbastanza marpione. Ma qui hai ragione tu, non c'era da fare gli audaci, Sherlock era già stato ferito abbastanza, e non solo alla gamba. Quindi John gli sta accanto durante la riabilitazione e se lo fa andare bene, poi quando le cose si scaldano, per cosí dire, è anche troppo impetuoso. Alla fine John è così, è un uomo semplice, ma con tanto amore da dare. Sherlock lo ha capito, e lo guida in una delle scene d'amore più belle che io abbia mai letto, devo farti i complimenti ancora una volta. Era dolce, maliziosa, faceva sorridere di contentezza, ed era molto sensuale. Davvero bella.
Insomma, mi hai stupita. C'erano cose che avevo intuito sarebbero andate cosí, altre che non mi sarei mai aspettata, altre ancora che nonostante me le aspettassi sei riuscita a sviluppare in un modo totalmente diverso da quel che pensavo. Mi piace molto come scrivi, spero di leggere altri tuoi operati, in futuro. Sono contenta di averti conosciuta! <3 
 

Recensore Master
19/01/19, ore 16:08
Cap. 10:

"...Nulla nemmeno verso la fattoria degli Abbott...": spicca, livido ed inquietante, quella prima parola, "nulla", che invece ha l'assordante stridore di tutto ciò che sta succedendo a Sh in quella casa.
Molto lucido e ben costruito l'inizio di questo capitolo, in cui hai esposto, in una chiara struttura, comprensibile e, soprattutto, credibile, la situazione in cui si trova ad agire John, supportato dalla presenza finalmente positiva di Mycroft e dalla solidarietà di Hataway.
John che procede, determinato, nel suo cocciuto ed apparentemente fuorviante interesse per Mary e la sua casa.
Molto verosimigliante, brava, il suo controbattere le, comunque, sensate affermazioni del poliziotto, nei riguardi della debolezza mentale della donna in questione.
Infatti risulta molto più efficace, ai fini dell'indagine, evitare il comune senso di pietà nei confronti di una persona in difficoltà come Mary, per valutare qualsiasi dato che possa risultare utile a trovare Sh.
Mi spiego meglio: ho trovato molto realistico il controbattere di John circa il modo di considerare anche una bambina di sei anni, visto che la Abbott presenta (anche, ma lo sappiamo noi) quell'aspetto.

Un altro momento forte è la complicità che, ormai, si esprime tra Mycroft e John, addirittura compagni di stanza, con Mister Inghilterra che usa la sua straordinaria intelligenza per affinare le doti intuitive di John. 
È da questo abbinamento che si accende, improvvisa, una luce: quella sciarpa e quei guanti indossati da Mary, suonano così dissonanti rispetto alla sua personalità e condizione sociale.

E qui si snoda un magnifico dialogo/ confessione tra Mycroft e John, in cui la figura dell'"iceman" ne esce, almeno ai miei occhi, su un gradino superiore, per umanità e buon senso, rispetto al confuso senso di colpa di Watson ed alla sua tendenza a compiangersi. 
Un grande Mycroft, brava.
Passando poi alla lettura di ciò che segue, mi riferisco al pezzo in cui il delirio di Sh, molto probabilmente in crisi d’astinenza, si concretizza in uno scambio drammatico tra lui e Moriarty.
Un altro squarcio sulla tua capacità di gestire le situazioni, ed in questo caso anche i dialoghi, in un modo ammirevole.
Infatti il riportare con precisione il parlarsi tra due persone, comporta molti rischi, primo fra tutti il cadere nella trappola, facile, del “riempitivo”.
Frequentemente, chi non ama scrivere o pensa di saperlo fare, usa in grande quantità la parte dialogica rispetto a quella narrata: è più semplice, infatti, trascrivere pedissequamente le parole scambiate tra due personaggi che raccontarle in modo oggettivo, con il discorso indiretto.
Tu, qui, hai usato il dialogo ma l’hai fatto in modo efficace, insostituibile, estremamente coinvolgente. Ad un certo punto mi sono trovata, effettivamente, a condividere le tesi di Jim, perché, grazie alla tua capacità di scrivere, mi sono trovata proprio dentro la scena. Ovviamente Moriarty è la voce “senza freni” di Sh, che guarda lucidamente alla situazione, senza più illusioni pericolose o intenti di condivisione umana. Secondo me, non è nemmeno egoismo quello che Sh esprime attraverso l’intervento del suo acerrimo nemico, ma è semplice accettazione della realtà, senza riflessi di sentimento o di coinvolgimenti emotivi.
Il piacere e basta, il dolore e basta, la sopravvivenza, se possibile. Altrimenti ben venga la morte, liberatoria e conclusiva. Bravissima.
Arriva Mary e mi cresce l’ansia di scoprire quale sarà la “faccia” con cui Sh avrà a che fare. Essendo quella “bambina”, termino di leggere il capitolo con una grande tristezza, ovviamente, ma senza scossoni di violenza e coinvolgimento, perché scrivi troppo bene, in situazioni allucinanti.
Difficile dimenticare, infatti, quello Sh trascinato giù per i gradini e gettato malamente nello stanzino della “punizione”, di un capitolo precedente a questo.
Invece questo pezzo si chiude con una tragica malinconia, la sensazione che il destino stia per compiersi. O meglio, che la follia è prevedibile nei suoi esiti, anche tragici. E Sh lo sa bene (“…avrà termine la mia vita…”).
Che dire…Ripeto: bravissima.

Recensore Master
19/01/19, ore 15:48
Cap. 1:

Ciao, mi rendo conto di essere in un ritardo mostruoso nel leggere e recensire questa storia, ma quando l'hai pubblicata non avevo molto tempo e ho pensato di aspettare che fosse completa. Però voglio dirti che ci davvero tanto a leggerla, non soltanto perché ricordavo le tue precedenti fan fiction, ma perché (e questo credo di non averlo mai detto) scoprire il modo in cui caratterizzi i personaggi mi ha spinto a fare ancora più attenzione al lato psicologico. Che è un qualcosa che credevo già di fare piuttosto bene, ma superare se stessi è una cosa in cui credo tantissimo e per questo ti devo ringraziare, perché leggerti mi ha spinta a migliorare anche in questo. Quindi tenevo molto a leggere anche questa storia.

Ti dirò, avevo dato un'occhiata tempo fa al primo capitolo e quando avevo intravisto il nome di Mary avevo subito pensato a quella Mary, la "nostra" Mary e invece leggendo mi sono resa conto che il modo in cui la descrivi ne fa una persona del tutto diversa. Come al solito apprezzo la cura ai dettagli che metti, il modo in cui l'hai introdotta facendo capire subito che si tratta di una persona che ha una corporatura ben diversa da quella di Mary Morstran e infatti ne sono rimasta un po' spiazzata, lo confesso. Ma poi andando avanti mi sono resa conto che era un OC, un personaggio creato da te e devo ammettere che le premesse per un qualcosa di ottimo ci sono davvero tutte. Anzitutto, come già è stato per tutte le altre storie, l'attenzione al lato psicologico dei personaggi è davvero straordinaria. Anche se siamo soltanto al primo capitolo, si è intuito che Mary deve avere un qualche disturbo, cosa che Sherlock deduce in un attimo. Infatti gli occorre poco per rendersi conto che è meglio assecondarla in tutto e per tutto, ne ha fatto un'analisi acuta (forse non approfondita, ma per quello ci sarà tempo), il che è notevole se si considerano le sue condizioni. Quindi su tutto ciò che riguarda Mary e il suo passato sono molto curiosa e non vedo l'ora di leggere altro.

Detto questo, ci sono alcuni aspetti della faccenda che non si possono non notare. A iniziare da ciò che viene detto nell'introduzione, quel non vuole più saperne nulla è davvero poco per capire. Non sappiamo cosa sia successo, né quando tu abbia ambientato la storia in relazione alle stagioni. Si presume una spaccatura fra i due, molto più grave di quella avvenuta in The Lying Detective, una che deve aver portato Sherlock ad andare sotto copertura in luogo come quello, fingendosi un'altra persona. Non so quanto interessante possa esser stato questo caso secondo i suoi standard, ma qualunque cosa sia, scommetto che non è un intrigo più o meno contorto ad averlo spinto ad andare tanto lontano da Londra. Sembra più una fuga. Di tanto in tanto pensa però a John, o meglio, sente la voce dentro la sua testa e la cosa funziona come una sorta di coscienza. Come un grillo parlante, un qualcosa che nelle fanfiction non sempre viene sottolineato, ma che c'è fin dalla serie e che io personalmente adoro. Mi piace che ci sia anche qui, perché aiuta il lettore a capire che in realtà John non è soltanto un coinquilino e che non è vero che non lo vuole più vedere o avere a che fare con lui. Anche qui, sono curiosa di capire che cosa sia successo e come, o se, le cose potranno risolversi fra di loro.

Sono quindi curiosissima di ogni cosa, questo è solo un capitolo introduttivo ma ci hai calato già nell'atmosfera particolare che tutte le sue storie hanno sempre e che qui non manca di esserci. Spero di proseguire il più presto possibile.
Koa

Recensore Master
19/01/19, ore 01:14
Cap. 9:

Il sogno, o meglio l'incubo, di John ci rende tutto il senso di colpa che lo perseguita dopo ciò che è successo tra loro e, soprattutto, dopo quello che ha detto al consulting per paura di venire coinvolto in un rapporto da lui ritenuto troppo importante per sua scarsissima considerazione di sé.

Secondo me, pur trattandosi di un sogno, possiamo seguire le immagini di quello che si è verificato davvero quel maledetto sabato al 221b, con uno Sh liberato dall'alcol dei suoi freni inibitori e dal suo autocontrollo. Uno Sh malizioso, provocante, appassionato. E la "punizione" che John, nella dimensione onirica, si autoinfligge è quella di sostituire il suo bellissimo coinquilino, di cui è senza dubbio innamorato, con la figura grottesca di Annie.
Un momento, questo, che hai espresso con efficacia, mantenendo alta la tensione del racconto, facendoci ripiombare dal calore accogliente del 221b al gelo, non solo concreto, di quella landa desolata.

Mi ha colpito molto l'ingresso di Mycroft , con l'aura di eleganza e potere che si porta dietro, con l'affetto malcelato per il fratello, con
 quel suo modo di rapportarsi con John che tu rappresenti in modo preciso. È stato, quello che hai raccontato nel quarto capitolo, un relazionarsi, il loro, che potrebbe benissimo essere paragonato ad un incontro di tennis (il ping pong per Mister Inghilterra non lo riterrei abbastanza raffinato), con la pallina, cioè l’argomento principale, se non unico, delle loro discussioni che è Sh, che rimbalza tra loro e nessuno dei due vince nettamente l’altro.
Mycroft lo hai connotato in maniera convincente, ironico e dotato di un’arroganza più sfumata di quella del fratello minore ma, secondo me, molto più letale, soprattutto nell’intromettersi in fatti che non sono suoi, cioè il rapporto tormentato tra i due specialissimi coinquilini del 221b.
Lo ritroviamo, poi, via via, con lo snodarsi dell’incubo che sta vivendo Sh a casa Abbott, sotto forma di “voce” interiore che colloquia con il consulting, in modo sempre irritante, quasi mai comprensivo, perché è questa la percezione che quest’ultimo ha di lui.
In questo capitolo, invece, e ciò mi è piaciuto molto, lo fai assumere una “figura” più umana, più disposta a dare importanza a John ed alla sua ferma volontà di ritrovare Sh che, comunque, corrisponde alla sua preoccupazione di non aver ancora notizie del fratello.
Interessante quell’affermazione che Mycroft fa riguardo al consulting (“…Lui tiene conto di cose che a me sfuggono…”) che colpisce John perché questi si rende ulteriormente conto del dolore che ha causato a Sh, evidentemente coinvolto con lui, pur essendo stato cresciuto all’insegna del “caring is not an advantage”.
Dall’equilibrio rassicurante del dialogo tra Watson e Holmes, alla sarabanda infernale che sta vivendo Sh, sospeso tra la realtà e l’incubo continuo. Si può davvero affermare che, ormai, i confini tra le due situazioni si sono fatti più impalpabili.
Nella terribile situazione, aggravatasi per la scoperta che Mary ha fatto all’emporio sulla vera identità di Edward, domina la voce graffiante di Moriarty, vero e proprio ambasciatore della morte, che Sh sente più che mai vicina.
La sua sopravvivenza diventa quasi impossibile nello stanzino che, comunque, lo protegge, si fa per dire, dalla furia della Mary “cattiva”.
Un momento particolarmente coinvolgente, che mi ha colpito e quasi commosso, è stato lo sfumare sorprendente, che hai ideato, dal calore assurdamente benefico dell’abbraccio della donna alla sensazione di un altro corpo “robusto” che è quello di Mycroft. Per Sh una sensazione di speranza, di consolazione, nel pensare che, come tutte le situazioni più pericolose, anche questa sarebbe stata risolta dal fratello maggiore.
Fai emergere nettamente, inoltre, la progressiva dipendenza affettiva che il consulting sembra maturare nei confronti della donna.
Secondo me si tratta della chiara comprensione che, sicuramente, la sua mente geniale ha raggiunto circa il meccanismo della follia di Mary e quindi si potrebbe anche ipotizzare una parvenza di pietà, di un sentimento di umana comprensione.
Ciò che fa Holmes, inoltre, si adegua ai ritmi mentali, terribilmente devastanti, delle “due Mary”, avendo lui calcolato, sicuramente, tutte le possibili combinazioni di causa ed effetto. Ovviamente la sua straordinaria intelligenza, pur provata dall’allucinante esperienza, sa dargli i modelli di comportamento più “convenienti” per la sua sopravvivenza.
Uno Sh, questo, che hai arricchito di una dimensione nuova, senza dubbio molto apprezzabile.

Recensore Junior
18/01/19, ore 18:49
Cap. 14:

Indovina chi è. Sii sincera, sono pesante? Sembro una pazza anche io?
Va bene, ho peccato di leggerezza, eppure hai scritto tanto bene di Mary. È un gran bel personaggio, molto ben costruito, patologicamente e letteralmente parlando. La prima parte, quella in cui parla con John, mi ha commossa. Immaginavo ci fosse qualcosa di veramente ma veramente brutto dietro i suoi comportamenti, schizofrenia a parte, sapevo di questi fratelli che non erano esattamente brave persone, ma la spiegazione finale, quella che rimette a posto tutti i tasselli, ci vuole sempre, e generalmente sono molto scettica su come viene resa. Invece la tua mi è davvero piaciuta, non annoia, non ridonda, e lascia un pò di malinconia che non è per niente male. Un pò tanta, malinconia. Ah, credo di aver colto un'altra citazione di King Stephen, per lo stanzino in cui la chiudevano in punizione ... Carrie? Possibile?
John e Sherlock, eh, altro macigno. Una cosa che mi piace è la dolcezza che caratterizza la scena finale pur non avendo le caratteristiche del fluff classico. Come il cardiofrequenzimetro che impazzisce a simboleggiare il cuore di Sherlock che batte forte (lasciatelo dire, questo è un vero tocco di classe!). Finalmente si sono chiariti, era anche ora. <3
Che altro dire, bravissima come sempre.
Aspetto il capitolo finale!

Nuovo recensore
17/01/19, ore 19:53
Cap. 14:

Ciao pattydmc!
Mi piace! Mi piace tantissimo. Scrivi in maniera eccellente e sono entusiasta dell'uso magistrale che fai dei flussi di pensiero di Sherlock, così come per i cambi di personalità di Mary. Cose non facilmente gestibili. Il tuo racconto mi ha appassionato un mondo e non vedo l'ora di leggere i prossimi capitoli.
Un bacio,
Kappolina

Recensore Master
16/01/19, ore 19:36
Cap. 8:

Certo che hai rappresentato egregiamente la furia di Mary che descrivi con precisione cinematografica, tempestandoci di colpi e strattonando anche noi, tanta è la tua capacità di rappresentare con lucidità anche le situazioni più angoscianti. 

La donna sarà anche pazza furiosa, ma mi sembra proprio che abbia colto, durante l'incontro all'emporio, che il rapporto tra il sedicente Edward e il suo coinquilino non può essere identificato come una semplice amicizia. Ed è anche questo che lascia uscire, devastante e terribile, la Mary "cattiva", aizzata nella sua ira dai pregiudizi nei confronti di un legame che lei giudica innaturale ed accecata dalla gelosia nei confronti di Sh, verso cui è evidentemente, ed altrettanto pericolosamente, attratta.

Uno dei punti di forza di questo capitolo, secondo me, è la reazione di Sh che appare come anestetizzato, come sdoppiato rispetto a chi, lui stesso, viene aggredito con violenza inaudita. Certamente è importante e determinante l'effetto che la morfina ha su di lui ma, ciò che hai messo egregiamente in risalto, è la distanza mentale dalla situazione in cui si
 trova.

Mantiene il controllo sul proprio corpo, cercando di attutire i colpi e gli strattoni alla gamba (ingessata!). Addirittura, scaraventato nello stanzino buio, luogo della "punizione", trova lucidamente il modo persino di sistemare le sacche della flebo., con metodo, con ordine.
Quello che colpisce dolorosamente noi lettori è la convinzione, solidificatasi in lui, di essere stato solo una squallida avventura per John ("...Non è me che cerca...").
Quindi, in quel luogo orribile, buio ed angusto, per lui non c'è più nemmeno la luce della speranza di poter ritrovare un senso alla sua vita. Quindi anche se dovesse morire, cosa altamente probabile, non sarebbe un fatto tragico. Rassegnazione, silenzio, vuoto. Ecco gli esiti di quello che Sh sta vivendo, a causa della sua tremenda avventura, ma anche in seguito
all'atteggiamento di John nei suoi confronti, dopo che lui aveva ceduto ai sentimenti.
Il nulla. Solo questo egli ritiene possa salvarlo dal dolore. Davvero, questa di Sh nella presente long, è una delle migliori rappresentazioni del suo personaggio in cui mi sia mai imbattuta nel meraviglioso, e spero ancora lungo, viaggio in questa Sezione. E, per quanto riguarda, i "tuoi" Sh, quello che agisce qui è, secondo me, il più riuscito, in tutta la sua complicata, fragile ma splendida umanità.
Migliore anche del consulting, pur ricco di sfumature interessantissime, di "Hasta...".

Questo è proprio ben caratterizzato, nel pieno rispetto dell'IC.

Ho preferito iniziare la recensione con la seconda parte del capitolo perché mi risultava più urgente farlo, ma non è trascurabile certamente la prima, quella in cui John incontra Mary all'emporio ed i suoi presentimenti trovano terreno fertile, senza tuttavia sapere chi ha davanti.
A questo riguardo hai ben sottolineato la strana corrente che passa da lui al “donnone”, e viceversa, che, pur mostrando evidenti segni di ritardo mentale, non suscita la sua professionale attenzione e “pazienza con i più deboli”.
Da parte sua, Mary, sembra avvertire qualcosa che l’inquieta in quel medico che la sta guardando in modo particolare.
E due sono le cose che attirano particolarmente l’attenzione di John e cioè i guanti di pelle e la sciarpa blu…
Quest’ultima, sinceramente, è apparsa ai miei occhi, come a quelli di Watson, come un particolare significativo, visto che tu la rinomini, ancora una volta, alla fine della parte del di cui sto occupandomi. E, se tu ce la fai osservare
insistentemente, temo proprio che quell’accessorio appartenga ad un’altra persona. Mamma mia!
Una frase in particolare mi rimbalza in mente, carica di grottesca ironia: ”… ma non è un pericolo né per gli altri né per se stessa…”.
Ovviamente lo stridore agghiacciante del contrasto che tu hai racchiuso in quelle poche parole ci richiama subito alla mente la vera “faccia” di Mary.
Un capitolo molto forte ed efficace, perché hai equilibrato in maniera geniale l’atmosfera: da quella un po’ spenta e provinciale dell’emporio al clima allucinato e terribile di casa Abbott.
Infatti dalla frase che ho citato sopra, si passa immediatamente ad una porta che sbatte improvvisamente, a dei passi rumorosi su per i gradini, verso Sh…E permettimi di ritornare ancora sulla parte del capitolo in cui assistiamo alla terribile esperienza del consulting.
Gli fa compagnia, si fa per dire, la voce di Moriarty, degna colonna sonora di uno scenario terrificante.


Ciò che segue, infatti poteva trovare un’eco solo nella figura di Jim che interpreta la parte più oscura, ma razionale, dei suoi pensieri: quindi c’è la delusione per il comportamento di John, che diventa un incredulo atteggiamento di sufficienza (“…Non mi importa…”), chiaramente con finalità protettive nei confronti di un cuore, quello di Sh, troppo straziato, ci sono il senso della fine di tutto ed il presentimento della morte imminente.
A proposito di quest’ultima osservazione, hai fatto bene a permeare il suo modo di sentirsi di accettazione, quasi liberatoria, di una violenza che possa mettere fine al suo dolore, anche interiore.
Un grande capitolo, pure questo.

Recensore Master
14/01/19, ore 22:32
Cap. 7:

Proprio ieri sera ho rivisto velocemente, su “You tube” delle scene di “Misery non deve morire”, per rinfrescarmi la memoria su quanto avevo già visto anni fa e per guardare, nella giusta luce, la tua attuale long.
Allora, non voglio apparire retorica, perché non lo sono per principio: in tutta sincerità ti dico che hai fatto un lavoro davvero lodevole perché quell’ Annie è sì molto simile alla tua Mary, ma tu ne hai messo in risalto, ancor di più, caricandolo di tinte più forti, l’aspetto sinistro e grottesco che connota quel personaggio con una carica horror davvero particolare.
La tua Mary è più carica di ombre, più dark, animata da momenti indecifrabili e temuti per gli esiti che essi potrebbero avere.
Non sto elargendo complimenti tanto per darti un contentino, ma perché ne sono realmente convinta.
Con la tua long stai pubblicando, per noi lettori, un lavoro che, sì, ha avuto ispirazione da un qualcosa di preesistente, ma lo stai portando avanti con assoluta originalità e convincente efficacia. Mi sento di aggiungere che un “ingrediente” vincente per quanto riguarda la tua ff è la dimensione psicologica (psichiatrica?) che ci restituisce personaggi a tutto tondo, in situazioni, purtroppo, realistiche.
Il capitolo si apre con la figura di John, “fermo sul bordo del precipizio” in cui si scorge l’auto che, le probabilità sono più che altissime, è proprio quella che è servita a Sh per raggiungere la località interessata al ritrovamento della fossa piena di cadaveri.
Sono momenti molto intensi d’attesa ed angoscia e le tue parole scorrono lucide e preziose per restituirci il ritratto di un uomo preoccupato per l’esito delle ricerche, angosciato, distrutto dai sensi di colpa, vinto dalla chiarezza abbagliante del suo amore per Sh.
Accanto gli poni uno splendido Greg, accogliente e generoso, che sa dirgli le cose giuste, che gli offre la spalla per un appoggio ed una consolazione.
Nel contesto drammatico in cui si susseguono le ipotesi più negative riguardo alla sorte di Sh, hai aggiunto, piacevolmente, un tocco quasi comico nel relazionarsi di Hataway con “i due londinesi”; la scena madre, da questo punto di vista, è quella in cui John afferra il poliziotto per il bavero e lo spinge contro un albero.
Il bello è che, nel fare questo, lo solleva letteralmente da terra “per un abbondante numero di centimetri”. Ciò mi ha distratto un po’, ripeto, simpaticamente, perché mi piace quel tipo di John così energico e immediato, e così evidentemente innamorato di Sh.
I suoi presentimenti continuano a trovare, inconsapevolmente questa volta, delle tracce significative.
Chiede notizie ulteriori del dottor Abbott, che noi sappiamo essere stato il padre di Mary, e ci speriamo proprio che, quella fragile pista che lui individua nel caos degli avvenimenti, lo porti a salvare Sh dalla situazione pazzesca in cui si trova.
Purtroppo, ci tocca, ritorniamo da quest’ultimo, nell’assurdo contesto in cui si trova a fronteggiare una pazza furiosa.
C’è, però, un’evoluzione nel suo modo di rapportarsi con Mary: ora il silenzio lo angoscia, anche se coincide con l’assenza della sua aguzzina.
E Sh la chiama, in preda al panico, soffocato dal vuoto assordante che sente intorno a sé.
È allucinante ciò che succede, ma credo proprio che la mente umana, sull’orlo del collasso più grave, elabori, e tu lo sai meglio di me, delle strategie per sopravvivere, a qualsiasi prezzo, a qualunque condizione.
Quindi, Sh, solo e ferito, impossibilitato a muoversi ed a scappare per chiedere aiuto, chiama colei che lo sta torturando con la sua allucinata follia.
Ed assistiamo ad una scena che fa, secondo me, di questo capitolo, il più intenso fino ad ora.
Mary procura a Sh un violino, così dà voce al suo animo, al suo bisogno di far parlare il suo dolore.
È una canzone popolare quella che unisce i due personaggi così diversi ma disperati allo stesso modo per le ombre oscure del passato. Molto valido lo sfogo che Sh fa nella sua mente riguardo a quanto successo con John e la voce che gli fa da eco è quella beffarda di Moriarty, il lato cattivo, che non sa e non vuole cercare, nella vita, qualcosa di buono.
La visione di Mary “bambina”, emozionata ed ammirata per le capacità musicali di Sh è davvero commovente, perché dietro alla maschera tragicamente folle di un essere umano io sono sicura ci sia quasi sempre la mancanza d’amore e l’indifferenza degli altri.
Commovente anche la reazione di Sh che, per un momento, si sente felice per aver potuto suonare, per aver dato, secondo lui, un senso logico al comportamento di John, per aver illuminato della luce giusta i fatti accaduti (“…Una sciocca ragazzina innamorata usata come la più economica delle puttane…”).
E concludi con una frase che rispecchia perfettamente lo stato d’animo del consulting, in balìa dei suoi demoni e di Mary.
Egli non prova più nulla. L’esperienza drammatica e terribile l’ha come anestetizzato e portato in una dimensione irreale. La morfina in eccesso sta facendo il suo scempio sul suo corpo e sulla sua mente già provati.
Ripeto: questo è il più intenso capitolo della tua long che ho letto fin qui; travolgente e struggente.
Hai dato una prova molto alta di ciò che sai fare. Complimenti.

Recensore Junior
14/01/19, ore 10:39
Cap. 13:

Ehi! Sono ancora qua purtroppo per te. 
Allora, finalmente hanno trovato Sherlock. Una buona notizia. Quest’ultimo capitolo ti lascia con l’amaro in bocca: ora non solo John e Mycroft stanno lí ad attendere un segno di vita, ma devono pure confrontarsi con i deliri di uno Sherlock risvegliato per pochi minuti. John si sta facendo perdonare, se non altro per me, anche con quella chicca dei baci sulla mano ( <3 ), e Mycroft è Governo Inglese ma con una nota di affettuosità che spesso si tende ad ignorare, benchè anche il Mycroft originale non faccia che preoccuparsi per l’adorato fratellino e non sia esattamente estraneo alle emozioni; credo sia uno degli elementi che hai reso meglio. Mary, che dire. Mi sento molto solidale con Sherlock, mi dispiace per il suo passato, e questo è sempre una bellezza e una dannazione: il cattivo umano, con anche lati buoni oltre che malvagi (benchè incapace di gestirli), che non puoi condannare e basta, non dopo aver saputo tutto quello che ha passato. Una gran seccatura, ma amo questo genere di seccature. Devo farti ancora i miei complimenti, comunque, nel tuo piccolo stai dando un bellissimo omaggio al King Stephen. Non vedo l’ora di leggere il prossimo capitolo!
 

Recensore Master
13/01/19, ore 23:21
Cap. 6:

L’immagine che apre il capitolo è speciale nella sua crudezza ed esprime nitidamente lo stato d’animo in cui Sh si trova nel vivere l’allucinante prigionia nella casa di Mary.
Quello che segue, poi, è un incubo che tu hai dipinto con i colori foschi dell’angoscia e caratterizzato da uno sfondo agghiacciante su cui echeggiano urla allucinanti che esprimono disperazione e senso d’impotenza di fronte ad accadimenti sicuramente terribili.
Campeggia un senso della morte, come distruzione e stato d’inspiegabile inutilità, che dilaga incontenibile, dallo sfacelo dei corpi alla raccapricciante scena degli omicidi, dello stupro e della violenza che ha travolto un bambino.
Anche grazie alla tua precedente long, comprendiamo che, quella che Sh rivive in quell’incubo spaventoso, non è altro che la scena che ha marchiato la sua infanzia in modo profondo ed incancellabile.
Il primo corpo, trovato davanti al cancello della tenuta, se qui riprendi la trama di “Hasta…”, dovrebbe essere Hugh, il padre di Moriarty, di cui la madre di Sh s’innamorò, il bimbo è lui, la donna stuprata ed uccisa barbaramente è la madre, l’assassino è il padre, Siger, un personaggio ributtante che tu hai rappresentato in modo superbo nella precedente long ed anche qui.
Gli orrori che Sh rivive sono una prevedibile conseguenza di ciò che gli sta succedendo, una realtà che ha tutta l’insopportabile carica d’ansia e di dolore di un incubo, che richiama alla sua coscienza l’orrore che ha segnato il suo passato e gettato delle ombre inquietanti sul suo presente.
Comunque lo ritroviamo ancora lì, stavolta in grado di sedersi sul letto, in quella terribile casa con quella donna spaventosa.
In questo capitolo, domina la Mary “bambina”, quella premurosa e dolce che si prende veramente cura di lui.
E, nella disperazione, Sh percepisce, come un “immenso benessere”, il calore che gli deriva dallo scialle che lei gli appoggia sulle spalle, benefica la sensazione della mano che stringe affettuosamente la sua.
Fai così fluire, in un’atmosfera di sospensione, dall’effetto rigenerante di una tregua nella terrificante realtà che sta distruggendo la capacità di reazione di Sh, i ricordi dell’infanzia dei due personaggi, così lontani ma, allo stesso tempo, così vicini nell’avere uno scenario di violenze e di paura alle spalle.
Holmes ascolta e si rende conto che il mostro che ha davanti, perché di questo, umanamente, si tratta, è così perché ha vissuto esperienze allucinanti ed inaccettabili.
Nella sua disperata lucidità, egli si sente più fortunato di Mary, che gli rivela ricordi davvero tremendi.
Nello scorrere delle immagini di un’infanzia tragica, nella mente di Sh fai echeggiare, come un terribile mantra, la frase “Non ha senso!” che rende ancora più concreta in lui la certezza di trovarsi in balìa di una pazza furiosa.
Emerge così, dalla paura costante e dalla frustrante condizione fisica, una sinistra ed allucinante prospettiva: la condanna a rimanere lì, prigioniero di Mary.
Come scrivi tu, ci rendi direttamente fruibili le sensazioni di Sh, le sue angosce, la sua disperazione, la sua impotente scoperta di chi è veramente quella donna.
Un capitolo bellissimo questo, nella sua tragicità e nell’atmosfera allucinata che sai evocare e con cui ci avvolgi.
Che dirti?! Bravissima, ancora una volta.

Recensore Master
12/01/19, ore 23:17
Cap. 5:

Capitolo, questo, che m’illumina chiaramente la situazione e che mi fa rivedere le mie affrettate posizioni.
Mi riferisco all’ultima parte, in cui Watson si confida con Lestrade.
Infatti mi accorgo di essere stata imprecisa in una mia precedente recensione: dal dialogo tra John e Greg comprendo che il loro rapporto si è espresso anche nell'intimità fisica, io, invece, pensavo che la loro situazione sentimentale fosse sempre soffocata da tutto il “non detto” e “non fatto” che ha caratterizzato le Stagioni BBC.
Ció che pesa su John ulteriormente è il timore che davvero sia finito tutto quello che c'é stato con Sh, anche per la sua paura di dargli il giusto valore.
Quello che fai emergere è come l’atteggiamento di Watson sia, in fondo, completamente diverso da ciò che appare.
La sua sicurezza, il suo essere un rinomato conquistatore di cuori, l’aver superato la distanza che fino a quel sabato fatidico li aveva tenuti separati…tutto si è sciolto dopo la chiara presa di coscienza che, l’essere stato con Sh, ha sconvolto le sue convinzioni: non è stata la paura dei pregiudizi e dell’accendersi dei pettegolezzi a farlo sentire spaventato e pentito di quello che era successo tra loro due, ma il timore di non essere all’altezza dell’amore che Sh gli aveva dimostrato.
Una tesi, questa tua, che mi trova perfettamente d’accordo perché va a fondo nel cuore di John e ne scopre la vera personalità, connotata da una pesante disistima di sé.
E la ritengo la verità perché una persona fondamentalmente onesta come lui e “affamato” di adrenalina per ritrovare se stesso e la sua capacità di vivere con uno scopo, non può, secondo me, essere preda della paura di pregiudizi o di perdere la reputazione.
Il “non sono gay”, sbandierato nello “Sherlock” BBC, è sempre stato un primo ripiego, una motivazione facile da esprimere e da addurre senza sentirsi in difficoltà.
Il vero, profondo motivo della sua “fuga” di fronte a Sh innamorato è la consapevolezza nitida che un essere unico come il consulting non possa ricevere da lui tutto quello che meriterebbe.
John ha paura di non riuscire ad amarlo come dovrebbe.
“…Il suo sguardo. Il suo silenzio…”: immaginiamo con precisione l’espressione di Holmes, più dolorosa e colpevolizzante di uno scoppio d’ira.
Il suo silenzio, assordante come un urlo, il suo sguardo che, sicuramente, ha fatto davvero sentire John sull’orlo di un abisso.
In questa situazione incastri perfettamente lo sdegno di Greg, sinceramente affezionato a Sh e testimone del suo passato di disperazione e di dipendenza dagli stupefacenti, che accusa John di non aver capito e rispettato la sua voglia di vivere e di amare, sentendosi finalmente realizzato anche dal punto di vista umano, non solo come geniale detective.
Intensa, davvero, la scena, che mi ha anche fornito un ulteriore motivo per ammirare sinceramente un personaggio come Lestrade.
E, purtroppo, devo tornare su, alla parte del capitolo che segue il rifugiarsi di Sh nel suo Mind Palace, dove può trovare la consolatoria, anche se portatrice di dispiacere e delusione, presenza di John, nei momenti in cui il caso della fossa con i numerosi cadaveri gli è sembrato un’occasione ghiotta di mettere alla prova le sue formidabili capacità deduttive e di leggere l’ammirazione nello sguardo del suo “coinquilino”.
Eccoci dunque tornare nell’incubo di quella casetta sperduta in mezzo al nulla, con la pazza furiosa che lo tormenta ed è fonte inesauribile di sorprese contro cui lottare e stare in guardia, anche se hanno la maschera della solidarietà e dell’accoglienza.
Infatti la semplice operazione di affilare il rasoio e di predisporlo per la rasatura, costituisce per il nostro sventurato un’ulteriore occasione di temere per la sua vita (“…la mano dal mento sia scivolata sulla gola, a proteggerla…”).
E mentre Mary si accinge ad insaponargli la faccia, un’altra voce risuona nella sua mente. È quella di Moriarty, beffarda e provocatoria che lo incita ad usare il rasoio per uccidere la donna, è la voce del suo istinto che lo invita a salvarsi come può.
Ma, abilmente, fai intervenire la ragione, il buon senso che parla per mezzo di John e frena il suo impulso che, di omicidi, quasi sicuramente, provocherebbe solo il suo.
È impegnativo leggere il succedersi di gesti, espressioni, sguardi che avvertono Sh del pericolo mortale in cui si trova e dell’alternarsi folle della Mary “bambina” e della Mary “cattiva” e violenta che incombe tremenda e davvero da te descritta con realismo privo di banalità.
Dicevo dell’impegno che è necessario per leggere nel senso di un gustare, di centellinare l’atmosfera sospesa di un horror crudo, assurdo ma tanto terribile quanto possibile.
E per me, che sono appassionata del genere in questione, pure se un po’ codarda, certe volte, le cose che racconti sono musica piacevolissima per la mia mente.
Anche il momento terrificante della rasatura termina, la porta si richiude, tacciono le voci dentro di lui. Sh è, ora, completamente solo, nel buio della follia.
Bravissima, anche questa volta.