Non dici mai cosa provi, lasci parlare i vostri corpi. È il miglior modo per capire come sta. Lui non fa complimenti, ti prende quando ne ha voglia, ma è anche tuo ogni volta che lo vuoi. Ti prende il corpo e la testa, sei una sua proprietà. Travolge la tua mente analitica nel tumulto, fa saltare il tuo sistema, e ringrazi di essere nato.

Che cosa ha portato Mihael e Light a passeggiare su un marciapiedi la notte? I due celano un passato di cui non parlano, ma entrambi desiderano un cambiamento. Finché, una sera, l’incontro con due sconosciuti cambierà le cose.
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[***Linguaggio volgare - accenni di travestitismo. Avviso per i lettori: questa è una storia SOLO per lettori estremamente attenti e privi di pregiudizi. È un AU molto particolare - non solo per l'ambientazione - ma perchè nella prima parte sono celati tanti significati, a dispetto delle apparenze. Molte cose sono volutamente inespresse, da leggere tra le righe. Nella seconda parte, vengono comunque resi espliciti alcuni aspetti.***]

[Stormbringer Light Novel Spoilers] Sono passati oltre tre lustri – e almeno due continenti – da che era solo il progetto Black 12, ma Paul Verlaine non ha mai dimenticato la guerra che l’ha chiamato nel mondo, né chi gli ha donato, con la vita, un nome e uno scopo.
A sei anni dal giorno in cui si è ritirato nel buio per espiare, attende ancora la tempesta.
E ora la tempesta è arrivata.
(...) La tigre non cede e nuota: nuota incontro alle dune di Tottori, nuota incontro alla salvezza e nuota incontro a un futuro che avrà ancora il sapore amaro della sconfitta – stanno perdendo per l’ennesima volta. Perdendo male – ma non basterà a spezzare il ragazzo che le urla dentro, perché quando il sole muore, i cani randagi sono comunque gli ultimi a chiudere gli occhi (...)

[Soukoku]
Dazai si è infiltrato in un’associazione rivale, la Ikeda Corporation, per conto della Port Mafia: deve portare a termine un’operazione piuttosto delicata e ad affiancarlo non poteva mancare Chuuya, il suo partner in crime ufficiale. Un po’ per divertimento personale e un po’ per questioni logistiche inerenti alla missione, Dazai convince Chuuya a vestirsi da donna e a fingersi sua moglie: strano, sì, forse anche imbarazzante, ma quando tornano al loro sudicio avamposto, a lavoro compiuto, basta un litigio e un bicchiere di troppo per far sì che le cose prendano una piega... interessante.

heyla. Prima storia in questo fandom che ho conosciuto e imparato ad amare da poco. é una storia senza molte pretese su una coppia che mi è piaciuta fin da subito. [DazaixChuuya] e che spero piacerà anche a voi! Non c'è un vero indirizzo ma svariate idee nella mia mente.
Dal testo:
"-Scusami Chuuya- disse solamente ed a Chuuya venne da ringhiare leggermente avvertendo pizzicargli le gote.
-Sei solo un bastardo- sbottò Chuuya prima di afferrargli il colletto del trench ed abbassarsi con forza a baciare quelle labbra. Si spinse contro di lui e ringhiò contro le sue labbra. Voleva solo dirgli che era un bastardo, ma voleva anche quello per cui era arrivato fino a quel dannato schifoso parcheggio."

Risentimento, odio e amore. Questo è quello che unisce Osamu Dazai e Nakahara Chuuya. Un rapporto sul filo del rasoio pronto ad inghiottirli nell'oblio.
(Questa One-shot contiene possibili spoiler del manga/anime)

1415. Mihael, cavaliere inglese stanco della guerra, abbandona il campo dopo essere sopravvissuto a una sanguinosa battaglia e si inoltra per le campagne francesi, spingendosi a sud. Lì incontra un ragazzo che parla una lingua che non comprende, ma pronto ad ospitarlo e dargli da mangiare.

Vorrebbe prenderlo per i fianchi e farselo sedere in braccio, strusciarglisi contro per fargli sentire in che condizioni è ridotto sotto i larghi pantaloni della divisa, ma non è un animale e di certo non è abbastanza ubriaco da avere il coraggio di osare una cosa simile: dopotutto, loro sono solo amici e con ogni probabilità nella testa di Satoru quello è tutto uno scherzo dettato dall’ebbrezza.
Suguru può scommettere tutto ciò che possiede che l’indomani non ricorderà nulla di ciò che ha detto o fatto e, in quanto persona più sobria nella stanza, è suo dovere quello di fermare il suo amico, prima che entrambi facciano qualcosa di cui potrebbero pentirsi.

Non avrebbe dovuto cedere.
Per il senso dell’onore che lo legava a Port Mafia, per una questione morale infarcita di mero orgoglio, per quella punta di disprezzo facile da rievocare dal fondo della sua anima e utilissimo per ogni momento di dubbio. Ryuunosuke non avrebbe dovuto cedere, per tutte quelle e altre mille ragioni valide.
Eppure, puntualmente, non ci riusciva.

SukuFushi | NobaMaki | NanaIta | What if: Sukuna ottiene un corpo separato da quello di Itadori.
Ma Nobara sapeva, oh eccome se sapeva. Megumi e Yūji potevano comportarsi normalmente come al solito, ma lei sapeva cos’era successo il giorno prima a entrambi.
Perciò, da brava migliore amica, si schiarì la voce:
“Allora, com’è andata ieri?”
Tre adolescenti, tre San Valentini e tre prime volte importanti.
[La storia partecipa alla Otturami sta carie challenge di Naruto Fanfiction Italia]

In un'estate insolitamente torrida per l'Inghilterra, Matt ha solo un pensiero fisso che non riesce a togliersi dalla testa: entrare nel letto di Mello.
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Mello mugolò e si ridestò dal torpore, tornando lentamente alla coscienza grazie a quelle piacevoli carezze. Sentì il materasso infossato dietro di sé e un corpo caldo attacato al suo. Aprì gli occhi, si girò e si ritrovò accanto Matt, tutto sudato, accaldato e arruffato. Si accigliò, con gli occhi ancora socchiusi.
“Matt... ma che cavolo fai?” biascicò con la voce impastata dal sonno.
Si girò sulla schiena pronto a spingerlo per farlo cadere giù dal letto e per gridargli un ‘checazzofailasciamidormire’, ma Matt gli prese il viso con entrambe le mani e lo baciò, premendo le labbra sulle sue e una gamba sul fianco.

Makoto fece capolino nel suo raggio visivo.
Era vestito da zombie, gli occhi accompagnati da della matita nera, la pelle segnata dalla cipria che la rendeva particolarmente pallida, i capelli scompigliati, finti tagli e segni grotteschi che chiazzavano il suo collo, la camicia ingrigita e aperta per quattro buchi su dieci e che lasciavano intravedere i pettorali.
-Dolcetto o scherzetto?-

[AU - 1945]
Quando tornava a casa, Mail passava per una viuzza in salita, delimitata da case ancora intere che erano miracolosamente scampate ai bombardamenti, e vedeva un ragazzo biondo, con i capelli un po' lunghi, magro e alto quanto lui. Stava per strada, sulla soglia di un portoncino, oppure di fronte, dall'altro lato della stradina, vicino a un lampione. Era sempre lì, a volte stava con le spalle appoggiate al muro, a volte passeggiava un po’, sempre altero, superiore, distante, nonostante fosse coperto di stracci.

Matt non poteva sopportare di essere escluso dalle decisioni di Mello, meno che meno da quella decisione, ma non voleva davvero fargli male, non ci riusciva a essere cattivo con Mello. Voleva solo fare qualcosa di così bello da rimanergli scolpito nella mente.
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Voleva tornare in Inghilterra, sentire il suo accento sulla bocca degli estranei, sentirsi a casa, rivedere la Wammy’s House, andare da Roger, che aveva consegnato i ritratti di Mello e Near al nemico, e dargli un pugno in faccia, a spaccargli quegli occhialetti del cazzo, perché se lo meritava.
Lo sentiva che non c’avrebbe mai più rimesso piede nella sua cara vecchia Inghilterra, ma non riusciva a spegnere i suoi sogni come spegneva la fiammella dell'accendino tra l’indice e il pollice. Voleva tornare bambino, voleva che Mello tornasse bambino, ci pensava sempre, ma non sarebbe mai potuto accadere e quel pensiero lo faceva impazzire. Va bene orfani, va bene soli, ma bambini, per pietà. Perché aveva bisogno di cambiare il passato per cambiare il futuro, gli serviva far crescere Mello ripetendogli ogni giorno che lo scopo della sua vita doveva essere lui stesso e nient’altro, e allora magari lui lo avrebbe ascoltato.

AsaKisu erotica e a tratti molto ignorante.
Durante una festa in piscina, Asahi e Kisumi cercano un po' di privacy, se non fosse che Haru rende loro le cose un po' difficili. Ma ben presto arriva la scusa perfetta per allontanarsi.
Era bastato poco prima che scattasse una guerra vera e propria di gavettoni. Ad una certa, Asahi aveva anche afferrato Kisumi di peso e lo aveva gettato in piscina senza troppi complimenti. Un vero e proprio caos, intenso ma di pochi minuti.
«Pausa, pausa. Mi arrendo, okay?» ansimò Kisumi, con gli occhi arrossati a causa del cloro.
«Mi spiace, mi sono lasciato prendere la mano. Stai bene?» domandò premuroso il suo ragazzo.
Lui gli sorrise.
«Sto benissimo. Amh… siamo soli», », gli fece notare. Erano tutti usciti dall’acqua, infreddoliti e non sembravano star badando troppo a loro.
Ad Asahi venne da sorridere al pensiero e gli si avvicinò, attirandolo a sé.
«Non dirmi che vuoi farlo qui e adesso?»
«Te l’ho detto o no che avrei trovato il modo?»