Ti ho fatto attendere quanto... tre giorni? Anche di più? Ti chiedo scusa innanzitutto per questo, e poi in anticipo per il mostro che stai per leggere. Ho buttato i miei pensieri di getto, questo serpente digitale è quello che ne è uscito fuori, e non è neppure completo perchè arriva solo a metà capitolo. Vogliamo cominciare? Per citare qualcuno di davvero strano... And here... we... go!
Il primo dettaglio che mi salta all'occhio, ora che rileggo con molta più attenzione il capitolo, è il fatto che Michelangelo dia l'haori NERO a Demi, e, come tutti nella cultura occidentale sanno, il nero è il colore (aaargh, in realtà è una tinta cromatica, ma scriverlo suona male!) della morte, del lutto, della disperazione di vedere un proprio caro lasciare il mondo dei viventi per raggiungere – come nel caso di Donatello – un'altra dimensione, nella tua storia si tratta di quella spirituale – ma a questo ci arriverò dopo. E' curiosa la contrapposizione tra il nero indossato dalla protagonista femminile e il bianco del cavallo con cui lo schifo trascina un Donatello ormai privo di vita (?) in giro per l'arena, in piena visita turistica: lo vedo come una contrapposizione di culture, quella occidentale rappresentata dal nero, e quella orientale, rappresentata dal bianco, che per i nostri canoni rappresenta la purezza mentre per l'Oriente è il colore della morte, tipicamente usato durante i funerali. Lo vedo anche come il simbolo della purezza d'animo di Donatello, una creatura fin troppo buona e nobile per questo mondo, che non merita il destino che ha ricevuto, e di conseguenza il cavallo ha la doppia valenza di essere il mezzo che lo schifo d'uomo (sappiamo a chi mi riferisco) usa per sfregiare il corpo di un nemico che si è battuto per onore e per una causa nobile, quindi una connotazione negativa, e la bontà quasi angelica del protagonista. Non so se avessi pensato a fare questo chiasmo simbolico, se è stato fatto in modo intenzionale mi complimento davvero tanto, in caso contrario mi complimento ugualmente, perchè sarebbe una bugia dire o anche solo pensare che non sia un fatto intenzionale. Punto. Lo decido io e basta.
Altro punto che mi è piaciuto molto è stata la metafore della vestaglia ridotta a (mi viene di citare un certo poeta, 'brandelli di muro' docet) ad uno straccio consumato. E qui mi viene da fare un'altra riflessione: considerando la vestaglia come il simbolo della purezza, dell'innocenza della protagonista femminile, abbiamo due considerazioni da fare. La prima è che non è, scusa la ripetizione, la prima volta che un suo vestito viene ridotto in così malo modo, è a causa dello scoppio di rabbia (giustificatissimo!) di Donatello, che le strappa l'abito per violentarla, ma poi si ferma e riprende la ragione, si scusa, piange e si dispera per aver anche solo osato pensare una cosa del genere, figurarsi metterla in atto. La seconda considerazione è che la nuova vestaglia (quanto devono spendere i reali in vestaglie, santo cielo?!) viene lacerata a causa dello schifo, di conseguenza una metafora sul sopruso e sulla rovina che Demi subisce per mano di quell'essere indegno che non merita di essere chiamato 'padre'. La felicità che viene lacerata, quel briciolo di dignità ritrovata con Donatello demolito e ridotto in macerie; sprofondare nuovamente nell'abisso. E questo già è un lutto, metaforicamente parlando: si piange la propria felicità, la gioia di esistere, il piacere di restare in vita e vivere, non solo sopravvivere. Ma la tragedia non si ferma qui, perchè il secondo lutto arriva a peggiorare le cose, una tragedia fisica, mentale e spirituale. Anzi no, spirituale no, poichè Donatello nobile è e nobile rimane (non nobile di casta sociale, ma nobile di cuore, che è tutt'altra cosa), e la folla che assiste allo spettacolo lo riconosce.
Altro spunto di riflessione che ho gradito molto: "Nei suoi occhi bruciavano le fiamme della disperazione e della rabbia." Determinazione, rabbia, sono tutte caratteristiche che per una volta Demi ha il coraggio di provare e di dimostrare, è il coraggio di ribellarsi ad uno status imposto in primis dal padre (ops, mi è scappato) e in secondo dalla società, che considera le donne delle vere e proprie schiave degli uomini – alla tematica del femminismo passeremo dopo. E' bello il fatto che sia lei a decidere quando e dove andare, che sia lei a voler aiutare e salvare Donatello, è lei che prende finalmente posizione e parola al riguardo. Demi è cresciuta, si è evoluta (come un Pokemon? No, non posso pensare certe cose in questo momento!!) come persona e mostra quello che è diventata dentro grazie anche alla forza d'animo infusale dal marito. Quello che è sempre stata in realtà, ma soppressa e schiacciata dallo schifo d'uomo. Corre, corre, ed è buffo e amaro che trovi l'arena grazie agli schiamazzi della gente che si gode lo spettacolo, che ride e commenta e si diverte di fronte allo spettacolo cruento, chiaro riferimento ai Romani e ai gladiatori, con la sola differenza che sono questi ultimi a combattere per un premio deciso da loro, e non da un presunto imperatore. I nobili ci sono, gli imperatori anche – in questo caso lo Shogun, ma qui c'è una più ampia libertà di movimento nelle decisioni da prendere. Il fatto quindi che a godere della scena - come si fa oggi al cinema a guardare una pellicola horror – siano i popolani, e che a fronteggiarsi siano due nobili – e non due nobili qualunque! - di cui uno Yokai, è un bel rovescio della medaglia, una specie di visione distopica che ho gradito molto.
"Uno Yokai contro un uomo. Onore per onore." Ma quale onore? Ci sarebbe onore se l'uomo in questione fosse, appunto, onorevole, che avesse dei principi morali solidi, ma nella storia non riscontriamo niente di tutto ciò nell'animo di Shang, quindi la questione va presa da un altro punto di vista, cioè da come vede il popolo considera l'intera faccenda, cioè da un punto di vista assolutamente superficiale – è anche vero, però, che molti saranno ignari allo scambio di battute che hanno segnato l'inizio di quella battaglia. Donatello è considerato solo come uno Yokai e non come un uomo, un umano, non come 'qualcosa in più' di una creatura divina che interagisce con il mondo dei mortali dall'alto della sua natura estranea e superiore. Donatello è visto come un estraneo, mentre l'uomo si riconosce nei suoi simili e i suoi simili si riconoscono nell'uomo, il che rende il 'riconoscimento' molto più semplice ed efficace, in quanto è più facile empatizzare con ciò che è uguale a te, e non con ciò che ti assomiglia... hai presente la sensazione d'irrequietezza che provi quando vedi un essere che è simile ma non perfettamente uguale a te, come una perfetta riproduzione dell'essere umano che però al tempo stesso è estraneo, diverso, quasi alieno? Ti faccio un esempio pratico: non so se tu conosca Sophia, l'androide a cui è stato costruito un volto umano capace di simulare le espressioni facciali, ma che, eppure, a guardarlo ti comunica solo inquietudine e a tratti anche paura? Non solo per le cose che dice, ma anche per come si presenta? Capisci subito che qualcosa non quadra, che qualcosa stona, e penso che la stessa identica cosa possa essere provata per uno Yokai, in aggiunta al fatto che lui, in quanto appunto Yokai, è un essere anche superiore, pericoloso, letale. Un mix esplosivo che allontana a prima vista l'essere umano comune, che si fa ingannare dall'aspetto esteriore, e non va oltre (mi viene da dire 'oltre il velo di Maya', oltre la finzione, oltre l'illusione di ciò che appare agli occhi, che nasconde ciò che l'occhio fisico non recepisce, ma quello spirituale sì, eccome, ed è ciò che si attiva e vede dentro, con l'istinto e non con la ragione) l'apparenza, che come al solito inganna. E invece, se la gente superficiale imparasse ad allenare quest'abilità innata (lo chiamo 'il Terzo Occhio) capirebbe che la verità, appunto, non è ciò che l'occhio fisico percepisce: Donatello è uno Yokai a prima vista, ma tramite il Terzo Occhio (mi prenderai come una perfetta deficiente, lo so, leggendo di questa roba pseudo-scientifica che ti risparmio per non annoiarti e coprirmi ufficialmente di ridicolo) si vede che è un ragazzo, è un uomo, un essere umano intrappolato in un corpo che rifiuta ma che comunque è suo da accettare, e di conseguenza è molto più simile, no, è uguale all'essere umano perchè è anch'egli un essere umano. Per tornare all'esempio di Sophia l'androide, quel robot ha l'aspetto di un essere umano... ma di umano non ha niente, e mai lo sarà. Donatello invece è il contrario: inumano fisicamente, scientificamente, ma uno di noi spiritualmente, e anzi, è molto più umano di tutti gli altri. Perchè essere umani non è affatto gioire per la violenza (capisco che sia catartica, ma un conto è vederla simulata per scaricare istinti ed emozioni negative, un altro è nutrirsi di essa per alimentarle), non è uccidere l'altro, non è compiere un omicidio strappando la vita ad un tuo uguale; no, essere umani non è quello. E' da animali, piuttosto, e neanche. Un animale uccide per sopravvivenza, per istinto, per nutrirsi, e non ha la capacità di riflettere come l'essere umano, che scientificamente è più evoluto, non può fare collegamenti logici, non può permettersi ragionamenti astratti che permettono di scoprire come funziona l'universo, in una parola è incapace, non è curioso. L'essere umano ha origini animali, sì, ma al tempo stesso è troppo evoluto per considerarsi ancora come tale. In una parola, è qualcos'altro – sto divagando troppo con la filosofia, quindi non vagheggio oltre. Tutto questo per dire che Shang non è un essere umano. E' un animale. E' peggio di un animale. Un animale non sfregia per divertimento, per soddisfazione. Un animale uccide e si nutre e finisce lì. Lui no. Il solo essere umano qui è Donatello, e per questo il fatto che la gente veda lo scontro tra i due come 'onore contro onore', simboleggia maggiormente la loro pochezza d'animo, la loro superficialità nel riflettere sulla realtà di ciò che sta succedendo veramente. C'è onore, sì. Ma dall'altra parte no.
Kitsune. La volpe, simbolo sacro agli orientali. E qui mi vien da ridere, perchè la volpe nella cultura occidentale è il simbolo della furbizia e altre connotazioni negative, e credo anche nell'Oriente. Ho letto da qualche parte della leggenda della volpe, che nella mitologia è capace di trasformarsi in una donna dalle bellissime fattezze che, alla prima notte di nozza, uccide il marito umano per poi divorarne le carni. Poi scappa, diventando ciò che realmente è, seduce un altro uomo nelle spoglie di una nuova donna bellissima, e il gioco continua. Ora devi perdonarmi, sono le 2:00 di notte mentre scrivo questa recensione e ho avuto una giornata sfiancante, quindi davvero scusami se non ho il tempo e la forza di andare a cercare gli altri significati, magari più recenti, dietro la figura della volpe. Tutto ciò che mi basta sapere è che la volpe qui è la madre Tang Sheng delle tartine, moglie di Splinter, e che quindi ha un significato molto più che buono. E' una madre, sì, ma non solo: è diventata un simbolo, un qualcosa di superiore che ha raggiunto la pace interiore e la verità dietro tutto ciò che appare agli occhi come ovvio. Il fatto che osservi Demi, la moglie di suo figlio, lo interpreto come una messaggera che porta l'orribile notizia alla protagonista – ah, ho riletto di nuovo e ho visto che è pure bianca, di nuovo il simbolo di morte e purezza al tempo stesso, e mi viene da paragonarla ad un'altra figura del folklore celtico (?), la Banshee (credo si scriva così, purtroppo sono ancora stanca, ma mi correggerò una volta riposatami), l'ombrta di una donna che, una volta vista, diventava presagio di morte imminente. Mi è venuto in mente questo in quanto, successivamente, proprio come accade a due gemelli quando uno di questi muore, Demi percepisce, sente fisicamente e mentalmente la mancanza di qualcosa, che il suo gemello, suo marito, è morto, che il legame si è spezzato, che lei è rimasta sola – per la seconda volta in vita sua, pergiunta!, ed è qualcosa di mooolto viscerale che credo solo un gemello possa sentire, o al massimo una madre.
Amletico il fatto che Demi passi dal buio del tunnel alla luce. Il buio, la morte, l'ignoto. La luce, la salvezza, Dio, la conoscenza. Mettila come vuoi, ma ecco l'ennesimo chiasmo letterario. La ragazza passa dalla morte alla luce, rinasce come persona, come donna, come essere umano, ed è buffo che Donatello faccia lo stesso... ma con un significato totalmente diverso. Demi passa ad un nuovo livello di consapevolezza interiore, cresce, matura, sceglie la vita, rinasce dalle proprie ceneri, da quella morte spirituale da cui non riusciva a scappare. E Donatello, povera anima? Lui passa dal buio alla luce, sceglie di morire (dalla luce della vita al buio della morte) per trovare la pace, ma la pace (morte) è la luce mentre il buio (vita) è il tormento. Ho adorato questo concetto chiave, ha reso la narrazione molto più significativa e ricca, e come dici spesso tu, sono le chicche a fare il racconto. E qui di chicche ce ne sono tante.
Posso fermarmi qua? Continuerò nella recensione del prossimo capitolo (ti prego, scusami tanto se la lascio incompleta!!!) perchè sta seriamente diventando un papiro e inoltre mi sto addormentando sulla tastiera. Ti prometto che mi rifarò alla prossima, spero di non superare le 2000 parole come ho fatto invece qui, e spero tanto di non averti annoiato o traumatizzato (!!) con queste mie righe. Inutile dire, in definitiva, che ho adorato questo capitolo, uno dei migliori di tutta la storia, e che mi piace molto il tuo modo di scrivere.
A prestissimo con il seguito di questa recensione e il commento del nuovo!
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