“Youngjae non aveva mai creduto che esistesse qualcosa come la sanità mentale. Tutti, infondo, avevano quella parte di se stessi un po' temuta, un po' distorta, quella parte insana. La differenza stava nel saperci convivere, o meglio, nel saperla controllare. Era tutta una questione di controllo: non c'era niente di più terribilmente piacevole e incantevolmente distruttivo. E lui, nel modo più semplice e assoluto, sapeva di averne bisogno"
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“Le mani sono tutto, per un ladro. Per chi vive di tocchi proibiti e contatti leggeri, non c'è niente di più importante delle mani. E Daehyun lo sapeva bene. Più volte si era ritrovato a pensare che, infondo, i tocchi leggeri del furto non fossero poi così diversi da quelli che riservava a Youngjae. Eppure, il brivido che ne ricavava ogni volta che portava via parte della vita di un estraneo era completamente diverso da qualsiasi tocco che Youngjae potesse dedicargli e, col tempo, il furto aveva cominciato a prendere quasi le fattezze di un'amante, esigente e appagante al tempo stesso.”

Loro erano due universi separati e distinti, due rette continue che non si sarebbero mai incontrate. L'uno immerso nel suo mondo, una vita lastricata di sfarzo e lusso. L'altro condannato a un'esistenza di assoluta povertà, costellata di pericoli. Non solo li separavano milioni di anni luce ma erano anche obbligatamente incompatibili.
Cosa succede però, se due rette apparentemente distanti, senza inizio né fine, di colpo collidono? L'una richiama l'altra e non vi sono compromessi, come una stella che muore, un buco nero.
Quando la donna metteva in mostra le sue opere nel Club il posto si riempiva di miliardari disposti a spendere il patrimonio di una vita pur di acquistare anche un solo quadro. Un simile comportamento, anni addietro, lo avrebbe inorridito ma condividendo la vita con Yongguk aveva imparato che se costava tanto bisognava averlo. Un quadro, un vino, un vestito o qualsiasi altra cosa perdeva il motivo di essere ciò che era e diventava null’altro se non un mero status symbol.

Michael/Luke
Michael è statico, da quando la donna più importante della sua vita lo ha abbandonato nel bel mezzo della sua infanzia: prende le cose sul momento, senza badare alle sfumature o alla durata o alla compiutezza di esse.
Luke è dinamico: il giorno prima potrebbe lavorare in un anonimo bar di Chicago, e quello dopo decidere di sorprendere più persone di quanto immagini.
Con la partecipazione di un Ashton ammaestrato per nascondere il dolore nell'iperattività e di un Calum che viaggia spesso, ma non dimentica le persone.

"«Lukey.. vieni qui.. vicino a me» battè la mano sul cuscino nero sporco che era messo accanto alla cuccia. Sospirai prima di sedermi. Calum prese ad accarezzarmi il ginocchio. I tagli ripresero a bruciare. Cosa dovevamo fare ora? Rimanere lì, separati? Oppure dovevo abbracciarlo? Me ne rimasi fermo. Se non facevo niente non potevo sbagliare. Questo, però – più avanti – avrei capito che era sbagliato.
«Lukey mi abbracci? Ho bisogno di un abbraccio. Mi vedi?» deglutii a fatica. Ma poi annuii, sdraiandomi accanto al corpo del mio amico scosso da singhiozzi e brividi. Lo vedevo, ma non riuscivo a capire cosa non andava. Non ero mai riuscito a farlo e tutt’ora non ci riesco.
«Cal.. io sono qui» era vero. Ci sarei stato. L’avrei aspettato come un coglione. Senza imparare niente dalle esperienze che avevo passato. Diciassette anni buttati al cesso. E altri ancora da buttare.
Quella notte rimanemmo vicini. Quella notte ci fecero da coperte singhiozzi e solitudine, insieme a tutte le maschere che ci avevano accompagnato in diciassette anni. Ci fecero compagnia segreti che non avremmo mai pronunciato.
«Mi piaci, Lukey» i tagli smisero di fare male."
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[Slash | Cake]
14.525 words

“Luke domandò a Calum che cosa fosse l'amore e lui gli rispose che l'amore era lui che rideva.“
Cosa succederebbe se l'amore stesso diventasse un'illusione?

[Bastille]
Incontrai la sua mano calda e affusolata. Non so perché ma la strinse così forte da sentirla formicolare tra le sue dita, si piegò in avanti, i suoi occhi azzurri incontrarono i miei, volenterosi di non lasciarlo più andare via, di incatenarmi ad esso, furono momenti interminabili, ebbi il tempo di analizzare ogni suo dettaglio, il riflesso del suo sguardo, le pieghe delle sua labbra, la vena che pulsava sul collo, le punte dei capelli che si flettevano, le gocce di sudore che scendevano senza sosta sulla sua fronte, ma ebbi anche il tempo di guardarlo e andare lontano con la mente.
La musica di sottofondo e lui che mi guardava.
{estratto dal 4° capitolo}

''E' stato difficile accettarlo?'' mi chiese poi.
''Molto, ma non volevo abortire, l'avrei uccisa''

L'ultima confezione di caffè? Sarà mia, ad ogni costo.
[...]
«Pop corn?» glieli allungo accanto.
Josh scuote la testa «No, grazie. Ero venuto per parlarti.» Eh? «Di George.»
Mi blocco per un momento, poi riprendo a sgranocchiare.
«Non è così immaturo come credi, è solo...»
«Un rompi palle.»
Ridacchia sistemandosi i capelli «No! Cioè, a volte. Voglio solo farti capire che magari dovresti cambiare atteggiamento con lui... insomma, ci tiene a te.»
Deglutisco rumorosamente, com'è che di punto in bianco mi sento un senso di colpa?
«E so che anche tu gli vuoi bene.» sento le guance imporporasti appena, meno male che la stanza è buia.

Di giorno, Max. Di notte, Nathan.
I sogni, a volte, vengono confusi con la realtà, e Bea lo sa bene.
Si trova di fronte ad una lotta interiore, una lotta in cui il suo cuore è coinvolto. Un cuore, che è diviso in due.