He Tian si chinò su di lui, la lingua che lambiva le sue labbra semichiuse, forzandole ad aprirsi per esplorare lascivamente il loro interno. I suoi occhi erano affilati come quelli di un rettile e le sue spire erano avvolte strettamente attorno a lui, mentre gli stringeva la mascella per impedirgli di allontanarsi da quell'aberrazione di incontro di labbra, lingue e saliva. Non era nemmeno lontanamente quello che le altre persone avrebbero definito bacio, bensì un'imposizione che gli stava facendo subire per provocarlo ed umiliarlo, perché il loro rapporto non comportava dolcezza o amicizia. Non era nient'altro che violenza e competizione. Un modo come un altro per imporsi l'uno sull'altro, benché la rivalità non fosse ad armi pari.

C’è un aspetto rincuorante, nella notte.
La calma, forse, o il silenzio in determinati luoghi.
La profondità oscura del cielo che sembra ingollare le rocche, le persone e le colpe, conglobandoli nelle ombre. Eppure, la notte non è mai completamente solitaria o silenziosa e, quella in particolare, era ricolma di sussurri, di respiri, di sbuffi di puledri agitati e di tensione. Di brividi tenuti celati sotto pesanti armature di metallo e cotte di maglia. Soldati che, nelle ore notturne, attendevano il bagliore dell'alba per sferrare l'attacco, sinuosi, risoluti nell'incrociare le lame affusolate con gli sgherri rivali, sfoderando tutta l'idrofobia convogliata nel corpo, incontrando l'onorevole morte in battaglia o il trionfo nel veder l'imbrunire, anche se feriti o mutilati dal conflitto. L'attesa era il fattore maggiormente logorante; starsene immobili, stringendo in un pugno contratto l'elsa molata della spada e nell'altro lo scudo smerigliato, espirando aria che si tramutava in condensa di vapore nell'etere freddo e, l'unico elemento che impediva ai soldati di perdere il controllo di tale concentrazione commettendo qualche gesto grossolano, erano gli sguardi fieri e sicuri dei comandanti delle due fazioni contrastanti che infondevano fermezza in ogni uomo (...).

Lui non aveva mai avuto bisogni impellenti di quel genere, i suoi rapporti intimi con l’altro sesso si erano ridotti a pochi incontri occasionali in stanze malridotte di vecchie locande, più per sfogare la rabbia che sentiva dentro che per vera e propria necessità. Avventure senza importanza durate qualche ora, con donne delle quali non ricordava nemmeno i nomi.
Quella sera, però, era diverso. Per la prima volta sentiva un desiderio vero per quella donna che stava ballando a pochi metri da lui, il desiderio che un uomo può provare per una donna che ha fatto breccia nel suo cuore. Era questo che lo infastidiva oltremodo, perché anche se il mondo lo conosceva come capitano dei pirati Heart, lui un cuore non ce lo aveva. Lo aveva spento molti anni prima, quando si era reso conto che era solo un inutile apparecchio difettoso pronto a scattare quando meno te lo aspetti. Le emozioni sono nemiche dei tipi cinici e calcolatori, e questo lui lo sapeva bene.
Ora che Doflamingo era stato sconfitto e che la sua vendetta si era consumata, però, aveva ancora un motivo per negarsi qualsiasi emozione?
Non poteva finalmente concedersi il diritto di respirare?

[...] Ora che si era guadagnato un altro po’ di tempo, poteva tornare a concentrarsi sul motivo della sua presenza in quel caffè.
Filippo Battistotti.
Un paio di giorni prima era stato contattato al solito modo e aveva ricevuto il fascicolo del suo nuovo obiettivo. Un nome, una foto cui era apposto il timbro rosso distintivo della famiglia Valenti, il compenso previsto e un foglietto che recitava: “5 giugno. Non prima, non dopo”. Solo l’ultimo dettaglio era insolito; gli era capitato di avere una scadenza massima, ma mai una data precisa. Non gli ci era voluto più di un giorno per ottenere le informazioni di base e prepararsi al conseguente pedinamento.
Un tecnico informatico dall’aspetto mediocre – piacente, si potrebbe dire – ma niente di così particolare da stuzzicare davvero il suo interesse, dopotutto. Peccato, però, da una commissione con termini così inusuali, non si era aspettato di trovarsi davanti una persona tanto ordinaria e semplice da leggere.
(STORIA IN FASE DI PUBBLICAZIONE SU AMAZON. I capitoli che trovate sono una preview)

One-shot senza pretese su un possibile incontro tra Nico Robin e Barbabianca.
“Non si deve aver vergogna della fame”.
È dunque quello il nome del disagio che prova. Vergogna. Stringe nei pugni l’orlo del vestito.
Il mento scosso da un tremito è un segno di riconoscenza che mostra prima ancora di accettare.
“Grazie, signore”.
[Nico Robin Childhood]

SPOILER ASSASSINO PER CHI NON LEGGE LE SCAN, SIETE AVVISATI.
Buonsalve.
Mokona è qui con una fresca death-fic su quella che è la maga che è riuscita a salvare così tante vite e conquistare così tanti cuori, solo per il tempo di un minuto.
Jellal non impiega più di qualche secondo a capire cosa sia successo, e subito è pronto a correre verso quella che è un membro della sua piccola famiglia.
Nell'oscurità in cui ricade nel momento in cui cerca di accettare la sua morte, solo una piccola luce, quella a cui si aggrappa da sempre, lo aiuterà a non sprofondare.
Perchè, non chiedetemi come, sono abbastanza sicura che Jellal e Erza saranno i primi a ritrovare il corpo di Ultear.
Dal capitolo:
"Aveva infranto la sua promessa, e Jellal non aveva potuto fare nulla per fermarla.
Non che avrebbe potuto prevedere quello che sarebbe successo; sta di fatto che non era riuscito a proteggere la sua famiglia, come si era ripromesso di fare.
E ora non gli restava che stringere fra le braccia quel corpo, che iniziava a farsi freddo, e abbandonarsi al dolore."

Buonsalve!
Mokona è qui con una nuova fluffosa drabble Jerza, perchè sì.
Jellal è finalmente entrato in Fairy Tail, ed è momento che anche lui venga marchiato con il famoso simbolo.
Indovinate di che colore sarà il tatuaggio?
Enjoy your read!

Buonsalve!
Mokona è qui per voi con una piccola flash jerzosa, perchè sì.
Stare male, essere troppo deboli per formare un pensiero coerente, essere così stanchi da non reggersi in piedi, di solito non è positivo.
Di certo non secondo Erza, quando la persona da visitare è un certo criminale chiamato Jellal Fernandes.
Enjoy your read!

"Stiles aveva sofferto per anni la perdita della madre. Anni passati a combattere contro incubi che mozzavano il respiro, a cercare con la mano l’interruttore della luce affinché le ombre sparissero e a rifugiarsi nel lettone del padre, quando non era in grado di affrontarle da solo. Non si immaginava nemmeno la disperazione dovuta alla perdita di così tante persone care in maniera così crudele e brutale e per una causa così stupida come il terrore della diversità.
Non si era mai soffermato a riflettere sul fatto che, anche il licantropo che gli faceva così tanta paura, poteva avere un lato umano e fragile. Un lato che non permetteva a nessuno di vedere… esattamente come faceva lui, d'altronde."
Stiles viene rapito dagli alpha, ma, quando si sveglia nell'ospedale di Beacon Hills, non ha alcun ricordo di ciò che è successo durante il sequestro. Ciò lo porta a lavorare a stretto contatto con Derek che sembra intenzionato ad aiutarlo nel recuperare la memoria, tuttavia, entrambi non hanno calcolato le complicazioni collaterali, ovvero le macabre allucinazioni che l'umano sembra avere all'improvviso e un'attrazione reciproca che non sanno come gestire.
[Sterek, ovviamente]

[...] Non essere utile a nessuno, perché tu non sei un eroe: sei solo un ragazzino travolto da eventi più grandi di te che ti stanno trascinando a fondo lasciandoti affondare sempre di più nel torbido. Un essere umano debole che trasale, non appena sente uno scricchiolio fuori dalla finestra di casa sua, che piange ancora di nascosto la morte della madre, quando è celato nell’oscuro silenzio della casa e che deve combattere ancora l’iperventilazione, non appena gli incubi si fanno più spietati. E fa male essere disarmato persino in quelle visioni mostruose – avere le mani legate dietro la schiena con un filo d’acciaio che ti taglia la carne, le labbra cucite fra loro con dei nodi dolorosi e gli occhi incapaci di chiudersi, mentre degli artigli appartenuti a delle figure di cui vedi solo i contorni lacerano il petto di tuo padre, la gola che zampilla fiotti di sangue inondando il tuo viso ed entrando negli occhi facendoli bruciare.
(Sterek)

Buonsalve, Mokona è tornata!
Stavolta con una shot Jerza, una sottospecie di missing moment del capitolo 281, (quindi SPOILER per chiunque non segua le scan), che si svolge quando parlano sotto il ponte...E se i due non si fossero allontanati subito, ma ci fosse stato un altro breve (ma anche no) "scambio di opinioni"?
Dal capitolo:
-"Scusami". Avevi detto.
Solo tu potevi dire qualcosa del genere in quel momento.
Un mezzo sorriso era andato ad increspare le mie labbra.
"Perchè?"
[...] "Perchè ti amo."-
Hope you'll like ^^

- "La sensazione di quel corpo cozzare e scivolare contro il suo, facendolo affondare nel materasso ad ogni spinta insistente, era così diversa da quella che era abituato a sentire fra le mani con i suoi partner occasionali...
Era completamente diversa a quella che desiderava nel profondo del suo animo." -

Lo ami da quando lo hai visto urlare da quel balcone, sfidando il cielo.
Lo ami da quando lo hai inchiodato al muro, minacciandolo, mentre lui si offriva di curarti.
Lo ami da quando ti ha offerto un pasto caldo e un letto senza conoscere nulla di te.
Lo ami da quando, per scherzare, lo hai immobilizzato al letto e lui si è esaltato, con il candore del bambino che era, elogiando la tua forza.
Lo ami da quando lo salvasti per ricambiare il favore, senza renderti minimamente conto che era di nuovo lui che ti salvava la vita obbligandoti a fidarti di qualcuno. Di lui.
Lui. Lui. Lui che è entrato nella tua anima senza chiedere il permesso, che ha annientato le tue difese rendendoti vulnerabile, eppure incredibilmente felice di quella debolezza perché se il prezzo che devi pagare per averlo è essere debole, allora sei disposto ad esserlo per condividere ogni singolo istante di gioia con lui. [Nezumi x Shion]

Lo odiavo con tutta me stessa. E allora per quale motivo pensavo a lui in ogni istante della mia esistenza? Perché non riuscivo a spezzare le catene che mi legavano a lui? La verità, che negavo a tutti soprattutto a me stessa, era che lo amavo. Un amore pericoloso, letale come quell’uomo.

Quel letto doveva avere davvero qualcosa di speciale se era riuscito a tenerli legati per così tanto tempo. Aveva assistito, silenzioso e malleabile, ad ogni loro incontro, e aveva seguito con attenzione l’evolversi della loro storia. Tra le sue lenzuola c’erano state sfuriate memorabili, notti piene di giochi e passioni, e anche qualche pianto.
Ma lui non si era mosso. Era rimasto lì, perfettamente immobile, come unico e indissolubile centro del loro piccolo mondo.
- Legata a "L'appartamento Spagnolo" -