Recensioni per
Insanity.
di Neverlethimgo
Misterioso... mi piace. Effettivamente Miley sembra esattamente l'opposto di Justin, ma come ci hai detto tu non darò niente per scontato. Anche se siamo solo al terzo capitolo la storia mi piace già tantissimo, sono davvero curiosa di vedere le idee che hai per portarla avanti. Il capitolo naturalmente è scritto impeccabilmente senza errori. Grazue di nuovo per i consigli sui libri, li sto già cercando. Detto questo ti saluto con un grandissimo bacione e un 'muoviti ad aggiornare che sono curiosa'. |
Ok. Ok. Ok. |
"Vi dico solo di non soffermarvi a questo primo incontro 'pacifico e normale', con uno come Jason nulla potrà essere normale, soprattutto contando il fatto che lei non sa chi è realmente Jason." c'era bisogno di dirlo, certo Giulia, nessuno l'aveva capito! Diamine sto pirla fra un po' le scaraventava il banco addosso :( |
Aye, scusa il ritardo della mia recensione. Il tipo è leggermente menefreghista eh? Lo immagino piuttosto scontroso e scostante, ma che magari col tempo riuscirà a sciogliersi. Mi sono scervellata ma non riesco a trovare un motivo valido per uccidere i propri genitori, per carità, non che io ci vada d'amore e d'accordo, ma arrivare ad ucciderli.. sarà molto interessante come storia. L'entrata di Miley è un'altra cosa che fatico ad immaginare, ma conoscendoti sarai capace di stupirci. Come sempre è scritto benissimo senza nessun errore grammaticale, questa frase sta diventando dell'inutilità più assoluta lol. Prima di andarmene volevo porti una domanda: non è che hai qualche bel libro da consigliarmi? Sono a corto di letture in casa e sono nella disperazione, leggo di tutto. |
Ciao Giuliettina, eccomi a recensire anche questo primo capitolo! |
Questo capitolo è ancora più bello di quanto mi aspettassi davvero.
Mi piace come hai descritto il tutto e mi piace il fatto che tu sia passata subito al dunque, cioè tre anni dopo, ma che nel frattempo, in poche righe, tu abbia anche parlato di quello che è successo in quell'istituto e di come si fosse sentito Justin a stare lì. E' tutto fantastico, non ho nulla da dire o da evidenziare. Niente errori, lettura scorevvole, insomma tutto perfetto. Mantenni lo sguardo puntato sul muro bianco di fronte a me. Era spoglio e freddo come il resto dell’edificio. Erano passati tre anni dall’ultima volta che misi piede fuori dall’istituto, avevo rimosso ogni cosa del mondo esterno, fatta eccezione per la luce del sole, sebbene la vedessi di rado ultimamente. Sapevo che avrei dovuto trascorrere soltanto altri due giorni in quella prigione, sapevo che mancava così poco alla fine, eppure non percepivo il desiderio di sentirmi libero. Non ero mai stato libero davvero. Ero appoggiato al muro di quel corridoio da ormai dieci minuti, ero arrivato in anticipo, come sempre. Mi avvicinai alla porta socchiusa solo quando fui certo che l’orologio segnasse le tre in punto. Sapevo cosa mi aspettava, ogni singolo giorno ero costretto a recarmi in quella stanza assieme ad una sottospecie di psicologa per malati mentali e, come ogni singolo giorno, le ripetevo esattamente le stesse identiche cose. Ricevevo sempre le stesse domande, pronunciate con la solita voce atona e menefreghista, ma sopportavo e rispondevo. Chiunque mi avesse rinchiuso lì dentro era convinto che tutto ciò mi avrebbe aiutato, che parlarne mi avrebbe fatto bene; speravano addirittura che ciò potesse cambiarmi, ma non sentivo niente di nuovo dentro di me: solo un vuoto. Aprii di poco la porta ed incrociai così lo sguardo della Dottoressa Hayes, non era cambiata – a differenza mia – nel corso di quei tre anni, era sempre rimasta uguale, persino i suoi capelli biondi venivano sempre raccolti in uno chignon sopra la testa. Non credevo nemmeno che fosse invecchiata, era rimasta uguale. Ti giuro che amo il modo in cui descrivi ogni scena, mi sembra di essere lì in quel preciso istante, altra cosa fantastica. “Ciao Jason, entra” mi disse, alzando per poco lo sguardo. Annuii e riportò nuovamente lo sguardo sul blocco che reggeva tra le mani. Sebbene non avessi mai visto che cosa ci fosse scritto su quei fogli, ero sempre stato convinto che vi fossero solo ghirigori senza senso, abbozzati per pura noia, e non ciò che i suoi pazienti le raccontavano. Feci come mi aveva detto e mi chiusi la porta alle spalle. “Siediti” continuò, posando lo sguardo su di me e seguendo ogni mio movimento. Obbedii nuovamente e mi sedetti sul divanetto in pelle nera di fronte a lei, ma senza guardarla in faccia. “Come ti senti oggi?” mi domandò, come ogni dannato giorno. “Bene.” La mia risposta non era mai cambiata da tre anni a questa parte, avevo sempre risposto allo stesso modo e a lei andava bene così, non le interessava. “Ne sei sicuro?” “Sì” risposi con più insistenza, ma non colse il fastidio che provavo. “Tra due giorni uscirai, finalmente” commentò, senza sforzarsi di mostrare entusiasmo, ma non la biasimai, nemmeno io ero solito mostrare le mie emozioni. “Che cosa farai una volta che sarai uscito da qui?” mi domandò dopo alcuni secondi di silenzio. “Non lo so.” “Tornerai a scuola, vero?” Ci pensai per qualche istante, ma ricordai ciò che mi era stato detto alcuni giorni prima. Avrei dovuto tornarci, ma la cosa non m’interessava, né tanto meno spaventava. “Sì” risposi poi, senza mai guardarla in faccia, ma sentivo i suoi occhi puntati su di me e tutto ciò m’infastidiva. Sentii il suono della penna sfregare freneticamente contro al foglio: quel rumore divenne sempre più insistente, tanto da innervosirmi. “Potresti anche conoscere qualche ragazza nella scuola in cui andrai” mormorò, al che sbuffai. “Non m’interessa.” La vidi scuotere il capo e la ignorai, come ogni volta in cui lo faceva. “Hai già deciso dove vivrai?” Chiusi gli occhi e sospirai leggermente. Anche quella era una delle tante domande che mi porgeva ogni giorno, conosceva già la risposta, era stata l’unica cosa che mi ero preoccupato di farle sapere, ma, forse, sperava che cambiassi idea. “Sì, esattamente dove vivevo prima” ribattei, guardandola con la coda dell’occhio. “Intendi nella casa dove vivevi con i tuoi genitori?” “Sì.” Un mormorio uscì dalle sue labbra, sembrava piuttosto incuriosita, ma non me ne preoccupai. “Sei sicuro che sia la scelta giusta?” Mi voltai di scatto verso di lei, i nostri sguardi s’incrociarono per diversi istanti, ma aspettai che fu lei a parlare di nuovo. “Non ti mancano i tuoi genitori?” “No” risposi a denti stretti, sperando con tutto me stesso che quella seduta finisse al più presto. Scostò lo sguardo dal mio e lo portò sul suo orologio da polso. “Bene, a meno che tu non voglia parlare di qualcos’altro, sei libero di andare. Ci vediamo domani se vorrai.” Aspettai giusto che terminasse quella frase, dopodiché mi alzai e lasciai la stanza, ripercorrendo ancora una volta quel lungo corridoio spoglio. Passai davanti a diverse persone, alcune delle quali non troppo diverse da com’ero io, ma ero certo che loro sarebbero rimaste qui più tempo di me. Non avevo fatto nulla per lasciar intendere che fossi cambiato, per loro ero sempre stato il pazzo criminale che aveva ucciso i suoi genitori. Ritornai nella mia stanza, non la condividevo con nessuno a differenza di altri. Mi piace anche come hai descritto questa scena e come hai descritto la dotteressa in generale, è così che solitamente sono quel tipo di persone. Fanno il loro lavoro, ok, ma molte volte sembrano più assenti loro che il paziente e dopo un po' diventano opprimenti. Quasi due anni prima avevo avuto come compagno di stanza un ragazzo poco più grande di me, era pazzo, ma pazzo davvero. Parlava per ore, faceva monologhi senza senso o, almeno, io ero convinto che fosse così. Per i primi due giorni, in cui dalla mia bocca non era uscito nemmeno un suono, credetti di aver a che fare con qualcuno che fosse semplicemente più loquace di me. Di lui non sapevo nulla, nemmeno il nome. Aveva parlato ininterrottamente per due giorni di fila, persino la notte, ed io mi ero sempre limitato ad ignorarlo. Il terzo giorno, quando rimasi in silenzio di nuovo, m’inveì contro, alzando sempre più il tono di voce e pretendendo che rispondessi, ma non lo avevo fatto. Ero rimasto impassibile fino a che non mi colpì con un pugno sulla guancia. Non risposi a quell’attacco, rimasi a fissarlo, ma ripeté quel gesto, colpendomi di nuovo. Mi scaraventò contro alla parete, intento a colpirmi nuovamente, ma qualcuno lo fermò. Qualcuno, al di fuori della stanza, aveva visto tutto. L’uomo che lo allontanò da me era stato lo stesso che quella sera si era presentato a casa mia e mi aveva portato alla centrale di polizia. Dean, si chiamava Dean. I nostri sguardi rimasero intrecciati per alcuni secondi, ma nessuno dei due proferì parola, si limitò soltanto ad allontanare quel ragazzo da me. Da quel giorno non ebbi più alcun compagno di stanza. La maggior parte delle persone presenti nell’istituto era convinta che la colpa fosse stata mia, che avessi in qualche modo istigato quel ragazzo ad attaccarmi, ma non avevo mai fatto o detto nulla per convincerli a credere il contrario. Come ho detto prima, adoro il fatto che tu abbia descritto cosa è successo in quell'istituto precedentemente. Infine, per non stare qui ha copiare praticamente tutto il capitolo hahah, so che sono ripetitiva, ma ti dico: amo il modo in cui descrvi le emozioni di Jason, mi immergo nel personaggio e come già sai, amo questa cosa. Ho come la sensazione che questa fan fiction finirà nelle popolari in poco tempo, perchè non ci sono parole per descrivere quanto sia bella e scritta bene. Anche se siamo solo al primo capitolo e bisogna capire ancora molte cose, ma con il tempo, sono sicura che sarò ancora più sicura su quello che penso ora. Che dire? Alla prossima! Un bacio, Gaia. |
Stavo leggendo la tua altra fan fiction e ho visto che nello spazio dedicato all'autrice hai scritto che avresti iniziato una nuova storia.
Così senza pensarci due volte sono corsa a leggerla, sono consapevole del fatto che hai già postato il primo capitolo, ma volevo recensire anche il prologo, visto che merita. Io davvero non so come tu faccia a scrivere così bene, hai un talento, ma per davvero. Ho letto si e no cinque fan fiction scritte davvero bene e questa è una di quelle. Sono sempre senza parole quando devo recensire un tuo capitolo, perchè sono sempre ripetitiva. Ma credi sia giusto ripeterti quanto tu sia brava, perchè te lo meriti. Non ci sono errori di qualsiasi tipo, altra cosa che amo delle tue storie. Per non parlare della lettura perfettamente scorrevole, cioè wow. Il pavimento della cucina era, in buona parte, macchiato di rosso. Gli occhi color nocciola del ragazzo erano puntati sulla macchia più grande, accanto al tavolo e alle sedie. Era rimasta tale, non si era ridotta, o assorbita, era rimasta la stessa. Il lieve spiraglio di luce, che filtrava dalla finestra della cucina, rifletteva su quella pozza rossastra, rendendola quasi profonda ed era raccapricciante, ma ciò non lo spaventava affatto. Era immobile, sull’uscio di quella stanza, da ormai un’ora. Niente, se non il suono dei suoi respiri pesanti, aveva osato rompere quel silenzio tombale. Il suo sguardo si spostava ripetutamente dalla macchia di sangue più grossa alla finestra di fronte a lui, dalla quale fino a poco tempo prima filtrava ancora il sole. Se una volta quei suoi occhi sembravano colmi di luce, in quel momento erano spenti, tristi e davano l’idea che si sentisse totalmente smarrito. La sua carnagione era ancor più chiara del solito, fatta eccezione per i due aloni violacei che gli contornavano gli occhi. Non aveva chiuso occhio la notte scorsa, né lui, né buona parte del vicinato. Era calata la sera e lui nemmeno se n’era accorto. Non era l’unica cosa che aveva ignorato nelle ultime ore. Questa parte mi ha fatto venire i brividi, cioè ragazza, come fai? Mi fai paura hahaha. Hai descritto tutto alla perfezione e non ci sono ripetizioni, doppio wow. “Non mi aspettavo di trovarti ancora qui” mormorò l’uomo, avanzando verso di lui e lasciando la porta aperta. Il suo tono di voce sembrava sorpreso. Il ragazzo non rispose, lo fissò, studiando attentamente ogni particolare che lo caratterizzava, a cominciare dalla targhetta color oro recante la dicitura Agente Dean. “C’è qualcun altro oltre a te?” la voce di quell’uomo riecheggiò ancora nella stanza. Il ragazzo scosse il capo e, con quel gesto, scostò dalla fronte il ciuffo di capelli color del grano. Ignorando completamente quell’estraneo che ora muoveva alcuni passi lungo il soggiorno, Jason riportò lo sguardo all’interno della cucina, fissando nuovamente la macchia di sangue. Iniziò a muovere qualche passo verso di essa, ma una mano stretta attorno al suo braccio gli impedì di andare oltre. “Non puoi più restare qui” gli disse Dean con tono duro, costringendolo a seguirlo fuori da quella stanza. “Vieni con me” questa volta, la sua voce non sembrò affatto rigida, ma più gentile. Senza proferire una sola parola, il ragazzo lo seguì fuori da quell’abitazione e l’uomo richiuse la porta alle loro spalle. Non appena il suo sguardo si posò sulla volante della polizia, parcheggiata a pochi metri da dove si trovava lui, ebbe un lieve sussulto, ma non per questo oppose resistenza e continuò a camminare, sentendo la stretta attorno al suo polso sempre farsi sempre più accentuata. Non si voltò fino a che non salì in macchina, accanto al lato del guidatore, solo allora i suoi occhi si posarono sulla piccola villetta, illuminata appena dalla luce dei lampioni. Sul suo viso aleggiava un’espressione di indifferenza, chiunque avrebbe avuto difficoltà a capire come si sentiva, persino lui avrebbe avuto difficoltà a spiegarlo. Dentro di sé incombeva il vuoto più totale, esattamente come se fosse stato privato di ogni emozione e, forse, era esattamente così. Nella sua mente vi era solo confusione, immagini sfocate che si contrapponevano ad altre leggermente più nitide. Ricordi confusi e lontani erano gli unici elementi alla quale si sarebbe potuto aggrappare per ricostruire il passato, ammesso e non concesso che – un giorno non lontano – avesse voluto farlo. Altra parte che amo, all'inizio anche io credevo che Jason fosse pazzo, in realtà so che non è così, perché c'è altro sotto, ne sono pienamente sicura! Ora direi che posso correre a leggere il primo capitolo, vedrò di lasciarti una recensione abbastanza decente, promesso! Anche se ho detto tutto in questo prologo hahaha. Alla prossima! (Tra poco) Un bacio, Gaia. |
Io davvero non so cosa dirti...Non vedo l'ora di leggere il capitolo prossimo! E' tutto fantastico, trovo strano-ma unico, il fatto che Justin sia uno "malato di mente" o qualcosa di genere. Di solito Justin e' descritto come un ragazzaccio che fuma, beve, si droga ecc. E' proprio per quello "strano" fatto che sto leggendo questa storia che mi piace tanto. Mi devo ancora abituare a Jason, il suo carattere, i suoi senitmenti, e se poi divento "pazza" come lui non spaventarti. ;) Ho una fissa particolare per le tue storie. Davvero non capisco come trovi tutta l'ispirazione necessaria per scrivere dei capitoli cosi' belli. Credimi, non ti libererai presto di me <3 |
Ciao Giulietta, sono felice che ora tu stia meglio! Non ti dà fastidio se ti chiamo Giulietta, vero? Posso? *occhi dolci* (Recensione modificata il 05/03/2014 - 08:14 pm) |
Semplicemente STUPENDO !!! Siamo solo al secondo capitolo e già la adoro !!! Scrivi benissimo e hai descritto i pensieri di Jason talmente bene che mi è sembrato di essere lí con lui !!! Non vedo l'ora di sapere come va avanti hahhahahha |
Ti giuro, credo che questa sia diventata una delle fan fiction che più amo e una delle mie preferite. |
Oh, il nostro amico è finalmente uscito da quella sorta di ospedale psichiatrico (era un ospedale psichiatrico, vero? ahah) e ora ha deciso di tornare a vivere nella casa dove ha ucciso i suoi genitori.. |
Sono triste. |
Giulia vuoi la verità? Bene, io AMO questa storia. Sinceramente prima non mi sarei mai messa a leggere una storia Reting Arancione così ma appena ho cominciato a leggere questa devo dire che ne è valsa la pena. Eccome!! Sei bravissima a. scrivere e spero tu aggiorni presto!! Muovi il culetto e mettiti al lavoro haha! Sembro una tossico dipendente di questa storia. Sarò la Stalker di questa ff quindi aspettami ad ogni capitolo hah!! #MuchLove |
Ok, io davvero non so da che parte cominciare. |