Recensioni per
Darkness of Desire - Due teli di plastica
di Marlenae

Questa storia ha ottenuto 235 recensioni.
Positive : 235
Neutre o critiche: 0


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Recensore Junior
18/11/17, ore 08:24
Cap. 36:

Una lama che scorre lungo l'intero capitolo. E che sporadicamente taglia anche me che leggo. Mi sforzo di accantonare l'odio viscerale che provo per Bleahmy, devo farlo perché la percezione non sia distratta, distorta non lo è. Come Clarke devo andare a vedere, "let me see you stripped to the bone. Fino all'osso, come quando si analizzano i segni, la loro forma, per capire quale arma li abbia causati. E su di nuovo alla carne, per capire quale bocca l'abbia marchiata. Per vedere cosa ha scolpito lo scheletro di Lexa, chi l'ha ridisegnata. Perché significa trovare una risposta anche riguardo Clarke. Speedball mi ha fatto pensare a Dave Gahan, fin dall'inizio si sente un impercettibile sottofondo di quelle che sono le canzoni di fede e devozione di Lexa e Clarke. Cold contagious dei Bush ha accompagnato questa scrittura, per una strana assonanza percettiva, realizzata nel freddo del primo mattino. Mentre rinfilavo le mani gelate nel cappotto, ho pensato a quell'ultima frase, all'essere altrove di Lexa. Con un altro zigomo malconcio, non aggiungo altre parole.
(Recensione modificata il 18/11/2017 - 08:25 am)

Recensore Junior
15/11/17, ore 23:19
Cap. 35:

Hai avuto la capacità di lavare via dalle nostre menti il reale problema, il reale pericolo al quale tutti loro sono esposti, sin dall'inizio, sin dal primo anelito. E all'improvviso, dal nulla, hai squarciato i due teli della nostra coscienza instillando quello che è l'amaro della morte, della neve che poco a poco andrà a sciogliersi su quel freddo legno.
Anya è morta, con lei una parte di Lexa. Una Lexa che è ridotta ad una fessura, uno spiraglio tra questi due teli pesanti come l'acciaio, caldi come il fuoco che divampa dalle mani di Roan, dalle mani della madre di Anya, anonima come l'etere.
La concentrazione del torbido è affidata alle sue spalle strette, ma non cede, non si piega. Si dissocia. E mi viene da domandarmi se questa non sia la storia di Lexa e la sua dissociazione, dolcemente tossica, la storia di Lexa e la sua triste ossessione.
La storia di Lexa e di come si sia lasciata morire, lei che non ha mai provato ad essere viva.

Il dolore che fai provare è pura fortificazione. Due teli che diventano muri, due muri che diventano barricate insormontabili. 
Attendo un aggiornamento, nel frattempo posso solo immaginare come potrà il loro rapporto evolversi da qui in poi.
Un bacio,
Acrymonia.
 

Recensore Junior
15/11/17, ore 17:59
Cap. 35:

Ho tolto gli occhiali, per essere costretta ad avvicinarmi, per annullare la distanza di sicurezza e toccare ciò che appariva indistinto, sfocato, attutito. Il contatto fisico, la prossimità, la vicinanza, caratterizzano l’intero capitolo. A Lexa serve per spostare la percezione del dolore, dall’interno all’esterno. Riceve la violenza di Roan, dello schiaffo della madre di Anya, senza battere ciglio, quasi abbandonandosi. Inerte, non inerme. Cambia la modalità di ricezione del dolore, ma non c’è riparo, difesa. Nemmeno quando la si cerca consapevolmente. La cocaina sembra rendere giustizia al suo metaforico soprannome. Come la neve, copre qualcosa che inevitabilmente è destinato a rivelarsi col tempo. Come la neve, si sporca di terra, di sangue, di fango. C’è bianco ovunque, con la pretesa di essere luce, spesso un maldestro tentativo di profanare il buio. Il bianco del lenzuolo mortuario che copre Anya. Ho ripensato molto alla scena di Lexa, a quella sorta di saluto durante il quale ci si sente di vivere uno stato onirico. Per questo il tocco. Il contatto, di nuovo. Clarke lo ricerca, con insistenza. E’ un tenere, ma non un trattenere. E’ una presa che non necessita di forza, un intarsio che resiste di fronte alla furia delle parole scagliate contro, alla spinta verso il baratro.
La pena è qualcosa di dilatato, un tappeto sul quale è appoggiato l’intero capitolo. E’ quella che prova Lexa dietro, non dentro, a quel vuoto. E’ quella che adesso sembra pugnalare più di qualsiasi altra cosa. Per contro, sembra quasi di provare una sorta di sollievo, cosa alquanto assurda considerata la situazione. Sebbene Clarke possa aver ragione quando dice che Lexa si rifiuta di sentire, temo che adesso non possa essere di alcun conforto per la ragazza. Il dolore che “passerà” spesso transita per vie molto accidentate e porta via con sé qualcosa. Indosso nuovamente gli occhiali, ma rimango vicina, per sentire.

Recensore Master
14/11/17, ore 12:02
Cap. 35:

Eh..allora.. mi chiedo cosa volesse roan da lexa lui di certo ha colpe tanto quanto lei.. credo davvero che lexa sia persa,come pensavo da la colpa a Clarke per quel momento.. non so se lexa potrà davvero sentire qualcosa, e l’ennesima dimostrazione di Clarke per riuscire a capire se lexa può volerla.. non si può arrendere inzia a farmi pena però 😞 a presto complenti come sempre

Recensore Master
14/11/17, ore 00:43
Cap. 35:

Come sempre un capitolo molto intenso, questa volta la sofferenza è un po' di tutti, non solo di Clarke.
Hai davvero sconvolto ogni schema con questa morte improvvisa, Bellamy è crollato, Roan è impazzito, Lexa si è annullata, e Clarke sente e vive l'angoscia e il male di tutti.
Chissà se adesso le cose cadranno completamente a pezzi, o se in qualche modo lascerai un barlume di speranza per un proseguo difficile e tortuoso ma meno distruttivo.
E qui salutiamo un pezzo marginale ma terribilmente importante di questa storia, yu gonplei ste odon Anya, may we meet again.
Alla prossima, un abbraccio
Pai

Recensore Junior
11/11/17, ore 20:10
Cap. 34:

Forse Lexa è oggettivamente odiosa ma non lo è..soggettivamente. Io finora, forse a causa di quell'assimilazione delle sensazioni di Clarke di cui scrivevo qualche recensione fa, non sono riuscita ad odiarla. Anche in questo capitolo quel che mi salta all'occhio è il suo tentativo di proteggere Clarke..una prima volta..poi una seconda..poi il non voler essere protetta per la paura di non essere abbastanza per lei…
La scena accompagnata dall'ultimo brano credo sia la più intensa dall'inizio di questa storia..non ho parole per commentarla…solo timore per la reazione di Lexa..la scomparsa di Anya sarà una condanna definitiva o una cinica via d'uscita?

Recensore Veterano
10/11/17, ore 19:40
Cap. 34:

Capitolo scritto ,oserei dire magistralmente, sono diversi capitoli che non commento a causa del groviglio formatosi nello stomaco leggendo le righe di questa storia. Ho letto l' intero capitolo con la paura di chi sa che girando l' angolo da un momento a quello successivo scoprirà una nuova brutta verità e che dire non è arrivato precisamente come mi aspettavo ma è arrivato.A questo punto credo che questo avvenimento possa innescare due diversi cicli di eventi o la catena morbosa dei tre ormai spazzata libererà dalle catene Lexa oppure la farà scivolare in un burrone autolesionista dal quale vedo difficile tornare indietro... Credo che ci siano altre tempeste all' orizzonte e forse più forti di quelle a cui abbiamo assistito e tutto dipenderà dalla reazione della modella.

Recensore Master
10/11/17, ore 19:18
Cap. 34:

ecco..non so perchè ma, sapevo sarebbe successo prima o poi, anche se speravo di no..che colpo per tutti..ora chi recupera più sia lexa che bellamy, sopratutto non vorrei che anya abbia bussato la porta dove si trovavano loro..sarebbe ancora peggio per lexa..complimenti come sempre per la tua capacità nel scrivere capitoli con questi argomenti delicati..

Nuovo recensore
10/11/17, ore 18:36
Cap. 34:

“La regina è morta, lunga vita alla regina!”. Riassumerei questo capitolo così. Non vorrei scatenare una rivolta, ma da lettrice non vedevo l’ora che Anya uscisse di scena.
Si trattiene il respiro per tutto il tempo di lettura, quasi per paura di disturbare quel leggerissimo equilibrio tra Lexa e Clarke, chiuse nel loro bozzolo buio. Perché tutto è così incerto e fragile, giocato sul filo del rasoio.
Mi è piaciuto come hai usato il buio, il rosso e il blu per definire le atmosfere e quando finalmente la luce arriva, acceca con la verità che porta.
Ora mi chiedo quali saranno le conseguenze, cosa porterà questa assenza e quanto il bianco si diffonderà su tutto lasciando solo la sua assenza di colore asettica come scenario.
Complimenti :)

Recensore Master
10/11/17, ore 12:31
Cap. 34:

In questo momento vorrei urlare dalla disperazione come Raven, e prendere a pugni qualcosa come Bellamy. Invece sono completamente indifferente come Lexa per fingere di non sentire, e allo stesso tempo sono disorientata per l'accecante luce di quel bagno appena fuori dall'oscurità come Clarke.
Hai deciso di distruggere del tutto l'equilibrio di Lexa, spezzando il suo triangolo sicuro, portandogli via per sempre Anya... una scelta coraggiosa, dolorosa, difficile...
Chissà se ora capirà di dover iniziare a vivere alla luce, e avrà il coraggio di lasciarsi aiutare ad uscire dalle tenebre, o se ci sprofonderà del tutto trascinandosi dietro chiunque tenti di starle vicino.
Ogni tuo capitolo è sempre una sorpresa, è sempre inaspettato, sono davvero curiosa di scoprire cosa hai scelto per loro, per noi.
Alla prossima, un abbraccio
Pai

Recensore Junior
10/11/17, ore 11:27
Cap. 34:

La dark room è uno degli svariati specchi nei quali si riflette il racconto. In un gioco di parole tra figurazione e non, è una camera oscura che dal negativo tira fuori le immagini, quasi delle istantanee che sono andate lunghe con gli attimi, oltrepassando i bordi della fotografia. Lo è ancora di più il blindsight, la visione cieca, una sorta di paradigma applicabile fin dal primo capitolo. Apparentemente è un paradosso, ma in realtà, come nel neglect, per cui in un emicampo visivo non compare nulla, il comportamento dice il contrario. Eminegligenza spaziale, la voce pronuncia la mancata percezione dello stimolo, dell’”oggetto”, che invece segue un’altra via, un percorso lungo altre aree visive, percettive appunto. Come quello che accade tra le due donne, dall’inizio. “Non tutto si può processare guardandolo. Non tutto si capisce con la vista”.
E’ in quella stanza che si sono nascosti i colori, è lì che Clarke va a stanarli ed è da quel luogo che Lexa vuole portarli fuori, al sicuro. L’ecstasy bianca, accecante e la polvere che si appoggia quasi sfavillante, non contrastano il nero, non si oppongono, ma lo spalleggiano. E’ in quell’anfratto che si infila Clarke, che provoca con forza inaudita un’esplosione violenta di colore che fa saltare più strati metallici e chimici. Lexa sembra sul punto di lasciarsi andare, di abbandonare per un attimo l’apnea prolungata delle emozioni.
Quella cabina è uno spazio che si è auto-espulso dalle bolge infernali che sono un illusorio paradiso per gli avventori che le percorrono, in tondo, in continuo movimento come la musica sparata nelle cuffie. Le pareti invisibili racchiudono il luogo dove Lexa e Clarke si incontrano, si fondono, si uniscono nell’unico modo in cui sanno e possono fare, come proiettate in un crepuscolo senza più la necessità di una nudità che diventa claustrofobica, coperte solo da un vestito svestito, che al tocco rivela tutti gli elementi che copre nella loro piena essenza.
Nell’ultima immagine, i due teli di plastica sono stesi sul corpo di Anya. L’indifferenza è il salvavita che scatta per il sovraccarico di corrente, per impedire che il dolore travalichi le barriere, non più in una lenta suppurazione ma con una furia distruttiva.
Con l’intenzione di riascoltare Stripped nella versione dei Rammstein, sono incappata nella loro Spring. “Salta. Salvami. Salta, non deludermi. Salta per me, salta nella luce”.

Recensore Junior
07/11/17, ore 12:06
Cap. 33:

Un fiore bianco e la lettura di un capitolo indossando svariati sguardi, che vestono tutti perfettamente, confezionati grazie alla maestria di un abile sarto, il ricordo.
Sembrava la decorazione di una torta, appoggiata sul tavolo da due commensali che guardavano l’ecstasy alla quale più tardi avrebbero richiesto l’estasi. Poche ore dopo le osservavo, appoggiata al muro appena a fianco al bancone del bar, forse potevo avere le sembianze di una Lexa fuoriuscita per un attimo dal proprio involucro. La musica tuonava dalle casse, una ragazza ballava indossando uno slip dal tessuto rilucente ed un serpente come sciarpa. Il segnale era stato il cambiamento delle luci, era scesa dal suo palco improvvisato per scegliere. L’avevo guardata avvicinarsi alle ragazze del fiore, prenderle per mano e condurle con lei per il consueto spettacolo, un quadro di pelli, bocche, anime. Ero uscita e avevo camminato sotto la pioggia forse cercando una risposta in quei rivoli che scorrevano lungo i capelli, sul cappotto e cadevano a terra. Ero furente, come Clarke, e non per le ragazze del fiore. Forse come Lexa, anche la ragazza del serpente si era concessa un attimo in cui era trasognata, quasi catturata in un limbo, per poi tornare ad indossare il suo abito di pelle nuda. Oltre la quale andava il mio sguardo, dalla quale il mio sguardo partiva. Attraversare, due teli, una linea che è un soffio di fiato.
Ho pensato a Clarke che interpreta, vive i gesti di Lexa come se la donna volesse reclamare un’appartenenza, come un voler avventarsi su qualsiasi persona possa riempire il vuoto attorno a lei, per averne il controllo, con un impeto distruttivo. In realtà credo che il comportamento di Lexa sia un’ammissione silente del suo bisogno di Clarke e la necessità di impedire che le emozioni diventino schegge che, a differenza delle spine, per essere rimosse a volte richiedono che la carne venga incisa. E’ Clarke a “pretendere” Lexa, a tirare la freccia per la parte terminale anziché rimuoverne la punta per sfilarla, a tenerla dentro. Mi piacerebbe dire che è perché anche lei ne ha bisogno, ma sarebbe scontato, è tutto molto più complicato e complice.
Era ormai quasi l’alba quando il mio telefono, come quello di Jasper, aveva suonato come una sveglia sghemba. Allora, avevo lasciato ad altre compagne di ventura della nottata il compito di raccogliere i petali del fiore caduti con fragore. Come Lexa, me n’ero andata, di nuovo furente, decisa come sempre a non rivelare nemmeno sotto tortura perché non volevo una corazza estatica. Camminavo con la ragazza del serpente in direzione di un caffè. Ed è così che voglio guardare Lexa e Clarke alla fine di questo capitolo.

Recensore Junior
07/11/17, ore 11:41
Cap. 33:

Incredibile come questa storia mi coinvolga sempre di più, è diventata una dipendenza, veramente, mi immergo nella disperazione del racconto e ne esco ogni volta più disperata.
Spero sempre in una reazione di Lexa, urlo quasi: reagisci, fa qualcosa, cambia! non vedi che Clarke si sta distruggendo per te? ma alla fine lei è questo che fa, distrugge tutte le persone che le si avvicinano e che avvicina ed è inutile forse sperare che Clarke sia diversa per lei? forse lo è, ma questo magari non è abbastnza per Lexa, è difficile capire il suo personaggio, con la smania di possedere tutti ma senza volere poi nulla. Clarke invece sta diventando forse come Lexa? alla fine fa la stessa cosa con Finn, cerca riparo in lui ma non lo vuole, è annebbiata da tutto e vede solo Lexa, vuole solo Lexa ed è tutto in funzione di lei, ed io da lettrice sono in lotta con me stessa,, vorrei che  si staccasse per sempre da lei e da tutti e vorrei che si facesse inghiottire da lei e tutto quello che ha intorno per diventare forse un angelo finto, vuoto e perso. 
Questo racconto mi lascia sempre con l'amaro in bocca, ed è questo forse che mi trattiene e mi spinge a volerne ancora. 
Aggiorna presto! ho bisogno della mia dose. 

ps. non so se hai già utilizzato questa canzone, non so se può piacerti, ma la trovo disarmante "antony and the johnsons - hope there's someone"
(Recensione modificata il 08/11/2017 - 09:57 am)

Recensore Junior
06/11/17, ore 21:39
Cap. 32:

La drammaticità e l'intensità di questa storia erano palesi fin dall'inizio, quel che invece non avevo capito fin da subito è che avrebbe trattato temi importanti..e il modo in cui lo fai rende la storia incredibilmente..vera, autentica!
Ad ogni capitolo ho sempre più l'impressione che non ci sarà salvezza per nessuno dei protagonisti (e il plurale maschile non è casuale, perché è vero che le protagoniste sono Lexa e Clarke ma ciascun altro personaggio comparso finora è curato talmente tanto e bene, che non lo si può considerare semplicemente "contorno"). Ad ogni capitolo ho sempre meno appigli cui aggrapparmi per sperare in un finale diverso. In questo capitolo c'è solo quel "…soprattutto a lei" di Anya e, molto più labile, il pezzo sull'MP3 di Lexa..potrebbe essere solo la speranza di Clarke, ben più forte della mia, a farlo sembrare un appiglio…

Recensore Junior
05/11/17, ore 23:12
Cap. 32:

Un passo a due. Un dialogo continuo che fluisce dai gesti, dagli effetti e dalla materia collaterali. Perdura anche in assenza dell’una dallo spazio fisico dell’altra. Per questo chiunque altro diventa un comprimario, una presenza offuscata, fumosa sullo sfondo. Solo loro due, anche Finn non esiste, come Clarke, vedo solo Lexa. Ritorna prepotente per me, per tutto il capitolo, la figura di Gia.
Clarke dipinge Lexa e al contempo ricopre il proprio corpo. Tolto il vestito protettivo del litio, indossa una nuova pelle dipinta a strati di metamfetamina che la trasformano in una belva, intenta a graffiare con i propri artigli, a lacerare brandelli di Lexa. Sembra quasi di essere sul punto di assistere ad un ribaltamento di “posizione” tra le due e temo il momento in cui la serotonina tradirà Clarke. Gli eventi porteranno Lexa ad osare? Ho la sensazione che possa cadere a pezzi, all’improvviso. Le exit wounds hanno forme diverse. Lexa non è un proiettile rimasto incastrato da qualche parte dentro Clarke e nemmeno una lama conficcata nella sua carne. E’ una freccia che l’ha trapassata ed è stata tirata dalla parte sbagliata nel tentativo di toglierla.
Sì, l’arabo si scrive partendo da destra e procedendo verso sinistra. Quando mi sono fratturata un dito, ho dovuto utilizzare la mano sinistra, scoprendo così la parte di foglio solo quando andavo a scriverla. In questo racconto accade anche questo, come per la “calligrafia” che non è solo un abbellimento o un fattore estetico. Le parole assumono un significato ben preciso perché poste in quella collocazione, con cura, quasi con devozione.
Le parti di testo si intarsiano con la narrazione, “recitano” le emozioni. Quelle che non è in grado di pronunciare Lexa, quelle che rischiano di frantumare Clarke.
I teli sono due schermi bianchi sui quali il colore scivola via senza lasciare traccia.