La Morte fece vagare lo sguardo sul bambino che stava giocando lì vicino. Notò gli occhi cremisi, i capelli candidi quanto la neve e la strana risata che gli dipingeva il volto di gioia: era il perfetto ritratto di Gilbert nei suoi primi secoli di vita.
«Questo piccolino riporterà la Prussia e il magnifico me alla gloria dei secoli passati!»
La Morte lasciò il bambino ai suoi giochi e fissò il prussiano, col suo sorriso spavaldo onnipresente sul volto ormai stanco.
«Ne sono certa, Gilbert.»

Con il lavoro che si ritrovava, quell’uomo, in vita sua, ne aveva viste tante, forse anche troppe. Si poteva dire che aveva potuto studiare ogni genere di essere umano. Eppure, quella notte, quel barista gridava a tutti i venti che mai aveva visto qualcuno così ubriaco.

Moriarty. Moriarty. Moriarty. Moriarty!
Bam, bam, bam, bam!
Uno sparo per ogni ripetizione di quel dannato nome. Uno sparo che, perché no, veniva virtualmente indirizzato verso l’odiato rivale.
«Non credi di aver distrutto il muro di Mrs Hudson abbastanza? »
La domanda piccata di John occupò la mente di Sherlock per pochi secondi, il tempo di soffocare la sua stessa voce con il rumore di un altro sparo.
Evidentemente no, John.

Le farfalle sono nettamente sopravvalutate dalla gente, la stessa gente che le ha rese simbolo di delicatezza, di pura bellezza.
Alla fin fine possiamo ben dire che la gente è stupida. Stupida perché volontariamente cieca.
Perché c’è qualcosa che rappresenta sicuramente in modo migliore tutte quelle effimere verità. C’è qualcosa di ancora più breve, qualcosa di incantevole seppur fatalmente delicato.
Qualcosa come me.
Qualcosa come un fiocco di neve.

Il prussiano sospirò, grato di quell’attimo di pace: niente frecciate, niente bacchettate alle sue dita e niente note stroncate di netto.
C’era solo lui in quella stanza enorme, lui e l’elegante pianoforte nero. C’erano le sue dita che scorrevano sui tasti bianchi e singole note che riempivano il silenzio.
Mentre sorrideva soddisfatto, Gilbert quasi si sentì in colpa di tutti gli altri strumenti ottimizzati dalla sua inventiva. Ma tant’è.
Assorto com’era in quei pensieri che di logico avevano ben poco, Gilbert non si accorse del rumore della porta che si apriva, o di quello di alcuni passi che gli si avvicinavano.

La stoffa leggera delle tende filtrava dolcemente la luce del sole, che con un’innata lentezza sfiorava la superficie degli antichi mobili di quel soggiorno.
Quella stanza, in quel preciso istante, sembrava un’immensa fotografia. Anche la luce perdeva il suo senso vitale, perdendosi in quella staticità che tutto permeava, confondendosi nel suo colore pallido. Sembrava un antico ricordo, inavvicinabile se non con la mente, mentre tutto il resto pareva morto.

La voce rabbiosa di Jhonny gli intasava le orecchie, mentre se ne stava lì a sputare tutte quelle sentenze come fossero veleno. E Sid, insieme al resto dei ragazzi, lo aiutava in quella sua sgradita incursione notturna ai suoi sensi, com’era normale d’altronde.
Se qualcuno avesse mai chiesto ad Arthur Kirkland cosa ne pensasse dei Sex Pistols, la sopracitata nazione avrebbe asserito che la loro formazione era la migliore cosa accaduta al mondo dopo il the e la regina. E magari avrebbe farcito il tutto con qualche entusiasta fuck, come antico retaggio del suo amato periodo punk. E il bello è che era tutto vero.
Arthur li amava nel senso più malato del termine, davvero.
Ma mai, e dico mai come in quel momento avrebbe voluto spaccare il muso ad una o due di quelle canaglie.

Matthew ricordava ancora tutto. Ricordava il buio, la paura, l’incertezza. Ricordava tutto, anche se quei giorni sembravano lontani.

Era un giorno di particolare bellezza quello che gli si presentava. Un vento appena accennato gli solleticava il volto scompigliandogli qualche ciocca castana, mentre il sole splendeva raggiante, contornato dal cinguettio degli uccelli e dal suono delle onde lì vicine.
Nella sua estrema semplicità, quel giorno si stava rivelando a dir poco perfetto…
«Picardie! »
…se solo non ci fosse stata quella cinguettante voce femminile a guastare irrimediabilmente ogni cosa.

Mille richieste di aiuto invadevano disperate il futuro campo di battaglia, al cui centro due figure si fronteggiavano. Se una si mordeva con rabbia le labbra, l’altra ghignava riottosa.
-Attendo la tua decisione, ma ricorda, prima che i miei uomini vengano scalfiti dalle tue armi, tutti loro moriranno.
[Personaggi: Madre Egitto – Sadiq Adnan (Persia)]

1. Write down the names of 10 characters.
2. Write a fic of fifteen words or less for every prompt, using the characters determined by the numbers. Do NOT read the prompts before you do step 1.
1. First time - 4 e 6 (Spagna-Francia)
Dopo quel bacio, Francis capì cosa voleva dire essere le pays de l’ amour.

Egoista.
Solo in quel momento si rendeva conto di quanto fosse egoista.

«Tu credi in Dio?»
Alzò la testa con impeto, gli occhi spalancati e le labbra tese in quello che, nelle sue più sincere intenzioni, doveva risultare un sorriso.
«Rispondimi, credi in un ente- un padre se vuoi. Credi in qualcuno che guida i fili del nostro destino? »
Preso dalla foga, dimentico del momento che stava vivendo, perduto nella sua stessa eccitazione. Guardava ma non vedeva.
«Credi in tutto ciò? »
Mero silenzio accorse in risposta alla sua voce delirante. Silenzio che ignorò con cura. E ignorava le corde che gli sfregavano i polsi, nei suoi movimenti involontari, in quei leggeri spasmi che lo sopraffacevano ogni volta che la sua mente correva in quella direzione.
«Oh sì, io sì. Io ci credo. Credo che la nostra carne sia un mero albergo temporaneo di un’anima. Ci credo, semplicemente. »

«Un’ ottima cena Romanus!» Sciorinava il censore mentre abbandonava un bicchiere di vino in favore di un fico. Ahia. Romanus cominciò a preoccuparsi.

Quando scorgeva sulle piccole dita abbronzate delle fin troppo visibili cicatrici bianche, si chiedeva come potesse accadere tutto ciò.