p0rnfest #12: Nami/Sanji/Zoro, threesome
+ COW-T #9: oscurità
- Intro:
Ci sono segni sul suo corpo che è sicuro di non essere stato lui a lasciare perché lui non corromperebbe mai la sua perfezione con marchi così triviali.
"Ti voglio."
"E lui?"
"Voglio anche lui. Pensi di potermi accontentare, Sanji?"
No. "Sì."

Mathias, Capo Famiglia dei Lazzari, manda Kieran, il suo miglior uomo, a fare una consegna pericolosa al Dannemora, un carcere di massima sicurezza.
Quando Kieran ne esce però tra loro qualcosa cambia, i rapporti di una vita mutano e quello che non doveva venire in superficie, mai, avviene.
Dal racconto:
«Ogni uomo ha un padrone, irlandese. Per alcuni è l'alcol o la droga, per altri un ideale o una religione, per altri ancora è un altro uomo. Pochi sono padroni di loro stessi. Tu che uomo sei? Chi è il tuo padrone?»
«Lo stesso che hai tu, Lazzari.»
Bao scoppiò a ridere, un suono divertito e basso, folle. «No, non è il mio padrone, lui è il mio capo. Io il mio padrone me lo sono scelto tanto tempo fa, e non è lui.»
«Chi è?»
Il sorriso di Bao si allargò, mostrando i denti bianchissimi in un'espressione cupa e folle. «La pazzia, Kier. La seguo e la venero, la amo in chiunque la veda. Mia signora delle atrocità, del sangue, della divertente faccia folle della vita. E tu, tu ne hai tanta dentro. Sotto il tuo visino carino, sotto l'aspetto calmo, tu sei pazzo come me, se non di più.

[DADAroma]
"Poteva sentirlo, mentre con un soffio nell'orecchio, gli sussurrava quel "Ti amo" scritto con mano ferma, nonostante la sofferenza. E pianse. Lasciò che le lacrime scendessero irruente, senza tentare di trattenersi. Takashi era morto, e lui era rimasto. E in tutto ciò non c'era nulla che lui potesse fare."

Kier lavora per Mathias Lazzari, in una New York contesa tra mafia, yakuza e organizacija russa. Obbedendo a un ordine dovrà farsi arrestare e finire nel penitenziario di massima sicurezza di Dannemora, ma qualcosa non quadra e le cose si fanno molto complicate.
Dal racconto:
«Domani, allora?»
«Sì, verranno a prenderti a casa, cosa vuoi di più?»
«Splendido, ma non ti pare che l'accusa sia un po' pesante perché possa uscirmene in un mese? Omicidio, niente di meno. Non mi va di passare le prossime vite là dentro.»
Mathias alzò un sopracciglio. «È tutto a posto, le prove risulteranno inquinate e tu sarai scagionato, mi servi fuori di lì, lo sai. Non ti mandano a Dannemora per taccheggio, Kier, ci serve qualcosa di più pesante anche con i tuoi precedenti.»
«Lo so, ma non mi piace.» Mormorò il biondo, sorridendo poi all'altro in quel modo tutto suo, con un'espressione che voleva dire solo una cosa: mi fido completamente di te.
Sentendosi in colpa, Mathias ricambiò.

Forse suggestionato dal silenzio, la sensazione di essere osservato lo fece voltare a guardarsi le spalle più di una volta. Cominciò a sentirsi irrequieto, possibile che nessuno passasse di li in quel momento? Nemmeno un cagnolino randagio?
(...)
Riuscì a fare circa due passi poi sentì due mani stringergli le spalle e un fortissimo dolore al collo, come se qualcuno lo avesse morso. Con un energico scatto si liberò dalla presa voltandosi e portando una mano al punto dolente: davanti a lui un ragazzo dalla pelle grigiastra, forse della sua età, alto e sottile lo guardava impassibile, come se non gli avesse dato nessun fottuto morso!
“ma sei impazzito? Che ti è saltato in mente?” urlò Gert
l'altro non si mosse di un solo centimetro, pareva aspettasse qualcosa.
Il biondo lo guardò dalla testa ai piedi, cominciava a sentirsi pesante. Sbatté le palpebre un paio di volte, notò che dei fili sottilissimi e candidi uscivano dalle dita dello strano ragazzo, nella sua mentre si domandò qualcosa di indefinito, poi il buio.
.
Gert ha venti anni quando inizia a vivere il suo incubo, il suo incubo striato. Si lascia andare tentando di resistere come meglio crede, poi arriva il Bianco.

Non udiva niente, non vedeva niente. Nelle orecchie solo il rumore affrettato del respiro che gli graffiava la gola sforzandolo ad uscire, negli occhi atterriti e spaventati un velo bianco, un muro che tentava di scalare ma che lo buttava giù, schiacciandolo.
Aveva bisogno d’aria.
Come si respirava?
[KuroKen; Warning: panic attack]

Questa storia racconta di uno dei personaggi che appartengono alla serie "La Tigre dagli occhi di giada". Si tratta di un sociopatico, quindi sarà piuttosto violenta anche se ho cercato di non scendere in dettagli eccessivamente morbosi.
Dal testo:
[...]«Tempo fa mi avevi fatto una domanda, se vuoi posso risponderti. »
«Quale domanda?»
«Quella in cui mi chiedevi di raccontarti del mio addestramento. Di quando ero nei mercenari. Ma credo sia meglio cominciare dall’inizio.»
«Devo essere proprio patetico se vuoi raccontarmi una favola della buona notte.»
«Sangue e violenza: la favola perfetta. Spero tu faccia molti bei sogni dopo averla sentita.» [...]

Cacciatori di mostri, una professione, nulla più, anche se per pochi. Solo per coloro che hanno visto il male, che lo hanno sentito sulla pelle, che hanno dovuto aprire gli occhi sulla violenza di un mondo che non è quello che tutti gli altri vedono.
Cain e Ariele sono amanti, amici, cacciatori che inseguono una pericolosa e molto fruttuosa preda, un demone millenario, un Incubo. Si nutre di sogni malevoli, asservisce chi cade nelle sue mani in una spirale da cui è impossibile liberarsi ed ecco perché la sua testa ha un valore così alto.
Ma quel demone ha qualcosa di strano, che i due cacciatori non avevano avevano calcolato o anche solo immaginato, e Ariele aprirà le porte alle disperazione, dando inizio a un nuovo incubo in carne e sangue.

[...]Gaee'Langríth era stata costruita in un crepaccio che sprofondava nel cuore della terra.
I quartieri erano suddivisi in anelli: più si scendeva più ci si avvicinava ai sobborghi e alle miniere, mentre nelle zone più prossime alla superficie si trovavano i palazzi nobiliari e quello dei regnanti. L'anello dei piaceri in cui si erano diretti per cercarlo si trovava più o meno a metà della città.
Mentre l'elevatore proseguiva la sua lenta salita, Larsen osservava gli archi acuti delle finestre e i vetri colorati dei portici da cui filtravano le luci. Lanciò rapidamente un'occhiata verso il basso: il pozzo nero si apriva sotto di loro senza che neppure una piccola luce si riuscisse ad intravedere.[...]
[Storia scritta per il contest Legendary Tales, indetto da Yuko majo. Terza classificata]

[Fa parte delle OS correlate alla long Gèadh]
A volte per dimenticare serve sperare.
Primo incontro, prima volta tra Ruis e Foglia.

Voi avete mai pensato, che una stella possa piangere e perdere sangue?
Io sì e da questo alquanto strano perchè è nata questa mia prima One-shot!
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(tratto dal testo del primo capitolo)
"Siamo nati nel Cielo, ma la nostra forma attuale è stata creata sulla Terra.
Siamo nati in questo villaggio. Nell'acqua fredda di una piccola fontana accanto alla cattedrale.
Due minuscole gocce come noi si sarebbero sicuramente disperse nell'acqua, e non avremmo lasciato traccia.
Invece per qualche strano motivo non ci scogliemmo."
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Se vi ho incuriosito leggete il resto!
È la mia prima storia che pubblico quindi Pls siate clementi!
Un bacione Ran(occhia)-Chan

[Galaxia (yaoi webcomic)]
V-113.
Classificato come uno tra gli asteroidi più malfamati di tutta la galassia a causa di tutto il traffico di droghe, armi e prostituzione legalizzati dal sovrano stesso è controllato quasi completamente dalla lega Osmion, che agisce secondo le direttive del Re. Chiunque ne entri a far parte avrà accesso pressoché a qualsiasi cosa necessiti o gli sia utile, tale è il potere della lega. Ovviamente, entrare è tutto tranne semplice. E ancora meno semplice è scalare la gerarchia per riuscire a ottenere una posizione elevata. Più si va in alto, maggiore è la libertà decisionale che viene concessa, fino ad arrivare al leader della lega, il quale risponde del suo operato solamente al Re.
L’attuale capo di tutta l’Osmion si trova in questo momento al mare, in vacanza sulle scogliere di V-113.

Prima di una serie di OS rosse collegate a Gèadh

Un microprequel su un personaggio della mia long "La tigre dagli occhi di giada"
12 febbraio 1994, Hong Kong
Il cancello produsse un forte stridio metallico scorrendo sui binari. Sembrava quasi aprirsi al sole dopo molti mesi di pioggia. Jieh alzò gli occhi al cielo, poche nuvole correvano veloci, oscurando per brevi attimi la luce.
«A presto, ragazzino» scherzò la guardia all'uscita del carcere. Il ragazzo si limitò a stringere gli occhi e a varcare la soglia. Si voltò per un attimo, solo per guardare un'ultima volta l'edificio di cemento alle sue spalle, e lesse il cartello appeso alla recinzione esterna: Cape Collinson - istituto di minima sicurezza.

Dolci parole di sofferenza sussurrate danzando sotto un albero morto