Cinquanta diverse flash-fic. Cinquanta diversi luoghi. Cinquanta diverse indicazioni. Cinquanta diverse emozioni. Cinquanta diversi Ruki.
[Scelte] “Sei un fallito.”
[Mesi] "Ma aspettando si muore. Perché il tempo è carnefice e silenzioso affila le sue lame."
[Morte] "Mi hai trattato come una puttana, ma io ho goduto come una vergine."
[Nero] "Il nero era una tela aliena da ogni forma artistica, sopra cui quindi si poteva meglio esprimere tutta la gamma di pensieri che un sedicenne rabbioso e inquieto tramutava in creazione attiva."
[Morte (II)] "La mancanza di Isshi si era palesata irriverente, pungendo di un gelo acuto e ribelle, come di brina che si posi su un’epidermide sottile –pelle di bambino."
[Famiglia (II) + Avviso] "C'era quella città profumata, fatta di mercati e strade assolate e ponti sospesi sul nulla delle onde in risacca, come un vecchio orologio claudicante, ogni tanto mancava un ticchettio."
[Passi] "Allora, abbandonando tutte le sciocche paure e le futili scuse, aveva afferrato il lenzuolo e l'aveva tirato fino a nascondercisi sotto, assieme a Ryo."

Stava correndo, correndo veloce. Il fiato gli mancava, arrivava come stilettate di ghiaccio nei polmoni. Intorno cadeva la neve. Il bianco lo accecava nella sua folle fuga, lontano, lontano da quel posto. Si voltava di continuo, nessuno lo stava seguendo. Continuava a scappare. Non poteva correre più veloce, avrebbe voluto. Era braccato.
Come un uccello in gabbia. Il cacciatore lo stava seguendo.
«La visione decade.»

Come Wakaremichi è una serata d'estate, di quelle malinconiche che sanno di arance essiccate e brezza. Come Untitled è il cielo notturno, le sue stelle, l'aurora rosata che porta cambiamento.
Come Vortex è un tramonto travolgente, Cassis un tenue vespro.
Ogni istante per me è prezioso, così come per quei due ragazzi che si tengono per mano.
Forse è il vento caldo, la sabbia, tutta questa vita, questa freschezza. O forse sono i due ragazzi che camminano per mano, proprio laggiù. Sono carini, sorridono. Hanno indosso delle semplici divise scolastiche, la giacca nera dal colletto rigido è stata sbottonata e la camicia è per metà fuori dai pantaloni. Sulle spalle hanno due zaini grigi. Non mi è difficile capire che hanno bigiato. Ma sorridono.
-Non dimenticare il calore che sentivo-

Se penso che proprio grazie a lui ho scoperto l’amore per la musica, quando ero un ragazzino passavo ore e ore a guardarlo alla tv, a sentirlo alla radio e sapevo ogni sua canzone a memoria; le cantavo tutte sotto lo sguardo di disapprovazione dei miei genitori. Loro volevano qualcos’altro per me, qualcosa che però non sono riuscito a dargli comunque anche non inseguendo più il sogno di diventare musicista; non sono mai diventato dottore e ormai si sono messi il cuore in pace.

Mi sento una falena. Io, spirito della notte, che segue la luce come un affamato seguirebbe un pezzo di pane marcio. E lui, lui il ragno nella sua tela invisibile. Che mi cattura e non mi lascia più andare, chiudendomi nelle sue spire di seta.
«Dovrai essere mio, dimostrarmi che l'umanità non è fatta di vermi, che le puttane possono essere principesse.»

E’ la verità... si, sono anche un po’ vanitoso, un altro difetto forse, da aggiungere alla lista delle cazzate che mi caratterizzano. Se riuscissi a rimorchiare almeno un po', forse riuscirei a soffocare l’amore che provo per Reita, che ormai non sopporto più.
ReitaxRuki

Io non sono un rifiuto, io non sono sbagliato. Chiudo gli occhi e vorrei dispiegare le ali ed andarmene, volare via, essere libero.
Ma sono bloccato qui, nell'oscurità. E solo la luna mi benedice, mi bacia, mi sfiora, come fossi suo figlio.
Mi piace - Penso - Essere un figlio della luna

Akira è un ragazzo solo, costretto dalle circostanze a crescere troppo in fretta e ad imparare sin dall'infanzia a badare a sé. Ma nel cuore porta grandi sogni e speranze che lo spingono ad alzarsi ogni giorno con un nuovo sorriso ricco di fiducia.
Takanori è altrettanto solo, circondato da persone false e conformiste, burattini senz'anima. L'esistenza sfarzosa e meccanica che vive lo soffoca e lo disgusta, rendendolo freddo e scettico verso tutto.
Due mondi distanti anni luce che si incontrano in una sera di primavera ed inaspettatamente si fondono l'uno con l'altro.
Un amore potente che si trascina negli anni tra gioie e sofferenze e che resiste al tempo e alla distanza.
Ma allora perché adesso si ritrovano l'uno contro l'altro? Perché in una notte di tempesta paiono arrivati al violento epilogo di quell'amore eterno che si erano giurati?

Non sono mai riuscito a capire com’è che una persona possa essere felice di avere tutto da perdere, ma ora capisco che, molto semplicemente, le persone sono felici e basta, quando sono innamorate. (...)
Perché tu non sei come gli altri. Perché noi non lo siamo. (...)
Esattamente come tutti gli stupidi altri.
I personaggi non mi appartengono, nulla si ispira a fatti realmente accaduti.

Allungo la mano per cercare la maniglia e fuggire da questo posto, già mi figuro di andarmene dalla festa e correre a casa, si, giocare a qualche videogioco tutta la notte e calmarmi.
“Iiiw” mi lascio sfuggire, con una smorfia, quando sento una mano chiudersi attorno al mio polso e attirarmi verso il padrone del corpo. Faccio vagare gli occhi terrorizzato nel buio mentre vengo trascinato senza molto garbo nella massa informe di persone, e poi oltre un'altra porta. La salvezza? No.
Mi trovo solo in una stanzetta nella semioscurità, e sono costretto a schiudere gli occhi per poter mettere a fuoco tre ombre piegate le une sulle altre.
Alla mia Miss. Shiroyama

Afferro la seconda vite, poi la terza, la quarta e così via, fino a ricoprire ogni spazio tra le dita di mio fratello. Lui non desiste, continua a gridare, anche quando la voce non c’è più, continua a gridare con il fiato, e le lacrime e la saliva, mio nettare, continuano a scendere. Decido di posizionargli uno specchio davanti, non potrà beneficiare della sua immagine quando dorme, ma almeno può contemplarsi mentre soffre, dovrebbe ringraziarmi, gli sto regalando il suo dolore.

Si aggrappò al muro portante; un groviglio di sentimenti confusi e di pensieri inespressi gli asserragliava la gola, impedendogli quasi il respiro. Le unghie, già lacerate, stridevano al contatto con la ruvida parete. Gli artigli in frantumi di una tigre morente.
‘Non attaccherà’
Ma la campagna già odorava di morte.

Ruki si girò verso Reita, sospirando. Erano rimasti da soli, gli altri erano rimasti imbottigliati nel traffico per la neve, e li avrebbero raggiunti solo l'indomani, usciti dall'albergo.
Con un sospiro prese coraggio, chiedendo quell'unica cosa che non avrebbe mai e poi mai chiesto. Era il momento adatto. Sapeva che altrimenti avrebbe taciuto per sempre.
Dischiuse le labbra, chiamando a sé il coraggio, e chiese, in un filo di voce: “Facciamo l'amore”

I miei capelli biondi sono ancora più chiari, sporchi e slavati. Si stanno scolorendo. La pelle mi si sta seccando, le labbra sono spaccate. Gli occhi cerchiati di rosso e di nero.
Alzo il braccio, e con quanta forza mi resta do un pugno al vetro. Sento i frantumi penetrarmi le nocche, poi una crepa molto simile ad una ragnatela spezzata inizia a diramarsi sul mio riflesso. Mi taglia in tanti piccoli me, che mi guardano, con occhi di fuoco.

Neve. Penso con un mugolio mentre mi giro su di un fianco, fissando con occhi assonnati la porta della stanza. Dietro di essa ancora sento il vociare confuso dei miei altri band-mates.
Dopodomani voglio la neve.
[...]
“Aki-chan” gli sussurro, mentre saliamo in macchina. “Mh?” “Fatto buon viaggio?” “Oh si” lui mi passa una mano sulla coscia mentre metto in moto e faccio retromarcia. “Taka... mi sei mancato tanto, lo sai?” “Anche te mi sei mancato, scemo”.