Ciao Merryl!
Non ho saputo resistere al richiamo di una AU storica e ho cominciato la lettura di questa long. La sinossi mi ha subito catturata: il tema della morte è ancestrale, accompagna l'uomo già dalla nascita ed è senza dubbio il suo principale anatema, l'altra faccia della vita, un argomento da esorcizzare e che si tende a mettere da parte, proprio perché: “c'è tempo per pensarci al momento debito”. Qui abbiamo un rovesciamento di questo pensiero solo parzialmente rassicurante: Sasuke non ha neanche i momenti presenti, perché gli rivelano una possibile conclusione prematura della sua presenza fra i vivi e sono costellati da stati di malessere e di perdita di conoscenza. Inoltre, scopre a sue spese che non si è mai preparati ad abbandonare la propria esistenza e a saltare nel vuoto.
Nonostante l'esordio sia drammatico e ricco di un'incertezza che solo l'angoscia sa donare, il clima e gli avvenimenti mi hanno subito travolta, sommersa e poi immersa nel racconto. Sasuke è nei panni che siamo solite attribuire a Itachi: un corpo giovane già provato dai segni di un male che lo sta distruggendo lentamente e che lo rende altro da se stesso. Se con Itachi abbiamo saggiato questa verità in maniera più “velata”, coi non detti, tu mostri una fetta plausibile di quello che è il mondo agli occhi di un malato. Per un degente, consumato dalla voglia di vivere e costretto al compromesso della sofferenza fisica, ciò che lo circonda ora è invidia di quell'universo che continua a roteare accanto a lui, con una forza vitale tanto potente da scoraggiare; ora è il paradosso di questo mondo che improvvisamente diventa assente, quasi sottrattogli alla vista, come se non fosse mai appartenuto a chi è cagionevole di salute.
È un quadro che vibra di una drammaticità commovente e cruda in tutta la sua spietatezza: si coglie la sofferenza di Sasuke, senza che questa venga resa con dell'inutile patetismo; il suo bisogno di superare il male è nitido, sincero e per questo è un colpo dritto al cuore. La sua vulnerabilità lo rende umano, facilmente riconoscibile, e per certi versi ne sottolinea la tragicità, l'inevitabilità della sofferenza, che è la sola a poter dare risalto alla speranza di un lieto fine. Ho scritto di speranza non a caso, perché trovo che fra le righe, nelle tue parole che si inanellano in maniera armonica, c'è uno spiraglio a quest'emozione: traspare dai personaggi, dalle loro testarde azioni, dai piccoli dettagli fisici (il lampo negli occhi di Ino, che è malattia, ma anche un ancorarsi cocciuto alla vita, un mezzo per far credere alla sorella di star bene, di essere “migliorata”; mentre lo sguardo clinico di Sakura percepisce subito la serietà della situazione, per mezzo di un atteggiamento materno, empatico, affettuoso). Questa speranza è ravvisabile anche nello stesso Sasuke: la forza di volontà lo costringe a resistere, col fine di trovare il fratello maggiore, scomparso senza fornire spiegazioni per la rinuncia al titolo e alla stabilità del casato. Il “conto in sospeso” è altro motivo di tormento, di tumulto interiore per il protagonista
Mi concentro di nuovo su Ino, perché trovo che tu riesca a gestirla in maniera profonda: è un personaggio meritevole di dignità e di attenzione, che qui ritroviamo nei panni di una sorella gemella (e per la seconda volta trovo davvero buoni i tuoi adattamenti, poiché vanno ad approfondire o a legare maggiormente ciò che nell'opera di Kishimoto viene a mancare in dati punti: l'interazione e lo sviluppo delle relazioni fra i personaggi, la loro prossimità a livello emotivo). Il suo comportamento lascia dedurre ciò che prova per le circostanze venutesi a creare; a differenza di Sasuke, però, Ino affronta la malattia in modo opposto, anche perché conscia e sensibile alle azioni della madre e della sorella, costrette a lavorare sodo e a occuparsi di lei. Nel periodo tardo-ottocentesco, ciò si traduce in una mole di lavoro in termini di tempo e di fatica che è complicato sostenere umanamente; da questo particolare, elegante e non gettato in faccia al lettore, si comprende come la famiglia di un malato possa logorarsi assieme a lui e combattere, andare avanti facendo appello alla forza della disperazione.
Sasuke è invece ravvolto nel calore datogli da Kakashi, che può apparire a prima vista come un tipo di fedeltà esclusivamente dettata dal senso del dovere, implicito nella personalità di Hatake, o rapportabile alle norme comportamentali della sua professione; a conti fatti, però, notiamo il cedimento di Kakashi alle emozioni più impulsive, quel suo fare paterno, da fratello maggiore. La sua è una breve apparizione, introduttiva nelle tue intenzioni, ma che si presta a delineare l'ossimoro fra il ruolo di servitore e quello più genuino della presenza amica, che sa occuparsi dell'altro pur vedendolo al minimo delle forze. È uno spettacolo orribile, quello di assistere all'appassire di una persona, perché implica la completa incapacità umana di contrapporsi a eventi irreversibili e svela come l'uomo sia ben poca cosa all'interno del mondo, come il conforto possa ridursi a un semplice palliativo.
Eppure, l'umanità di Kakashi accompagna questo ragazzo, il suo Duca, senza lasciarsi abbattere dalla meccanicità a cui la condizione di Sasuke lo ha abituato. La preoccupazione di Kakashi rimane sincera, nonostante abbia assistito più volte alla medesima scena: dai una prova di grande “compassione” (nel senso etimologico del termine), cioè, di quella comunanza, di quel “soffrire insieme”, che è dividere le pene con l'altro e portarne il peso, senza riuscire a viverlo sulla propria pelle e quindi a penetrarne l'anima. Kakashi è una mano silenziosa, che evitando di usare le parole e agendo per il benessere di Sasuke, mostra il proprio affetto, non l'”attaccamento”.
Si è confermata la mia prima impressione sul tuo stile: piacevole da leggere, accattivante nei particolari e dotato di un intreccio trattato in maniera tale da non rivelare tutto subito: ottimo!
Gestire la Storia non è semplice: personalmente, credo che sia facile scadere nelle didascalie, nell'affidarsi a cornici narrative più decorative che funzionali alla trama, che hanno poco a che fare con il vissuto dei protagonisti. Gli esseri umani "comuni" vivono la loro esistenza subendo la Storia: sono loro stessi un capitolo di un libro incompleto e soffrono di avvenimenti più grandi di loro, che nelle fiction, spesso e volentieri, tendono a lasciar impallidire la loro individualità. Ne risulta uno squilibrio fra la volontà di dare realismo e di spiegare, anziché mostrare gli eventi e le loro conseguenze; e i personaggi rischiano di finire sul fondo, appiattiti dal contesto socio-culturale dell'epoca di riferimento. Nella tua fiction questo non accade e l'importanza dei dettagli storici non è pomposa né volta a mostrare tutte le ricerche che hai compiuto né le conoscenze acquisite; sia la documentazione sia l'inserimento degli indizi, con rimandi inerenti l'ambientazione, sono stati gestiti con sensibilità e buon senso del loro posizionamento, lasciando che lo svelamento delle singole situazioni, in cui versano Sasuke e Sakura, sia scandito da tempi del racconto.
Talvolta gli elementi storici scaturiscono attraverso le parole e le battute di dialogo; in altre occasioni ce li mostri tramite le azioni dei protagonisti, che interagiscono fra loro secondo una gerarchia di ruoli ben delineata, come suppone il contesto inglese del periodo; infine, utilizzi le descrizioni degli ambienti così opposti da svelare una duplice solitudine: da un lato la magnificenza dell'abitazione di Sasuke induce a sentire il peso opprimente della sua malattia; dall'altro, Sakura che è così colma di amore e ha fatto quadrato attorno a madre e sorella, dopo la perdita del padre, risente della possibilità di perdere anche Ino. In entrambi i casi, la paura di restare da soli, di non avere i mezzi per reagire né la forza di impedire a un avvenimento di accadere, rivela tutta la propria gravità. Hai saputo dare delle pennellate spontanee sulla connotazione di un'epoca dura, soprattutto per la condizione della donna e delle minoranze (i malati, i poveri, i lavoratori nelle fabbriche). Dal testo si percepisce tutta la spossatezza e il sacrificio vano di due donne che lottano e resistono per tenere in vita un membro caro della propria famiglia, cercando di fare fronte comune ai loro problemi.
La chiusura è efficace e straziante: quella lacrima, che sfugge al controllo di Sakura e le riga il volto, una piccola resa, una crepa nella sua ostinazione dinanzi agli scarsi risultati ottenuti, assume un significato trasversale. La sua sofferenza è lucida, tratta da un ragionamento razionale e cristallino; d'altro canto è il primo sintomo del suo essere esausta, messa in un angolo contro il tempo e preda delle prime paure. Il futuro è incerto per lei tanto quanto per Ino; le condizioni finanziarie consentono a stento la sopravvivenza e sottointendono l'ingiustizia alla base della vita: fra chi ha tutto, ma è nudo di fronte alla morte, e chi non ha nulla e si ritrova altrettanto vuoto di parole dinanzi alla "nera signora".
Ancora complimenti per la storia,
a presto! |