Nishinoya conosce il suo punto debole.
È piccolo.
Non basso. Piccolo. Gracile. Con il suo corpo pieno di bruciature da sfregamento, i segni di due anni trascorsi a gettarsi a terra per fare in modo che la palla restasse connessa.
Adesso che è solo, l'essere piccolo e insignificante diventa un muro insormontabile, che si para davanti a lui in qualsiasi direzione si giri. È il suo vaso di Pandora. Gli fa mancare l'aria.
(Non riesco a smettere, aiuto-

Lui è qui.
Non può essere andato via. No. Sta tornando a casa con la sua bicicletta, non si è girato a guardarlo, non sta ignorando il suo richiamo tardivo- ha notato quella macchina e non ha preso il volo, come fa di solito sul campo, non è atterrato con quel rumore orribile che proviene dal suo collo. No.
E Tobio, che era lì davanti, non gli è corso incontro urlando come un ossesso.
Nessuno ha visto.
(Sembravo una persona simpatica prima di rendermi conto che questo fandom è povero di angst
e Hinata va a scuola in bicicletta.

Il ragazzo si mosse. Da sotto di lui emerse un'altra persona, stavolta mora, lentigginosa e con un segno di morso sulla guancia destra.
«Cosa succede, Tsukki- ?» mormorò, confuso. Lo specchietto mostrava un viso ancora infantile che probabilmente non si era reso conto di che guaio avesse combinato gemendo un po' più forte del dovuto.
«Sta' giù, Yamaguchi!» sbottò l'altro.
(Su prompt: baci sul sedile in fondo.

Hinata si deterse il sudore dalla fronte, incredulo.
«A-abbiamo vinto, Kageyama!» esclamò raggiante, girandosi verso il compagno. Un sorriso gli fendeva il volto da orecchio a orecchio.
«Abbiamo vinto davvero!»
(Su prompt: danza della vittoria.

«Credi che questa gonna mi stia bene, Tada-chan... ?»
Yamaguchi si tirò il colletto della divisa. Improvvisamente sembrava troppo stretto, e premeva sulla sua giugulare (e sul pomo d’Adamo) come volesse soffocarlo. Un piccolo rivolo di saliva colava da uno dei lati della sua bocca vergognosamente aperta.
(Su prompt: fantasie erotiche.

Annabeth è andata a casa un'ora fa, a mezzanotte e mezza; dopo un piccolo, minuscolo bacio e un "Fai attenzione, ti prego" l'ha guardata imboccare l'uscita di quel posto che sa di candeggina e uscirne come la stessero inseguendo.
Si sta bruciando i palmi delle mani.
Torna alla sua sedia di plastica blu, si accovaccia in una posizione innaturale e porge il caffè alla figlia di Ade. La ragazza apre un occhio, e Percy lo vede sgranarsi; tutte le vene che lo arrossano si fanno più marcate sul bianco della cornea, come se stesse cercando di metterlo a fuoco, ma tuttavia allunga una mano e prende quella schifezza abbozzando un ringraziamento con voce impastata.
Il silenzio torna a farsi strada, prepotente, fra i due semidei. Il moro si guarda intorno, inspira quell'odore di detersivo e, guardando il pavimento illuminato dai neon, soffoca l'istinto di mettersi a gridare.
(Quarta classificata a pari merito al contest "Percnico or Percabeth? This is the problem" indetto da Water_Wolf sul forum di EFP.)

«Non avevi niente di meglio da fare, vero?»
[...]
Ethan non risponde. Si stringe al maggiore, il grembo improvvisamente libero da qualsiasi peso che non sia la coperta, strusciandosi pigramente contro il suo braccio
e improvvisamente la pellicola si fa ancor meno interessante.
(Luke/Ethan | AU | fluff | titolo casuale)

«Ho capito, finalmente» mormorò, sgranando le pupille, al punto che Percy non riuscì più a guardarlo, «Finalmente ci sono arrivato- »
Annabeth scosse la testa, afferrandogli il polso.
«Respira, Ethan- »
Ma il corvino non la ascoltò. Le rivolse uno sguardo felice, quasi, al limite del grottesco, e tornò a volgere lo sguardo al cielo livido. Non c'era neanche una stella. Zoe taceva.
«Mia madre - ha finalmente pareggiato i conti.»

Resta un'ultima cosa da fare.
È un attacco kamikaze. Rapido, deciso, l'azione disperata di chi non ha nulla da perdere.
Accosta il viso al suo, nel punto dove i loro respiri si fondono. Poi, bianco.

Quindici anni. Il tempo come un flash, una barra fra il '34 e il 2014. Aveva troppi anni sulle spalle. Quindici, cinque, settanta precisi, chiari e tondi in quello slash, sbavo d'inchiostro sulla carta bianca. Eppure i mesi erano solo otto, otto i mesi da quando Percy e Annabeth se n'erano andati lasciandoli soli. Gli occhi di Nico, affamati e appannati come quelli di un gattino orfano, guizzavano da una parte all'altra di quelle tombe gemelle.
Non Elisio, ma rinascita. La promessa di incontrarsi nuovamente nella prossima vita.
Solo per sempre. Si era scorticato le dita a furia di accarezzare quella lapide, perché ora poteva toccarla senza essere respinto. Non era Percy. Non era la sua pelle e non era calda. Ma chiudendo gli occhi, poteva diventarlo.
{Pseudo Percnico. Percabeth mancata.
Buon compleanno, Anastasia! ♥

«Sei un idiota» lo sentì singhiozzare, stringendo la stoffa con poca forza, «Sei il peggiore-»
«Insieme, Nico. Insieme. Te- te l'avevo promesso, no?»
Inghiottì un goppo amaro di lacrime e si decise ad aprire gli occhi.
Grosso sbaglio.
Lo sguardo di Nico faceva più male di tutto il resto.
«Non così» un altro mormorio, un altro singhiozzo ingoiato male «Non così.»

{Perché la RinHaru è bella, bellissima, anche quando non c'è.
Rin si svegliò di soprassalto.
Il dolore al petto che provava quella mattina era esploso, e adesso lo sentiva ovunque. In bocca, nelle dita, negli organi interni, alla bocca dello stomaco, un dolore che gli schiacciava l'intestino come se fosse stato chiuso in una pressa.
Aveva sognato Haruka. Come quando erano bambini. Sognava spezzoni della giornata trascorsa, poi correva a dirlo all'amico.
Stavolta era qualcosa che non sarebbe mai successo, e certamente non sarebbe andato a dirlo al diretto interessato. Spalancò gli occhi.

{Ovvero: due volte in cui Connor ebbe un'occasione e la cronaca di come Travis sprecò la sua.
La giornata delle pulizie era un autentico disastro per la casa di Ermes. Ragazzi in pigiami improvvisati correvano ovunque, trascinandosi dietro sacchi a pelo macchiati e frammenti di patatine, lattine mezze vuote e cartoni unti di pizza. Connor coordinava svogliatamente le operazioni di pulizia, mentre suo fratello sonnecchiava in un angolo, con un cappello da baseball calato sugli occhi e le braccia incrociate; briciole della colazione facevano mostra di sé agli angoli delle sue labbra socchiuse. A Connor faceva quasi ridere. Lo scosse forte per la spalla, la schiena piegata in una posizione innaturale.
« Travis, sveglia! ~ »

Ottaviano, dodici anni appena compiuti e le lacrime agli occhi, con le ginocchia strette al petto, piange sommessamente e stringe i denti rabbioso. Non sopporta quegli sguardi pieni di pietà, ma sono la sua unica chance di sopravvivere. Quindi ascolta, esasperato, chinando la testa all'umiliazione quotidiana.
{Cosa mi è successo? Due fanfic in un giorno solo! Miracoli della febbre.
Piccola fanfic su Octavian. Perché non è sempre stato stronzo, una volta aveva un cuore. Ora non più, ma spero la drabble piaccia ugualmente. ~

{Tre piccole drabble. Percnico, Jasnico, sorpresa.}
Percy era la corrente. Esattamente come un fiume in piena, lo investiva e annullava la sua volontà. Lo trascinava verso il fondo e Nico non poteva opporsi - forse non voleva farlo. (...)
Jason era una scossa elettrica. Lo animava di una volontà nuova, sconosciuta, di una smania febbrile e una fretta quasi grottesca. Così tanto desiderio, così poco tempo. (...)
Ma solo adesso si rendeva conto di quanto avesse sbagliato.