Recensioni per
Scattered pictures
di Hotaru_Tomoe

Questa storia ha ottenuto 351 recensioni.
Positive : 351
Neutre o critiche: 0


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Recensore Master
27/10/17, ore 09:43
Cap. 17:

Approfitto di un momento di pausa per lasciare qualche recensione e iniziando da questa storia che, assieme ad altre, ho già letto ieri sera. Dunque, anche questa colpisce e non tanto per il tema trattato, ma per la maniera in cui la storia è scritta e per la profondità introspettiva dei personaggi. Mi è piaciuto molto l'uso della seconda persona, che purtroppo trovo ben poco in giro e che personalmente amo tantissimo. Qui l'ho trovato davvero efficace, come spesso succede nelle storie così brevi, la seconda persona aiuta a dare profondità e vicinanza ai personaggi e a tratteggiarli in una maniera chiara e precisa, pur usando pochi termini. Sherlock è, naturalmente, dei due quello che viene più fuori. Quello che colpisce. Mi ha molto toccata il suo pregare John e implorarlo del perdono, oltre che l'abbandonarsi lì dove John se n'è andato. Mi è parsa un'immagine un po' simbolica, questo cadere addormentato lì dove lui e John stavano e il non muovere un solo passo in nessuna direzione, mi è sembrato come un non riuscire più a vivere senza. O il restare in attesa (anche questo potrebbe essere in effetti). E forse il non volere nemmeno farlo. Sherlock colpisce sempre per i gesti che fa, ma in questo caso a colpire sono le cose che non fa. Il restare fermo e l'addormentarsi a terra. John ne è colpito, e cede. E non tanto per pena o per pietà, ma perché afferra tutto questo e comprende che, l'uno senza l'altro, hanno vissuto già abbastanza. L'ambientazione post Reichenbach e che ipotizza un ritorno di Sherlock a Baker Street, in realtà lascia trasparire un contesto ben più di "comodo" di quanto non sarebbe stato se fosse stato un altro, il loro problema. Mi spiego. Per quanto doloroso o per quanto incazzato John possa essere con Sherlock, se si parla del ritorno dai morti c'è sempre questo dolore, mista a rabbia e felicità che si mescolano insieme dentro John Watson. Se il contesto è questo, si sa che alla fine lo perdona sempre. D'altra parte, è una delle poche cose successe anche nella serie e sulle quali le fanfiction hanno più o meno previsto tutto. Non avevo dubbi che lo perdonasse anche qui. Forse.

Koa

Recensore Master
26/10/17, ore 16:58
Cap. 16:

C'è un "non detto" che sfugge in questa storia. Un qualcosa che si apre a differenti interpretazioni dei fatti. La similitudine alle falene e la simbologia è perfettamente chiara e apprezzabile ovvero John e Sherlock sono le falene che orbitano attorno alla luce, e che vengono divorate dall'oscurità. E dove l'oscurità rappresenta la solitudine, la lontananza e forse addirittura qualcosa di ben peggiore come la morte e il dolore. Fino alla fine ero convinta che il loro "non detto" fosse da intendersi come un amore che sta per nascere, un sentimento che entrambi tengono dentro ma che non riescono a far uscire e questo perché John e Sherlock sono così. Da quattro stagioni non riescono mai a parlarsi come si deve, tentennano e si tengono a distanza, emotivamente parlando. Come se ballassero insieme ma tenendosi a un metro di distanza. Pensavo che fosse questo l'irrisolto a cui pensa Sherlock mentre osserva le falene, poi alla fine c'è un "perdonami" e un "mi sei mancato" che lasciano forse intendere a dell'altro. Non sappiamo se è un post Reichenbach e se si riferiscono a questo, quelle parole. Ma a me piace pensare che sia così. Che da troppo tempo evitino di affrontare l'argomento, di parlare di loro e della lontananza. E che lo facciano adesso, dopo anni. Sotto la doccia. Non so se è così che hai voluto interpretare le cose.

Il tutto viene fuori attraverso immagini molto ben scritte. Su tutto ho apprezzato quella iniziale in cui Sherlock osserva il lampione in strada. Ma anche il suo spogliarsi in fretta e il restare nudo a indugiare sulla porta, all'ultimo momento. Il finale è felice, fa capire molte cose senza soffermarsi troppo. E va bene così.

Koa

Recensore Master
26/10/17, ore 16:47
Cap. 15:

Il buon vecchio e caro Victor Trevor, compagno di merende di Sherlock ai tempi dell'università e qui in una veste più da comparsa o da pretesto narrativo che dir si voglia, che con un ruolo vero e proprio. Di Victor mi fa comunque piacere che sia vivo, il che è una gran cosa. Se n'è andato in India (piccolo riferimento al canone, che mi è piaciuto trovare). Qui Vic non ha una caratterizzazione specifica, perché è più che altro un'apparizione. Un pretesto narrativo che è del tutto inconsapevole di quanto sta succedendo. Mi è piaciuta molto l'ironia della vicenda e l'immaginarmi Victor che assiste a un dialogo che definire surreale sarebbe dir poco. Un dialogo pieno di sottintesi e di riferimenti, in cui i due idioti si scusano e fanno passi da gigante, pur senza parlarsi chiaramente, almeno sino alla fine.

La storia si apre con uno scenario credibile, perché John non sarà forse mai arrivato a niente del genere nella serie, ma di "non sono gay" ne ha snocciolati così tanti che non so più neanche quanti siano. In questo caso però, la consueta freddezza di Sherlock viene lasciata per un attimo da parte e la regina del dramma si fa viva in tutta la sua gloria. Sherlock ha una reazione un pelino esagerata, ma è anche il suo bello. Ciò che si ama del personaggio. Il suo essere sopra le righe ed esagerato, forse anche fuori luogo. In questo caso è chiaramente ferito e quindi non solo se ne va indignato, ma poi usa il sarcasmo per ferire John e pungerlo sul vivo.

Non c'è molta introspezione su John, ma quello che si legge è comunque sufficiente a dargli un quadro emotivo e psicologico valido, molto In character, ma di questo non ne dubitavo affatto.

Sempre molto ironico il risultato finale.
Koa

Recensore Master
26/10/17, ore 16:32

Ho sempre avuto parecchia difficoltà a collocare l'hurt/comfort come genere e ad abbinarlo a un tipo di storie. Cioè, se dovessero chiedermi di descriverlo a parole, forse farei scena muta. Quindi quando ho letto l'avvertimento all'inizio della storia, mi sono detta che era la giusta occasione per avere un'idea più precisa di che cosa la gente intenda. Il risultato è una storia dai tratti parecchio amari e in cui un dolore, seppur non appartenente né a John, né a Sherlock, viene lenito da coccole e da uno Sherlock straordinariamente attento.

Il background che hai dato a una vicenda che ha tutto sommato uno sviluppo molto basilare, dà delle basi molto solide. Il rapporto tra Sherlock e John, saldo e forte, fatto di quotidianità e dell'accettazione delle stranezze dell'altro, è la storia stessa. Storia a cui si aggiunge uno stralcio di vita reale, di quella che viene da fuori e che per una volta sfiora la sensibilità di John. Anche se non dovrebbe, perché è un dottore, ci sono casi in cui non si riesce del tutto a restarne distaccati. Quindi ecco che ha uno scatto d'ira, che è nervoso e distrutto e soprattutto triste. Si arrabbia con Harry e forse tratta un po' male anche Sherlock. Ed ecco che a questo punto arriva la cosa che più mi è piaciuta della storia ovvero la reazione di Sherlock. Da uno come lui ci si aspetterebbe di tutto, ma invece che grandi discorsi, ecco che offre il silenzio. E gesti concreti. Ho amato l'idea. L'aiutare John con atti pratici, con il silenzio e gli sguardi. Con le carezze sotto al piumone e un abbraccio che non sa di consolatorio, ma di una persona che c'è.

Non è molto facile trovare storie che analizzino un rapporto già avviato, di solito ci si concentra sulla prima volta, sullo sviluppo... ma è piacevole soffermarsi anche su momenti come questo di tanto in tanto.

Koa

Recensore Master
26/10/17, ore 16:21

Altra Mystrade, che arriva di seguito alla precedente e che ha tratti meno canon ma più da analisi dei personaggi. La definisci una "Mystrade mancata" nelle note iniziali, e forse io credo sia la descrizione che più si addice a questa breve storia. Non è prettamente una Mystrade, perché non c'è nulla di concreto se non una profonda introspezione. Di fatto è un'analisi di Mycroft e Lestrade, delle loro essenze, tirata fuori da quella che è la mente complessa di Mycroft Holmes. L'analisi è precisa e puntuale. Da perfetto egomaniaco, Mycroft considera se stesso in grado di formulare un'analisi convincente non soltanto di Greg Lestrade, ma persino di se stesso. L'analisi vuole apparire come precisa e puntuale, fatta con distacco e logica, ma più si va avanti a leggere e più si ha la sensazione che Mycroft stia tentando pateticamente di convincere se stesso. Dice di sé d'essere il ghiaccio, Antartica come nella quarta stagione Gatiss si è preoccupato di farci sapere (dettaglione importantissimo e che fa la differenza, eh... XD). Ma in fin dei conti, ciò che sappiamo essere non è altro che una persona che ha forse troppi segreti, sempre costretta a mentire, che vive in un mondo di spie e che lavora praticamente in funzione dei due fratelli che ha. Uno che deve considerare se stesso freddo quanto il ghiaccio. Se l'analisi di se stesso convince per la sua logica falsata, quella di Greg è altrettanto valida. Anche se è visto con gli occhi di chi già è innamorato, la visione di Lestrade lascia a intendere una profonda stima e interesse. Greg non è ghiaccio, e come potrebbe? Lui è neve. E il paragone l'ho trovato estremamente affascinante. Greg con il suo candore, la sua bellezza, il fascino e lo spiccato senso di giustizia vengono paragonati a un qualcosa di puro come la neve. Mycroft ne è affascinato, e si vede. Ma dato che si chiama Mycroft Holmes deve sempre fare il difficile. Io non credo affatto che finirebbe col contaminarlo o col farlo diventare come lui. Il pensiero sottintenderebbe che Mycroft sottovaluti l'intelligenza e il carattere di Greg, nei fatti però io credo che la faccenda sia un pelino più complessa. E qui sta il pazzesco IC. Mycroft è una persona contorta, molto e qui pare evidente il suo essere abbastanza (molto) spaventato da quello che potrebbe diventare lui per primo, se si lascia andare all'amore. Quindi, fondamentalmente, è un cretino innamorato... XD

Il finale è molto simbolico e a mio avviso si apre a più diverse interpretazioni. C'è il desiderio di proteggere Greg e non soltanto dalla pioggia, però il gesto che fa e le parole che dice (poche e ben calibrate) potrebbero lasciar intendere o che 1) Mycroft ha ceduto a quello che prova oppure 2) che Mycroft lo proteggerà sempre, specie da se stesso, anche se da lontano e anche per cose banali come una pioggia. Io propendo per la seconda visione, e questo si rifà anche alla "Mystrade mancata" di cui si parlava all'inizio.

Tirando le somme, fanart che non conoscevo e dalla quale hai saputo tirarne fuori un qualcosa di pregevole. Come dicevo anche per "Attimi", per esser stati questi i primi esperimenti sulla coppia, non sono affatto male. E soprattutto se si considera che siamo pre terza stagione, se non erro.

Koa

Recensore Master
25/10/17, ore 15:53
Cap. 12:

Leggo nelle note che questa è la tua prima Mystrade, non so che senso abbia dirlo adesso e dopo quattro anni, ma per me te la sei cavata alla grande. Beh, sulla Mystrade nelle recensioni e pareri, non ho mai avuto la mano leggera, tant'è che oggi preferisco chiudere e non dire nulla, invece che lasciare critiche. Ma se dico che per me il lavoro è ben fatto, allora credimi che lo penso davvero e non lo dico tanto per dire. Io ho una specie di venerazione per la Mystrade, ne ho lette per davvero di ogni e credo che per essere considerata buona, non debbano mancare quelle che sono le leggi fondamentali (emanate da me medesima e a cui forse non frega a nessuno - anzi senza "forse"). La prima riguarda le dinamiche tra Mycroft e Lestrade. Si deve percepire il divario e non solo quello caratteriale o intellettuale, ma soprattutto quello sociale. Greg è un uomo, per quanto mediamente intelligente, estremamente ordinario in quanto ad abitudini. Ama cose basilari, come la birra e il calcio... per dirne due a caso. Mycroft è di un altro pianeta e con l'andare avanti delle stagioni, tutte le ipotesi che ci eravamo fatti su di lui anni fa, si sono rivelate corrette. Mycroft usa un certo linguaggio, è ligio a una certa routine, ha molte fisse... frequenta gente e ha passioni che con Greg Lestrade non c'entrano nulla. Il modo di gestire una relazione è per forza di cose agli antipodi. Per questo dico che l'hai centrata in pieno, Greg che viene avvertito da un messaggio anonimo di luogo e ora, che deve seguire un iter particolare... come se fosse una cosa tra spie. Greg che non capisce bene, ma che accetta le condizioni perché tutto sommato gli va bene anche così. Insomma, la Mystrade c'è ed è IC. Mycroft usa un certo linguaggio, bevono tè... per me hai fatto un ottimo lavoro.

Ah, apprezzabile sia la fanart che la scelta musicale. Leggere la storia con quella come sottofondo, dà quel qualcosa in più.
Koa

Recensore Master
25/10/17, ore 15:27
Cap. 11:

Storia interessantissima, molto originale e che prende spunto da una fanart altrettanto bella. Anzitutto, sono rimasta piacevolmente sorpresa dal pov di Sherlock, scritto in prima persona. Lo voglio sottolineare perché non è un qualcosa in cui si lanciano in molti e anche quando ci si prova, non a tutti viene bene. Non ti sei lasciata distrarre da certe trappole narrative esagerate o da sintassi e lessico complessi, ma hai mantenuto una narrazione fluida e ben scritta, pur restando coerente non solo al personaggio, ma anche al momento in cui è ambientata la storia. Che è fondamentale. L'idea di fondo ha un qualcosa di drammatico in sé, pur non raccontando la storia di un qualcosa legato a una morte vera e propria, ci regali questo John visto dagli occhi di Sherlock e il cui riflesso fa male al solo pensarci. Sherlock che non è che non si fida della protezione attorno a John e che non dà retta a Mycroft e ai suoi saggi avvertimenti, ma che commette l'errore di avvicinarsi e solo perché John gli manca. L'unica motivazione reale pare essere questa e non serve neanche una giustificazione, non ce n'è bisogno. Perché è questo il sentimento che fa scattare qualcosa nel suo cervello, che lo porta a commettere una serie di fatali errori ai quali non si può rimediare e che potrebbero portare a conseguenze drastiche. Uno Sherlock tremendamente umano, quello che ritrai. Sofferente della lontananza da John in un primo momento, e poi roso dal suo vederlo con una donna qualsiasi. Una donna, alla quale Sherlock trova già numerosi difetti e tra cui il quello che sembra essere più grave tra i tanti ovvero il non capire John Watson. Sherlock lo mette tra le cose peggiori. Sì, è uno Sherlock che fa male a vedersi. Il suo sapere di star sbagliando, ma l'andare avanti lo stesso e il non rendersene quasi conto e tanto da dover rimediare scappando via. Ha un gusto molto amaro questa storia, qui la solita ironia che ti contraddistingue viene messa da parte a pro di un'intensità emotiva non indifferente. Metti due sofferenze a confronto. John, ancora dilaniato dalla perdita e che tenta d'andare avanti, ma a cui basta un'ombra tra la folla per cedere, e poi Sherlock a cui manca da morire e che soffre forse ancora di più di John. Sentimenti struggenti che lasciano dentro più di un semplice "qualcosa".

Koa

Recensore Master
25/10/17, ore 15:04

Il tema della defaillance non è un qualcosa di usuale nel mondo delle fanfiction, insomma non capita tutti i giorni di leggere momenti lemon in cui le cose non vanno proprio benissimo. Specie perché, come è giusto che sia, si tende sempre a romanzare un po' la scena e spesso a pagarne le conseguenze è quel pizzico di realismo che viene a mancare. In questa storia c'è anzitutto una base contestuale molto solida. Abbiamo John e Sherlock che hanno una relazione ben avviata, che condividono un rapporto solido e la vita a Baker Street. E quindi c'è un background credibile. La vicenda ruota attorno a un caso di cui si sa poco, ma non importa perché ciò che conta sono i sentimenti che vengono espressi e le dinamiche tra John e Sherlock, qui differenti dal solito in quanto c'è una relazione già ben solida alle spalle. Anche qui, come spesso succede leggendo tue produzioni, ci si ritrova con un sottile ironia ad amalgamare bene il tutto. Ci sono situazioni molto divertenti, come John che riceve proposte da due sconosciuti o lo stesso Sherlock che quasi quasi sembra aver addirittura accettato la suddetta proposta. Il tutto pare un pretesto per mettere John prima in una situazione di frustrazione e astinenza, e poi in un'altra dai contorni imbarazzanti. Il tutto trattato come un racconto comico e leggero.

Interessante la scena della defaillance e la delicatezza che esprimi attraverso uno Sherlock ritroso e impacciato, nell'approcciarsi a John. Sherlock non sa come gestire la cosa, come e cosa dire e quindi preferisce non dire nulla e agire. Basta un abbraccio e il silenzio, non serve altro perché non c'è da farne un melodramma. Ecco, quella scena è stata particolarmente bella e risplende come un qualcosa di totalmente differente in un contesto leggero e comico. Al solito la caratterizzazione e l'IC splendido di Sherlock mi lasciano sorpresa (anche se ormai non dovrei più stupirmi di qualcosa).

Un ottimo lavoro.
Koa

Recensore Master
24/10/17, ore 14:15

Quella che proponi in questa storia è un'immagine insolita di un John Watson, che a un certo momento inizia a correre via e lo fa anche per liberarsi di ciò che lo opprime forse da troppo tempo. Anche se il contesto è molto noto (e per somiglianza, non poi tanto diverso dalla storia precedente), ciò che di John si capisce è un qualcosa che di rado si è visto. La serie, specie nella quarta stagione, per quel che riguarda la sua caratterizzazione, gioca molto sulla repressione dei sentimenti, sull'incapacità di esprimersi a dovere. John è uno che trattiene dentro di sé moltissimo, che si apre a fatica e che, per quanto meno macchinoso rispetto a Sherlock e meno provato dal divario: logica/sentimenti, riesce ancora meno di lui ad accettare quel che prova. Qui ci sono i drammi del post Reichenbach in gioco, e il dolore del lutto e della perdita che ancora lo tengono fermo in un limbo. John vorrebbe odiarlo, perché odiare sarebbe più facile, ma non ci riesce. Non riesce perché lo ama e un parte di lui già lo ha abbandonato, eppure si rifiuta di accettarlo e di ammetterlo. Fino a che non esplode in questa corsa liberatoria verso un bacio istintivo e passionale e che non bada alle persone attorno. A far da contraltare c'è uno Sherlock umano, che si mostra a piangere, si fa vedere mentre implora perdono e non fa nulla per nascondersi. Anche qui, due perfetti opposti che non possono fare a meno di orbitarsi attorno.

Altra bellissima storia, e il bello è che tutte hanno toni differenti e giocano su argomenti che, per quanto già noti, vengono affrontati con profondità e originalità.
Koa

Recensore Master
24/10/17, ore 13:43

Il "doveva andare così" suona come una frase fatta, forse un pelino scontata, ma è principalmente quello che sto pensando in questo momento. La visione dei fatti di quello che è l'incontro di John e Sherlock dopo il ritorno dalla morte, visto con gli occhi di chi ancora se lo immagina speranzoso. Mi riporta indietro nel tempo a quando era una gioia immaginare il loro incontro. Insomma, quando teorie e fantasie erano ancora cose piacevoli e innocenti fatte per ingannare l'attesa. Qui, il ritorno somiglia al canone di Doyle, come era logico pensare (che ingenui eravamo...). Sebastian Moran e la casa vuota, un binomio che ha contorni ben delineati e fissi su due perni fondamentali. Uno è un caso durato anni che si conclude nel migliore dei modi e l'altro porta con sé il fantasma di Moriarty, il pericolo, Moran che ancora minaccia... figurarsi queste scene adesso ha un non so che di occasione mancata! Ma comunque, pensando a cose belle, ho apprezzato che la fine di un periodo coincidesse con l'inizio di un altro. C'è molto simbolismo in questa consapevolezza che John acquista nel momento in cui inizia la storia ovvero quando scattano le manette ai polsi di Moran. John si sveglia lì, e capisce cosa ha passato Sherlock. Il pericolo che entrambi hanno vissuto e la morte che hanno visto in faccia. Non viene spiegata la lite, ma il viso di Sherlock e l'occhio nero citato, sono un dettaglio sufficiente a comprendere come sono andate le cose. Così come il bacio alla fine, non conta più cosa potrebbe accadere, conta il simbolismo che c'è dietro. Perdono... un nuovo inizio... tante belle cose.

Koa

Recensore Master
24/10/17, ore 13:25
Cap. 7:

Ciao, rieccomi a riprendere la lettura di questa raccolta da dove l'avevo interrotta. Prima di tutto devo dire che sono davvero molto contenta di essermi messa a recuperarla tutta, perché mi sarei persa delle storie magnifiche. Questa nascerà anche da un qualcosa da "Cumberbitch", ma è una piccola storia assolutamente deliziosa. Non so in quale long tu avessi intenzione di usarla, ma sta benissimo anche da sola. E, cosa più importante, ha perfettamente senso e anche senza troppe spiegazioni a riguardo. La trama è semplice: Sherlock ha delle labbra magnifiche e John, per quanto si sforzi, non ce la fa a vivere. Sembra anche fin troppo semplice, è facile perdersi in storie con una trama debole. Qui non succede, e c'era da aspettarselo. Vince l'ironia che ritrovo spesso in molti tuoi scritti e soprattutto vince la caratterizzazione di John. Devo confessare che Sherlock me lo figuro sempre come un provocatore sessuale, che provoca John senza saper bene le regole del corteggiamento, e quindi me lo figuro sempre poco malizioso (almeno all'inizio della loro relazione). Ma nel contesto generale ci può anche stare e specie perché, come accennavo, c'è un velo di ironia anche nella componente sessuale della trama, che è davvero molto evidente. E il tutto ruota attorno a John e al suo morire lentamente dietro a Sherlock. L'idea fa sorridere insomma e in più di un'occasione strappa anche una risata.

Altra lettura piacevole.
Koa

Recensore Master
22/10/17, ore 17:49

Ho sempre trovato questo tipo di argomento molto interessante e troppo poco esplorato nel mondo delle fanfiction. Il "dopo" ritengo che sia importante tanto quanto il "prima" e specialmente se uno dei due è Sherlock Holmes. Se me lo dovessi immaginare alle prese con un "dopo prima volta" non me lo vedrei altrimenti. La caratterizzazione, a una visione superficiale, strapperebbe una risata e forse divertirebbe anche perché Sherlock s'impanica su delle sciocchezze fa un po' sorridere. Se si va a scavare più a fondo, però, si può dedurre quale tipo di vita deve aver fatto Sherlock fino a questo momento e allora diventa tutto un po' più amaro e triste. Non ha la minima idea di come gestire una relazione a livello pratico, nella vita di tutti i giorni come e quanto cambierà il suo rapporto con John. Ma più di tutto è il non sapersi muovere dentro le regole sociali e i riti quotidiani con qualcun altro, il vero suo problema. Sono cose più complicate dell'amicizia, da comprendere. Sono più articolate e soprattutto c'è molto di più in gioco. Perché ormai Sherlock ha dato e offerto tutto se stesso. Non tutti sono comprensivi, non tutti capiscono e afferrano problemi del genere (io lo so molto bene) e soprattutto non tutti hanno la pazienza che ha John in questa storia. Ho amato molto la sua caratterizzazione qui, (quella di Sherlock intendo). Mi ci riconosco sempre un pochino e qui in maniera particolare. La paura di perdere John e la sua incapacità nel mantenere saldi i rapporti sociali si fondono in un unico blob di sentimenti ed emozioni che si riversano in un attacco di panico. A me ha fatto anche un po' tenerezza, come presumo anche a John.

Un'analisi perfetta insomma. I due personaggi sono ben calibrati, diversi nel loro esser all'opposto per certe cose. Sherlock che non sa bene come dire che gli è piaciuto è di una tenerezza infinita, mentre John che quasi deve trattenersi dal rifarlo subito e immediatamente. Mi sono sembrati entrambi molto IC e con una solida base alle spalle.

Anche questo è un ottimo lavoro.
Koa

Recensore Master
22/10/17, ore 14:34
Cap. 5:

Mrs Hudson... Mrs Hudson! Quando ha detto che non poteva salire le scale perché aveva troppo male all'anca, già allora mi puzzava di balla a un chilometro. Ma per fortuna che c'è lei, che usa metodi poco ortodossi per far sì che i due si parlino nuovo. Già nella serie ci prova come può a farli tornare insieme... qui fa proprio centro! Dio la benedica, ecco.

Comunque, anche questa storia è molto carina e come tutte le altre ha una spiccata originalità che si nota nell'immediato. Ci sono argomenti molto usati, eppure toni differenti rispetto ad altre letture. Qui l'intreccio gioca su sentimenti diversi da quelli visti fino ad ora. Rabbia e rimpianto che si mescolano in entrambi i personaggi. C'è dell'angst e dolore forte che per un frangente sembra irrimediabile proprio come lo era ne: "Il sudario". Qui però le cose si sviluppano in maniera differente, per fortuna. Complice Mrs Hudson e un John che fa presto a rendersi conto di quanto la vita nuova che s'è scelto gli vada stretta, ecco che ritrova a vedere forse per la prima volta uno Sherlock mai tanto fragile. E lì dopo che lo vede a quel modo, capisce tutto. Finalmente. Fa male vedere Sherlock rannicchiato sul divano, magro e addolorato. Fa male percepirlo tanto disperato da esser reagire con rabbia a una richiesta di far da testimone, e fa male il vederlo piangere in questo modo. Perché così come John pensa, Sherlock comprende le ragioni della venuta a Baker street e di John, e sa che sarebbe l'ultima volta. Il suo non reggere la tensione è tremendamente umano. Per fortuna però serve a qualcosa, e John capisce. In effetti gli basta uno sguardo per ricordare quanto gli era mancato.

Finale molto divertente, con un ultimo riferimento a Mrs Hudson che fa sorridere. Complimenti.
Koa

Recensore Master
22/10/17, ore 13:59

Questa ha toni molto più leggeri e una connotazione comica che viene però trattata in maniera lieve e molto ironica. Anche qui tutto nasce da una fanart, una scena ritratta con molta precisione da parte dell'artista che l'ha prodotta, la quale (o il quale) ritrae un John che evidentemente ha litigato o discusso con Sherlock per un qualcosa. Di ciò che è accaduto fra loro non lo sappiamo, si può intuire che non è una faccenda seria perché si vede solo che Sherlock l'ha sfangata in un qualche modo (come al solito). E quindi ecco che la storia si costruisce e va a raccontare un antefatto che si cala perfettamente in una quotidianità che è differente dal canone solo per la relazione stabile tra i due, ma che per il resto è perfettamente uguale a quella che conosciamo. Ci sono tutti gli elementi principe dei racconti ovvero i casi, Sherlock e la sua apparente insensibilità, John che in un primo momento fatica a capire Sherlock e le sue intenzioni e forse per irascibilità si arrabbia più del necessario. John che però alla fine capisce (perché dopo anni lo conosce) ed è questo l'importante. Il tutto è alleggerito dal tono ironico che permea tutta la storia. Non è una comicità esagerata o demenziale, ma una di un tipo più sottile e che si nota in svariati passaggi. Su tutto il modo in cui Sherlock si guadagna il perdono, facendo gli occhi dolci e un paio di capricci. Perfettamente da lui. E c'è anche molta dolcezza in quella scena, e un romanticismo appena accennato ma non esagerato.

Nel complesso è una storia molto divertente.
Koa

Recensore Master
22/10/17, ore 13:41

Questa è da brividi. Dico davvero. E forse è tra le tue migliori produzioni a livello di ritmo narrativo, di passaggi evocativi e più in generale di stile. Ci sono frasi che sembrano poesie e che difficilmente, purtroppo, mi capita di trovare. Dico purtroppo perché io amo scrivere in questo modo e soprattutto amo leggere storie scritte così. Ne sono rimasta profondamente meravigliata e anche un po' stupita perché non era un qualcosa che mi aspettavo. Per fare un esempio (di solito non cito frasi e passaggi, ma in questo caso lo ritengo necessario), su tutto ho apprezzato: "E John si china su quel lenzuolo macchiato di morte" e "E forse tutto ciò che gli resterà di lui sarà un bacio, il suo primo bacio, attraverso un bianco sudario di cotone." Sono due frasi di notevole spessore stilistico per i quali mi devo davvero complimentare. Più in generale però, devo ammettere che ci sono altre trovate apprezzabili. Le ripetizioni con le frasi che iniziano per vocale, come un elenco e che evocano il dolore di John... tutto è scritto per far entrare il lettore nella mente di John e per farci capire quello che sta provando.

Anche qui, abbiamo un tema (quello del post Reichenbach) su cui molti autori si sono soffermati, ma c'è parecchia originalità e non solo nella forma stilistica, ma anche nella scelta di tanti dettagli. John che va all'obitorio e che decide allora di confessare quello che prova. Si comporta come il principe azzurro che crede di non esser mai stato, gli parla, lo bacia... lo implora di alzarsi e di svegliarsi. Come una bella addormentata. Sappiamo la verità, eppure nonostante questo per un attimo ho temuto che Sherlock fosse morto per davvero e che John non avesse più speranze di rivederlo. Perché il dolore è tanto intenso, da accecare anche il lettore.

Il finale è sorprendente. Il punto di vista che cambia radicalmente e ci mostra Sherlock che compie la prova di coraggio più grande, ovvero vedere il suo primo bacio con John e farlo dall'esterno, da fuori. Come fosse un sogno. Un finale stupefacente e che spicca per intensità.

Davvero un lavoro straordinario.
Koa