E lo sapevo io che il malessere di Bella era causato da qualcosa di veramente bello, mi piacciono da morire i nonni, sono più comprensibili di tante altre persone "tipo Renèe, Rose e company" hanno dato un ottimo consiglio a Bella, e lei l'ha saputo sfruttare a proprio vantaggio, la chiaccherata con Eddy è stata per certi versi rivelatrice, chissà se lui davvero ha "odiato" Bella per tutto il male che gli ha fatto?????? Certo adesso lui le ha chiesto tempo, chissà se arriverà a perdonarla del tutto????? Ma soprattutto come ci rimarrà quando scoprirà che Bella è di nuovo incinta???? Questi sono i pezzi che più mi hanno colpito:Edward non mi guardava più, aveva ignorato la mia presenza da quando avevo rimesso piede in casa. Cominciavo a pentirmi di avergli detto la verità, ma nello stesso tempo stavo bene, ero serena al pensiero che ora sapesse.
« Rose ha già scelto l’abito? », domandò mia cugina Tanya, era figlia di zia Stephy, da bambine eravamo migliori amiche, non che ora non ci volessimo più bene, ma la distanza ci aveva allontanato un po’.
« Si, settimana scorsa ha preso le misure », risposi cercando di trattenere le lacrime, Edward era seduto accanto a me, mi ignorava completamente.
« Non vedo l’ora di venire a New York per il matrimonio, mi dispiace non essere riuscita a venire per la prova dell’abito delle damigelle », disse mia cugina dispiaciuta, evitai di pensare a quello che Rose mi aveva chiesto di fare il giorno prima.
« Sono sicura che ti starà benissimo », le dissi cercando di mangiare almeno un po’ della pasta cucinata dalla zia.
« Ha già scelto la sua damigella d’onore? L’altro giorno al telefono mi ha detto che ci stava ancora pensando »
« Si.. », risposi guardando il camino spento davanti a me, « Ha scelto me », dissi con totale apatia nella voce.
« Quando? », domandò Edward voltandosi verso di me e rivolgendomi la parola per la prima volta dopo ore.
« Ieri »
A metà serata Edward si ritirò in camera sua con la scusa che doveva finire di preparare il suo intervento per domani, ma sapevo che mentiva, lo conoscevo. Mi voleva restare semplicemente lontano.
Poco prima di mezzanotte zia Stephy e la sua famiglia tornarono a casa loro, mandai i nonni a dormire e mi occupai di sistemare il casino della cucina e del salone.
Probabilmente era colpa del fuso orario, ma non riuscivo a chiudere occhio, eppure tenendo conto dell’ora di New York adesso sarebbero tipo le tre del mattino, ma la mia testa non ne voleva sapere di smettere di pensare. Pensavo ai suoi occhi pieni di delusione, pensavo al fatto che mi avesse ignorato, pensavo di averlo perso e questo perché ero stata codarda. Pensavo che era lì, vicino a me, ad un muro di distanza eppure lo sentivo lontano più che mai.
Mi alzai era inutile cercare di dormire, non ci sarei riuscita. Indossai la mia vestaglia ed uscii dalla camera, si dice che la notte porti consiglio e forse Edward mi avrebbe ascoltato.
Entrai senza fare rumore nella sua stanza, era girato di spalle, probabilmente dormiva. Mi avvicinai, in quel momento il mio unico desiderio era quello di sdraiarmi accanto a lui e dormire tra le sue braccia. Non avrei chiesto altro.
« Vattene », disse freddo, era sveglio. Una lacrima scese sul mio volto.
« Edward », lo supplicai.
« Non mi far urlare, Isabella. Vattene », disse voltandosi verso di me, non mi aveva mai chiamato così di sua iniziativa. Voleva mettere le distanze tra me e lui, ma non l’avrei permesso.
« No », mi chiusi la porta alle spalle, la stanza era buia, l’unica fonte di luce erano i pallidi raggi della luna, che creavano strani giochi sulla parete davanti al letto, « Non me ne vado.. urla pure se vuoi », dissi avvicinandomi a lui.
« Ti prego ascoltami, poi ignorami, sparirò dalla tua vita se vuoi, ma ascoltami »
Edward annuì, mi sedetti sul letto davanti a lui, « Io lo so quanto.. quanto tu abbia lottato, lo vedevo, ma io ero come morta dentro Edward », dissi giocando con l’orlo del lenzuolo, avevo timore a guardarlo negli occhi.
« Hai finito? Ho sonno », non era mai stato così con me, tutta la determinazione che avevo prima andò via, mi lasciò sola. Non mi avrebbe perdonato, ne aveva tutte le ragioni.
Tornò a darmi le spalle, aveva già cominciato ad escludermi dalla sua vita, « Buonanotte », lo dissi talmente piano che probabilmente nemmeno mi aveva sentito, tornai nella mia camera e cullata dai dolci ricordi condivisi con lui mi addormentai. Non mi sarei arresa, avrei lottato per riaverlo nella mia vita. Questo è il secondo:Quando scesi a fare colazione Edward era già uscito, per quanto sarebbe andata avanti questa storia? Nonna mi porse un’abbondante porzione di pancakes, non mi ero accorta di avere così tanta fame fino a quando non mi ero ritrovata in cucina attirata dal dolce profumo.
« Mangia tesoro, una buona colazione migliora la giornata », mi disse dolce lasciandomi una carezza sul volto. Mi ricordava molto nonna Liz nei gesti e nelle parole.
« Vuoi dire al tuo vecchio cosa succede? », nonno George era il mio principe, almeno lo chiamavo così quando per le feste all’asilo mi vestivano da Cenerentola o da Biancaneve. Lui non lo sapeva ma nel tempo questo non era cambiato.
« Va tutto bene nonno », dissi concentrandomi sulla mia spremuta d’arancia.
« Sicura? C’è qualcosa che mi vorresti dire amore mio? », disse dolce, ed io mi sciolsi, « Hey.. va tutto bene, c’è il tuo principe qui », piansi stretta tra le braccia forti e sicure del nonno.
« Perché amare fa così male? »
« Perché l’amore non è un insieme di leggi statiche, è un miscuglio di emozioni, sentimenti e sensazioni che dentro di noi creano il caos più assoluto, ma è questo che ci fa vivere. Non provare niente significa morire », quando avevo allontanato Edward dalla mia vita io non provavo più nulla, nessuna emozione, neppure la rabbia o il dolore. Il niente più assoluto.
« E se, ipoteticamente, amare quella persona significa fare del male a.. »
« A tua sorella? », concluse nonna per me, la guardai con stupore, « Ti sei innamorata di Edward, tesoro? », non sembrava scandalizzata, arrabbiata o delusa, era semplicemente preoccupata per me.
« Io.. mi sono innamorata di lui giorno dopo giorno. Probabilmente dal momento in cui insisteva a chiamarmi Bella perché Isabella era.. non ero io. Lui, nonna io gli ho fatto troppo male », dissi con gli occhi offuscati dalle lacrime. I nonni sorridevano, loro non mi avrebbero mai giudicato. Nonostante i miei errori.
« Ti sei innamorata di lui molto prima della nostra Rose, non è così? », annuii alla domanda di mio nonno, sembrava che entrambi avessero già capito, come se sapessero.
« È sua la mano che ti poggia sul fianco in questa foto? », nonna mi mostrò una delle poche foto che gli avevo spedito della mia laurea, l’avevo tagliata per non fare vedere Edward, ancora oggi mi domandavo il perché avessi nascosto la presenza di Edward alla mia famiglia. Ripensandoci, quando vivevo a Londra, nemmeno sentivo di averla una famiglia, avevo abbandonato anche i nonni che, come mi stavano dimostrando, non avevano fatto la stessa cosa con me.
« È lui », dissi chiudendomi nelle spalle.
« Amore mio non c’è nulla di cui vergognarsi. Nulla, hai capito? », alzai il volto e mi ritrovai quello sereno di mio nonno, annuii alla sua domanda, « Si è fidanzato con Rose nonostante.. te? », negai vivamente col capo.
« No, no, no nonno no. Lui non sapeva nulla di Rose o di voi, non conosceva nessuno della mia famiglia »
« Ti abbiamo fatto così tanto male, ti abbiamo lasciata sola quell’anno, capiamo il tuo non volerci più nella tua vita », disse nonna per la prima volta triste da quando era cominciata quella strana conversazione.
« Nonna ti prego, non datevi colpe. Voi siete i nonni migliori del mondo, sono stata io a scappare, io ho messo un oceano tra me e voi », dissi prima di buttarmi tra le sue braccia.
« Allora non lo fare ancora una volta, non sacrificare più te stessa. Ami Edward? Bene, va da lui, diglielo! », nonno mi prese per le spalle con delicatezza.
« C’è Rose nonno », dissi aspettandomi qualche cosa di diverso dal suo, « Rose capirà ».
Lo abbracciai forte a me, « Sai questa mattina era abbastanza nervoso, e non credo sia per la presentazione », disse facendo l’occhiolino.
Trovai i miei colleghi di Los Angeles ad attendermi nella sala congressi del Chateau Marmont, alla riunione erano presenti entrambe le parti rappresentanti delle due società che volevano dare origine ad una nuova grazie alla loro fusione.
Avrebbe capito mia sorella, così come in un primo momento avevo fatto io? Io amavo Edward, ma lui? Mi amava ancora o il mio posto era stato preso da Rose, in quel caso mi sarei fatta da parte, per sempre.
« Avvocato Swan? Possiamo cominciare? », domandò qualcuno del team di Los Angeles, io non mi ero portata nessuno del mio, nemmeno Kate, c’era più bisogno di lei a New York che qui. Mi fissavano tutti, giusto ero io quella che doveva cominciare a parlare. Mi imposi di non pensare più a nulla se non al lavoro. Questo è il terzo: Bella, cosa ci fai qui? », mi domandò facendosi spazio tra i suoi colleghi, sorrisi e scrollai le spalle, « Volevo vederti », dissi sincera.
« Non è il posto adatto », disse a pochi centimetri dal mio viso, ma io negai con il capo, il posto era perfetto. Bastava lui e qualsiasi posto sarebbe andato bene, anche il deserto.
« Non ci presenta la signorina Dottor Cullen? », domandò un signore alle sue spalle, Edward si voltò e nel farlo mise una mano sul mio fianco, quel tocco mi causò una scarica di brividi che partirono dal collo fino ad arrivare alla punta dei piedi, costretti in un paio di altissime Loubutin color nude.
« Certo Dottor Brandon, lei è l’avvocato Isabella Swan », disse presentandomi con un poco di orgoglio nella voce, questo mi fece arrossire, contavo sul fatto che in quella sala facesse caldo e che nessuno si accorgesse delle mie guance.
« Swan? Ho letto il suo nome sul giornale questa mattina, è stata lei a seguire la fusione delle due società cinematografiche? », domandò con vivo interesse.
« Si », risposi orgogliosa, nonostante fossi perennemente distratta dal pensiero dell’uomo che in quel momento mi stringeva forte a se, quella mattina avevo davvero fatto un lavoro minuzioso, di cui andavo molto fiera.
« Complimenti e complimenti anche a lei Dottor Cullen la sua fidanzata oltre ad essere un ottimo avvocato è anche una bellissima donna », sorrisi timida al complimento dell’uomo. Edward aumentò la stretta sul mio fianco e mi lasciò un bacio sulla tempia, forse non era tutto perduto. Avrebbe potuto dire che non ero io la sua fidanzata, avrebbe potuto fare molte cose, ma l’unica cosa che disse fu, « Sono stato molto fortunato ad incontrarla ».
« Immagino, si unisce a noi per il pranzo signorina? », guardai Edward, cosa potevo rispondere? L’unica cosa che volevo in quel momento era poter parlare con lui in privato.
« Volentieri, ma amore ti dovrei parlare », dissi rivolgendomi a Edward che mi guardò con severità, in quel momento non stavo recitando la parte della fidanzata, io lo amavo ed ero seriamente pronta a dirlo al mondo intero.
« Scusateci un attimo, vi raggiungiamo al ristorante », disse Edward prendendo la mia mano e trascinandomi verso la hall e poi verso gli ascensori.
« Dove stiamo andando? », chiesi non ricevendo risposta, in ascensore non disse nulla, uscimmo in un lungo corridoio, « Edward? », sembrava come se non mi volesse sentire.
Entrammo dentro una stanza, Edward mi lasciò la mano ed aprendo la porta finestra uscì nel piccolo balcone della camera.
Lo seguii, « Edward? », si voltò di scatto, la sua espressione era cambiata, la rabbia la faceva da padrone sul suo viso.
« Si può sapere cosa cazzo vuoi? », urlò a pochi centimetri da me, spaventandomi.
« Edward.. »
« Edward cosa? », disse tornado a guardare l‘ oceano e dandomi le spalle, pochi minuti prima mi ero solo illusa, recitava, non mi avrebbe mai perdonato.
Avrei provato un’ultima volta, poi sarei uscita da quella stanza ed anche dalla sua vita, i colleghi di Los Angeles mi avevano rinnovato l’invito ad unirmi a loro. Probabilmente avrei accettato. Ero stanca della situazione di stallo in cui era ferma la mia vita a New York.
« Parlami ti prego, insultami se vuoi, ma non fare così », dissi affiancandomi a lui.
« Sto esattamente facendo quello che hai fatto tu! Ti sto ignorando. Com’è stare al mio posto Bella? Dimmi com’è? », si voltò verso di me, non c’era più traccia di rabbia sul suo volto, solo tanta delusione, che forse era anche peggio.
« Fa male »
« Perché l’hai fatto Bella, perché? », domandò mettendo entrambe le mani sulle mie spalle.
« Perché sentivo di non avere via d’uscita, perché non sentivo più niente, solo odio », cominciai a parlare mentre le lacrime scendevano copiose sul mio volto, rovinando il trucco, più marcato rispetto al solito.
« Mi odiavi », disse facendo qualche passo indietro.
« No, amore, non te », mi avvicinai prendendo il suo volto tra le mie mani.
« Amore? Sicura Bella? », notai il suo bellissimo volto rigato dalle lacrime, le feci sparire, non mi piaceva vederlo così.
« Sì, amore. Perché ti amo, okay? E no, non ti ho mai odiato. Odiavo me », il volto di Edward era immobile, gli avevo confessato il mio amore, e mai come in quel momento mi ero sentita così leggera, sorrise mentre con delicatezza aggiustava una ciocca di capelli messa in disordine dal vento che proveniva dall’oceano.
« Odiavo il riflesso della nullità che ero diventata e tu eri così pieno di vita, di amore, ma io non ero più nulla. Non meritavi una come me al tuo fianco »
« Non mi volevi più? », domandò talmente piano che non ero sicura di averlo sentito, aveva ragione, in quel momento della mia vita io non volevo Edward al mio fianco.
« No », confessai facendo un passo indietro.
« Potevi parlarmi Bella, ma no, hai preferito farti trovare tra le braccia di Garrett e poi dopo che ti ho perdonato.. » Questo è il quarto:« Ti sei spenta », concluse con lo stesso sguardo di quel giorno.
« Mi sono lasciata andare, niente aveva senso per me. Solo tu »
« No, nemmeno io », disse rientrando nella camera d’albergo, lo raggiunsi, si era seduto sul letto matrimoniale. Perché aveva le chiavi di quella stanza?
« L’unica cosa che volevo era che almeno tu ti salvassi da me, io ero persa, ma in te. Beh in te c’era ancora della speranza, ti meritavi e ti meriti una vita migliore di quella che avresti avuto accanto a me », dissi mettendomi difronte a lui.
« La mia vita eri tu, avremmo potuto farcela. Avrei salvato te e tu avresti fatto lo stesso con me. Pensi sia stato facile per me Bella? », scossi la testa alla sua domanda, « No, non lo è stato. Ho perso la donna che amavo e mia figlia, senza poter fare nulla se non rimanere a guardare impotente », piangeva. Non avevo mai pensato al suo dolore, pensavo solo a salvarlo da me. Che stupida ed egoista che ero stata.
« Mi dispiace », mi buttai tra le sue braccia, lui mi accolse stringendomi forte al petto. Il mio posto era lì, tra le sue braccia. Prese il mio volto e mi baciò con frenesia e passione, con urgenza e dolcezza, con amore e desiderio. Salii a cavalcioni su di lui, il tubino verde si alzò leggermente, le sue mani erano sulle mie gambe. Baciare le sue labbra era la mia fonte di ossigeno, era vita per me.
Sentii la cerniera del mio abito scendere giù lenta, le sue labbra esploravano il mio collo, le mie mani vagavano fameliche sui suoi capelli. Lui era la perfezione nella mia imperfezione. Lui era la cosa giusta nel mio mondo sbagliato.
« Ferma! Bella, no! », mi staccai dalle sue labbra, scesi dalle sue gambe, « Non mi guardare così, tu nemmeno immagini quanto io ti desideri, ma non così, non più così! », disse alzandosi venendo verso di me.
Mi aveva rifiutato, non riuscivo a pensare ad altro. « Parlami e dimmi che Garrett non ti ha mai avuto. Parlami e dimmi che.. ti prego fallo. Fallo perché rischio di impazzire », il mio volto di nuovo tra le sue mani, come avevo potuto fare del male ad un’anima pura come la sua?
« Ci misi una settimana a convincerlo, lui non voleva. Non avrei mai potuto tradirti, mai. Non riuscivo nemmeno a farmi toccare da te, figuriamoci da altri », dissi guardandolo dritto negli occhi, sorrise dolcemente alle mie parole.
« Dammi tempo ti prego », disse lasciando un dolce bacio sulle mie labbra, si girò e solo in quel momento notai la sua valigia a lato del letto.
« Ti prego no »
« Cosa? », si voltò verso di me.
« Rimani a casa dei nonni, non andartene ti prego, non lo sopporterei », cominciai ad agitarmi, non volevo che se ne andasse, non volevo sprecare i miei ultimi giorni con lui. Volevo essere egoista, solo saperlo sotto il mio stesso tetto mi confortava.
« Calmati, non vado da nessuna parte. È solo la valigia per il cambio, non faccio in tempo a tornare a Santa Monica », rispose sorridendo, tornando il ragazzo tranquillo che amavo, mi sentii una stupida.
« Perché ti devi cambiare? », domandai cercando di nascondere l’imbarazzo.
« C’è un gala di beneficenza questa sera organizzato dall’ospedale di Los Angeles »
« Bene.. non ti rubo altro tempo allora », dissi avviandomi verso la porta, voleva tempo, gli avrei dato tutto il tempo che voleva. Lo avrei aspettato.
« Il gala comincia alle nove, fatti trovare pronta », mi voltai credendo di non aver ben capito.
« Come? »
« Vieni con me », disse mettendo entrambe le mani sui miei fianchi, « Ho bisogno di averti vicino. Fammi essere egoista », osai, mi avvicinai e lo baciai, « Alle nove sarò pronta ».
« Andiamo a magiare, i miei colleghi ci aspettano », mi condusse fuori dalla porta, scossi la testa, ero stanca e preferivo andare a casa, non volevo poi interferire ancora nel suo lavoro.
« No, vai pure. Io prendo un taxi e vado a casa »
« Resta, il dottor Brandon si aspetta la tua presenza », disse chiudendosi la porta della camera alle spalle. Non mi faceva stare tranquilla questa apparente tranquillità, mi aveva perdonato o mi odiava ancora?
« E tu? »
« Io.. ho solo bisogno di tempo », disse lasciando una carezza sul mio viso, sorrisi godendomi l’attimo, forse non era tutto perduto.
« Edward? Bella? », ci voltammo entrambi verso quella voce famigliare, era mia cugina Tanya, avevo dimenticato che era una delle manager del Four Season di Los Angeles.
« Tanya », la salutai, lei sorrise e si avvicinò, come avrei giustificato la mia presenza e quella di Edward davanti ad una camera d’albergo?
« Hai pianto? », mi voltai verso uno degli specchi del corridoio e notai il mascara sbavato, stupida Bella, non potevo stare più attenta? « Cosa è successo? », domandò seria guardando Edward.
« Niente Tanya, solo non mi sono sentita bene. Ieri a causa del fuso orario non ho dormito e questa mattina non ho praticamente toccato cibo », mentii.
« Abbiamo un ottime ristorante giù da basso vai e mangia, sei particolarmente pallida »
« Si ne ho sentito parlare. Grazie Edward per avermi soccorso », presi dalla Boy Bag di Chanel una salviettina e mi pulii il mascara. Era abbastanza credibile la mia scusa.
« Dovere », rispose lui, Tanya sorrise e se ne andò.
Amavo Los Angeles, la sua temperatura sempre sopra i dieci gradi, le strade piene di artisti ad ogni angolo, la positività circondava quella città, metteva allegria anche nella mia, incasinata, vita.
Passai il pomeriggio tra i quartieri più in della città alla costante ricerca dell’abito perfetto per la serata. Tornata a casa non trovai nessuno, solo un biglietto sul bancone della cucina.
“ Io e la nonna siamo al campo da tennis
Il tuo principe “
Sorrisi alle parole di mio nonno, amava lo sport, ma quello che più amava era passare del tempo con sua moglie. Il loro era un amore vero, puro e senza filtri di alcun genere.
La brezza dell’oceano arrivava anche sul portico della casa dei nonni, mi piaceva lavorare all’aria aperta, era molto più producente e rilassante del mio ufficio a Manhattan.
Avevo parlato ad Edward senza alcun filtro, confessandogli le mie paure, il mio odio, il mio essere estranea ad ogni sentimento in quel periodo. Ero felice di averlo fatto, ora mi odiava, ma mi aveva chiesto tempo. Questo mi dava fiducia.
« Cosa stai facendo? », mi domandò nonna, erano appena tornati dal circolo, entrambi ancora in tenuta sportiva, erano davvero super trendy i miei nonni.
« Organizzo gli appuntamenti delle prossime due settimane », risposi mostrando la mia agenda, ero moderna e tecnologica ma amavo scrivere le cose importanti su carta.
« Non c’è Kate per questo? », domandò sedendosi nella sedia accanto alla mia.
« Si, ma preferisco farlo io, lei poi li conferma chiamando gli interessati », risposi, cominciando a programmare quelli per il 14 dicembre, non mi ero accorta della mole di lavoro che avevo fino a quel momento. Il team di avvocati di Los Angeles mi aveva chiamato per fare una riunione conclusiva l’indomani mattina, mi dovevo organizzare anche per quello. Garrett voleva una relazione precisa su quello che si era fatto e detto, voleva che mostrassi ai californiani i traguardi raggiunti dalla sede di New York, di cui ero a capo.
« Hai parlato con Edward? », nonna lo domandò con dolcezza, senza curiosità o voglio di sapere, lo faceva solo perché mi voleva bene. Nonna Marie era come papà, dolce, comprensiva, entrambi vedevano la parte buona delle persone, non giudicavano mai, andavano sempre oltre la siepe, oltre a quello che si voleva mostrare. Capivano semplicemente guardando l’anima di una persona attraverso i loro occhi.
« Si », nonna sorrise, non mi chiese più nulla, aveva capito che per il momento non c’era niente da dire.
« Andrà tutto bene », mi lasciò un bacio e rientrò in casa, mi fidavo del suo giudizio. Mi fidavo di lei, sarebbe andato tutto bene. Voltai pagina, 15 dicembre, c’era l’incontro con gli avvocati del signor Smith e quello con i legali dei colleghi di Mat, il ragazzo che veniva discriminato sul posto di lavoro perché gay. Dovevo spostarli, così come avevo fatto con quelli del 14, visto che in quei giorni sarei stata con tutta la famiglia ad Aspen per il matrimonio di James. Un puntino rosso nell’angolo in alto a destra della mia agenda catturò la mia attenzione. Un piccolo puntino, sapevo il suo significato, ogni donna lo conosceva. Sfogliai le pagine dell’agenda all’indietro, trovai un altro puntino rosso nella giornata del 18 novembre, non c’era la X sopra. Perché mancava? Tornai ancora indietro, mese di ottobre, ecco il puntino rosso con la sua X. Non poteva essere, il mio ciclo era saltato ed io non me ne ero accorta, probabilmente non l’avevo segnato. Si, era così. Presa dal casino che era la mia vita non mi ero ricordata di segnarlo. Doveva essere così, ma io non ricordavo, non ricordavo i crampi o il dolore di quei giorni. Non gli ricordavo semplicemente perché non c’erano stati. Avevo un ritardo di dieci giorni e non me ne ero accorta, un ritardo non normale, non per me che ero precisa come un orologio svizzero.
Un ritardo che aveva un solo precedente. La mia mano si posò sulla mia pancia, alzai la maglietta, non notai nulla di strano, era piatta come sempre. Poteva davvero essere? Potevo davvero avere un’altra vita che cresceva in me?
« Dove corri? », urlò nonno vedendo che scendevo le scale a due a due, non potevo rimanere col dubbio, dovevo sapere.
« Esco, torno subito », dissi uscendo di casa per andare verso la farmacia più vicina che avevo trovato grazie a Google.
Tre minuti. Quanto possono durare tre minuti? Centottanta secondi, un’eternità, un attimo. Quanto? Perché a me sembravano durare una vita. Seduta sul mio letto attendevo, attendevo da sola quell’esito che avrebbe cambiato ancora una volta la mia vita, stravolgendola. Ero pronta? Ero pronta ad affrontare tutto di nuovo? Ero pronta a proteggerlo? Dovevo perché non avrei permesso a nessuno di far del male al mio bambino. Non più.
Due linee bianche, una lacrima. Ero felice. Nonostante tutto, nonostante il casino e l’incertezza che mi circondava. Ero felice.
Lui e solo lui. L’unico che volevo. Come sarà averlo accanto? Bello, l’unica risposta. Non avevo paura e le ragioni per averne erano tante, ma ero tranquilla. Quel piccolo esserino nella mia pancia era la mia tranquillità.
« Avanti », dissi finendo di prepararmi, Edward entrò nella mia camera, sorrisi felice. Mi aveva chiesto tempo, gli avrei dato tempo e per il momento non gli avrei detto nulla del test custodito gelosamente nella mia Jumbo di Chanel. Non volevo che tornasse con me per dovere, volevo che scegliesse, se mai voleva farlo, con libertà. Non volevo essere la seconda scelta di nessuno.
« Sei bellissima », disse ammirando il mio abito, ne avevo scelto uno rosso, lungo in chiffon.
« Grazie », non lo dissi solo per il complimento. Lo dissi perché grazie a lui stavo vivendo uno dei momenti più belli della mia vita. Mi avvicinai e gli lasciai un bacio sulla guancia. Sorrise e mi abbracciò, « Dovrò stare attento o qualcuno ti porterà via da me questa sera », disse al mio orecchio. Non si sbagliava poi di molto, un’altra persona mi avrebbe portato via da lui. Nostro figlio. Un bacione grandissimo ciao *___* |