A me sinceramente di quello che fa Eddy con Rose non me ne frega assolutamente nulla, adesso quello che mi preme di più, e sapere la salute di Bella con il suo piccolo, spero che questa gravidanza vada più che bene e chissà se a Los Angeles lei potrà finalmente avere un po' di pace, e trovare una persona sana di mente, non che abbia problemi di personalità come c'è li ha Eddy, credo che Rose sappia più di quel che dice, ma non credo ad un acca alle sue "patetiche scuse", lei e Eddy sono fatti della stessa pasta, sono egoisti e non importa quanto male facciano alle persone, per loro il mondo deve girare come vogliono loro, mi fanno entrambi schifo Bella fa più che bene a non dire nulla a Eddy del bimbo/a che aspetta, che si arrangiasse, questo è il pezzo che più mi ha fatto male:L’unica ad aspettarci era mia sorella, la fidanzata di Edward, quella che aveva preso il mio posto, colei che non si rendeva conto dell’uomo fantastico al suo fianco, colei che avrei distrutto per rendere felice me stessa. Sarei arrivata davvero fino a quel punto? Probabilmente sì.
« Bentornati », ci salutò sorridente, ma non era un sorriso sincero il suo, sembrava aver pianto.
« Rose stai bene? », domandai avvicinandomi, ma non meritavo di sapere come stesse, io ero il male per lei. Amavo l’uomo che amava lei, aspettavo un figlio dall’uomo che amava lei. L’avrei distrutta, mi avrebbe odiato, non potevo farle del male. Dopotutto era mia sorella, non volevo perderla. Non volevo che stesse male a causa mia. Non lo avrei mai voluto, ma era successo senza che io potessi fare nulla. Era successo e basta. Mi ero innamorata di nuovo di Edward Cullen quando mi ero ripromessa di non farlo più. Mi ero innamorata di lui ed era il caos.
« Va tutto bene. Non ti preoccupare », disse avvicinandosi ad Edward che l’astrinse forte a se, lasciandole un bacio sui capelli. Dimenticavo spesso che quella doveva essere la normalità. Mi sfiorai la pancia, ancora piatta, quando pensavo a lui, mi sentivo in pace. Sentivo che tutto sarebbe andato bene, a dire la verità non mi importava un granché del casino che c’era nella mia vita, volevo che lui o lei stesse bene, non volevo altro.
Batuffolo mio, proteggi me e il piccolo. Veglia su di noi angelo mio. Veglia sulla tua mamma che ti ha amato più della sua stessa vita e perdonala per non averti protetto.
Il mio bambino non sarebbe mai stato un sostituto del mio Batuffolo, sarebbe stato un suo fratello o una sorella minore.
Le due linee del test facevano ancora tremare le mie gambe, lo stinsi forte tra le mie mani, prima di nasconderlo. Lui era la mia vita.
Avrei chiamato l’ospedale è prenotato una visita, volevo sapere tutto sul mio bambino, volevo sentirmi dire che stava bene, che il suo cuore batteva forte. Volevo avere la certezza che ci fosse, perché mi stavo abituando all’idea, basandomi solo sulle linee del test. Ma ero certa che ci fosse, c’era semplicemente perché me lo sentivo. Lui c’era ed io ero felice.
Mi hanno insegnato che ascoltare di nascosto le conversazioni degli altri non porta mai a nulla di buono, ma era stato più forte di me. Edward e Rose discutevano in corridoio, era impossibile non sentirli. Mi accostai alla porta di camera mia, già in pigiama e struccata.
« Hai un’altra? », la voce di Rose era tranquilla, io gelai sul posto. La bomba stava per scoppiare e mi avrebbe colpito in pieno.
Aprii la porta, Rose mi dava le spalle, nemmeno mi aveva sentito, Edward non si era accorto della mia presenza.
« Che stai dicendo? », le domandò nervoso.
« Mi hai detto che dormivi a casa dei nonni, ma non hai disdetto la prenotazione al Four Season. Cosa mi nascondi? », Rose era in ansia, lo si capiva dalla sua voce, come sapeva dell’hotel?
« Non ti capisco »
« Sei strano.. mi eviti. Ti ricordi l’ultima volta che abbiamo fatto l’amore? », senza fare rumore tornai in camera mia, non volevo sentire più nulla, rischiavo di sentirmi male e questo non avrebbe fatto bene ne a me ne al bambino.
« Rose sono stanco e voglio andare a casa », non ebbi il coraggio di chiedere la porta, ero troppo masochista, mi piaceva farmi del male da sola.
« No.. no tu non te ne vai. Tu mi devi parlare. Mi devi spiegare cosa cazzo ci facevi in quell’hotel?! », urlò Rose ed io tremai, non doveva andare così.
« Lavoravo Rose, è lì che si è svolta conferenza! », Edward alzò la voce, perché lo faceva? Perché non se ne andava? Non le volevo le urla in casa.
« Tanya ti ha visto uscire dalla tua camera con Bella, lei non doveva essere lì », colpita e affondata, Rose aveva capito tutto.
« Rose.. »
« Non dirmi che è lei.. non dirmi che è lei la donna che ti sta portando via da me », Rose piangeva, aveva ragione, ero io. Ero io colei che le stava facendo la cosa peggiore che una sorella ti potrebbe fare.
« Nessuno mi sta portando via da te », la voce di Edward si era calmata, era dolce.
« Non mentire, è dalla sera del nostro fidanzamento che non mi sfiori, che eviti di rimanere solo con me. Del nostro matrimonio non abbiamo organizzato più nulla.. siamo ad un punto morto! », la sua voce tremava ed io mi sentivo sempre più in colpa. Non avrei mai trovato il coraggio di farle del male.
« C’è ancora tempo »
« C’è ancora tempo.. certo. Edward io ti amo, non potrei sopportare di perderti », la voce di Rose sembrava rassegnarsi. Lo amava, com’era giusto che fosse.
« Ti amo », a quelle parole crollai, mi accasciai a terra, cominciai a respirare anche male. L’avevo perso. Amava lei, non me. Era stata una bellissima parentesi quella che avevo vissuto con lui, ma era finita.
Era finita. Era finita.
Mi raggomitolai fortemente in me stessa, cercando di darmi forza, poi la mia mano scivolò sulla mia pancia. Era quel piccolo agglomerato di cellule la mia forza. Mi rialzai ed andai a letto, non mi sarei fatta abbattere. Ero stanca di combattere qualcosa che aveva smesso di lottare due anni prima. Questo è il secondo pezzo:Trovai Edward seduto al bancone della cucina, evitai di guardarlo, dovevo evitare i suoi occhi se volevo andarmene. Dovevo uscire di nuovo dalla sua vita, perché non riuscivo ad amarlo nell’oscurità, volevo amarlo alla luce del sole, ma questo non era possibile. Non quando amava Rose. Presi una semplice spremuta ed uscii dalla cucina, non c’era più nulla da dire.
« Bella.. », mi prese per mano e lentamente mi voltai verso di lui, non dovevo guardarlo, altrimenti sarei crollata.
« Devo andare », dissi togliendo la mia mano dalla sua. Dalla scala scese Rose, sembrava felice, non c’era traccia di rabbia sul suo volto. Sorrise.
« Buongiorno »
« Buongiorno », le risposi mettendomi il cappotto, non vedevo l’ora di uscire di casa e respirare. « Perché eri in hotel con Edward a Los Angeles? », mi bloccai sul posto. Mentire, mentire era l’unica soluzione.
« Ero lì per un pranzo di lavoro e non mi sono sentita bene, Edward mi ha soccorso », risposi cercando di sembrare il più sincera possibile.
« Solita storia »
« Cosa vuoi Rose? », domandai seccata, aveva tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata con me.
« Niente.. non voglio niente, solo che quello che è mio rimanga mio », disse sicura delle sue parole, non aveva ancora capito che da lei non mi facevo abbattere.
« Allora tienitelo stretto! », le diedi le spalle ed uscii di casa, il gelo mi avvolse, ma stavo meglio decisamente fuori che in casa.
« Bella! », mi voltai e trovai mia sorella stretta nella sua vestaglia, « Cosa vuoi? », le domandai.
« Mi dispiace per prima.. non volevo accusarti di nulla », si scusò, non me lo sarei mai aspettata.
« Non ti preoccupare », le sorrisi.
« Ho paura di perdere Edward », disse piangendo, mi si stringeva il cuore a vederla così.
« Lui ti ama », le dissi abbracciandola, trattenendo le lacrime che cercavano di uscire dai miei occhi stanchi.
Cadere, cadere e rialzarsi. Cadere ed essere forti, cadere senza rischiare di spezzare il proprio cuore. Io non riuscivo a vedere le persone che amavo crollare, preferivo farlo io. Masochista? Probabilmente sì. Questo è il terzo:Stava bene, il mio bambino stava bene, aveva quasi sette settimane ed era lungo circa un centimetro, continuavo ad osservare l’ecografia e a piangere lacrime di felicità. Chissà come sarebbe stato il colore dei suoi occhi, i suoi capelli, il suo carattere. Sarebbe assomigliato a me o una coppia esatta del suo papà. Cosa avrei detto ad Edward? Come l’avrebbe presa? E la mia famiglia? Mi avrebbero abbandonato così come avevano fatto dieci anni prima, sicuramente l’avrebbero fatto, quando avrebbero scoperto chi era il padre del mio piccolo. Sinceramente? Non mi interessava.
Ero tornata al mio posto felice, il mio ufficio. Pratiche su pratiche riempivano la mia scrivania, così tanto lavoro che non avevo avuto nemmeno il tempo di pensare al casino della mia vita. A non pensare che Rose era uscita con Edward la sera prima e non era ritornata a casa, a non pensare che ero sola e che quello che era successo con Edward non era altro che una piccola parentesi di una felicità che ormai era svanita.
« Bella? », il volto sorridente di mia sorella fece capolinea nel mio ufficio, era raggiante.
« Rose, ciao »
« Ti disturbo? »
« No.. entra pure », le dissi alzandomi e lasciando perdere le carte sulla scrivania, dovevo toglierle qualsiasi dubbio avesse su di me, e cominciare con l’essere una brava sorella, mi sembrava la giusta strada da seguire.
« Grazie »
« Non sei tornata a casa questa notte », dissi per farmi del male, non lo volevo sapere il motivo della sua assenza, ma evidentemente mi piaceva soffrire, non sapevo spiegarmelo in altro modo.
« Ieri sera mi ha portata a cena fuori », disse con aria sognate, era tornata la Rose innamorata quella che non vedeva la verità. Probabilmente, sapeva ma le andava bene così.
« Bello.. e dove siete andati? », domandai andando verso il tavolino dove avevo la macchinetta del caffè con le cialde, non amavo granché il caffè americano, preferivo l’espresso italiano e il ginseng. Gliene preparai uno per distrarmi dal suo racconto, ma si sa il caffè delle cialde è istantaneo, il tempo di un click e tornavo alla crudele realtà.
« Al ristorante del Four Season »
« Wow.. è un ottimo ristorante », dissi dandole la tazzina di caffè.
« Lo so.. è stata una serata magica.. dopo cena siamo saliti su e abbiamo fatto l’amore, è stato diverso dalle altre volte. Ho perso il conto delle volte in cui mi ha detto che mi amava. Sono così felice con lui, è l’uomo giusto per me », colpita, centrata all’altezza del cuore, lei aveva vinto. Lui aveva scelto lei. Mi aveva chiesto tempo, pensavo ci mettesse un po’ di più, meglio così.
« Si.. è l’uomo giusto per te », Edward amava lei, dovevo accettarlo.
« Non vedo l’ora che arrivi il giorno del matrimonio »
« L’unica cosa che importa è che tu sia felice », avevo promesso di essere egoista e di anteporre la mia felicità a quella degli altri, ma a che scopo se Edward amava lei? Io ero stanca di amarlo di nascosto, ci avevo provato ma ormai eravamo lontani a oceani di distanza. Avevi bisogno di lasciarlo andare, altrimenti non averi più vissuto. Io non volevo sopravvivere, io volevo vivere.
« Grazie Bella », Rose mi abbracciò, e li capii che per vivere dovevo andarmene da New York, avrei cresciuto il mio piccolo con i nonni a Los Angeles, loro, ne ero certa, non mi avrebbero giudicato. Sarei potuta tornare anche a Londra, i Cullen avrebbero amato il mio piccolo, ma come facevo con Edward? Non volevo che lasciasse Rose, per prendersi le sue responsabilità nei confronti del bambino, io lo volevo perché mi amava, ma evidentemente non sarebbe andata così.
« Di nulla »
« Ora vado.. tra un po’ comincia il mio turno »
« Certo.. ci vediamo a casa? »
« No, esco con Edward questa sera. Andiamo a vedere Chicago a teatro », mi venne da ridere, da niente uscite per mesi ad un’uscita a sera, Edward voleva proprio farsi perdonare.
« Allora buona serata »
Rose uscii dal mio ufficio, tornai alla mia scrivania, dal cassetto presi l’ecografia del mio piccolo, era talmente piccolo, ma mi dava così tanta forza. Prendevo la pillola non avrei mai pensato di poter rimanere incinta, anche perché dopo l’incidente mi avevano detto che sarebbe stato difficile, ma non impossibile, e nonostante tutto il mio bambino c’era. C’era ed era la mia forza. Una lacrima scese sul mio volto, mentre le mie mani erano sulla pancia, come a proteggere il mio piccolo dalla crudeltà della vita.
« Miss Swan la documentazione che mi hai chiesto è pronta », Kate entrò nello studio con una pila di fogli in mano, le avevo detto milioni di volte di bussare, ma sembrava non voler sentire. Andava bene così, era comunque un’ottima assistente, doveva pur avercelo un piccolo difetto.
« Grazie.. non era una cosa che mi serviva subito », dissi asciugandomi le lacrime che mi erano scese.
« Allora io vado, se non ti serve altro », Kate sorrideva, la sua relazione con Riley proseguiva a gonfie vele, secondo le voci di corridoio che mi erano giunte all’orecchio. Mi piaceva così spensierata, mi ricordava me all’inizio, poi sono diventa un avvocato, e sono cambiata. Non solo al lavoro, ma soprattutto nel mio essere, spesso non in meglio.
« Fare l’avvocato.. non è il mestiere più semplice del mondo, devi imparare a recitare, a negare l’evidenza, a rendere l’impossibile possibile davanti ad un giudice.. poi questo atteggiamento cominci a portartelo anche nella tua vita privata », avevo racchiuso la giovane me in un piccolo angolino, pensando che non valesse nulla, quanto mi sbagliavo. « Diventi il numero uno, tutti ti vogliono, tutti vogliono essere te.. ma poi torni a casa e sei sola, anche se hai una famiglia, con il tuo atteggiamento fai loro del male, ma non ti interessa. Fino a quando non vengono a spiattellarti in faccia tutta la loro felicità, cosa che tu non hai », io sola ero la causa del mio male, è troppo facile dare la colpa agli altri, « Allora ti senti una fallita, ma questa è solo una tua scelta. O sei la numero uno o sei felice », conclusi guardandomi attorno, avevo tutto, eppure non avevo nulla.
« Non penso sia così.. spesso ascoltiamo la ragione, pensando che sia la scelta giusta, ma non siamo dei robot Miss Swan, abbiamo dei sentimenti, che vanno ascoltati », disse con convinzione, non mi era mai capitato di aprirmi così tanto con una collega di lavoro.
« E se questo porta a star male delle persone? », se portava Edward a rinunciare alla persona che amava, che felicità avrei vissuto io?
« Ogni tanto bisogna essere egoisti Miss Swan », ero stanca di sentirmi dire di fare l’egoista, da quando esserlo era la cosa giusta? Le persone egoiste sono le peggiori al mondo ed io non volevo fare parte di quella categoria.
« Puoi andare », Kate fece un sorriso tirato, non volevo trattarla male, ma non volevo mostrarmi debole, avrei perso la mia autorità.
« Posso fare qualcos’altro per te? »
« Il tuo lavoro », risposi fredda come il ghiaccio. Stavo tornando quella di prima, era ciò che volevo, beh forse era la mia unica scelta.
Come potevo fare del male a dei occhi così puri? Come potevo nascondergli che dentro di me cresceva suo figlio? Come facevo? Edward se ne stava lì, non aveva detto nemmeno una parola da quando era entrato nel mio ufficio, mi guardava ed io ricambiavo. Qualcosa era cambiato, ma nessuno dei due aveva il coraggio di infrangere quel silenzio che a suo modo ci proteggeva dal male che le parole possono fare.
« La ami Edward? », era inutile girarci attorno.
« Si.. », rispose piano, senza nemmeno avere il coraggio di guardarmi negli occhi.
« Lei è fortunata.. lei è meglio di me, è meno complicata. Più solare, lei è vita », io il coraggio di guardarlo negli occhi l’avevo, nonostante il dolore lancinante. Nonostante la voglia di scappare, nonostante tutto.
« Bella.. », Edward si avvicinò, « Non dire così.. tu sei la.. », io mi allontanai.
« Non lo dire, evita. Ho così tante colpe che niente mi renderebbe migliore di Rose », non volevo essere in competizione con nessuno, tanto meno con mia sorella, « Ben, nostra figlia, Luke, non ci sono più. E in un modo o nell’altro è colpa mia », farmi odiare per allontanarmi da lui era l’unico modo che conoscevo per non crollare.
« Luke non è morto per colpa tua », quanto si sbagliava, ma lui sapeva, come lo sapevo io.
« Se avessi messo due chirurghi, come facevo sempre, Luke sarebbe vivo oggi e non tre metri sotto terra! », uno stupido errore, ed una famiglia non aveva più un figlio.
« Luke era troppo debole, era già andato in arresto cardiaco quando è arrivato in ospedale, nessuna operazione l’avrebbe salvato », ancora con questa sua stupida teoria. Cosa gli costava dire è colpa tua?
« Perché hai deciso di salvare me e non nostra figlia? », dovevo saperlo, cosa l’aveva spinto a scegliere me? Perché io e non la piccola? Perché non ero stata in grado di proteggere la mia piccola? Avrei commesso lo stesso errore di nuovo? No, perché ne sarei morta.
« Se cercavo di salvare nostra figlia, avrei perso te », si avvicinò ed io mi allontanai.
« Potevi svolgere le operazioni contemporaneamente », si vantava tanto di essere un bravo chirurgo. Invece.
« Non sei fatta d’acciaio Bella, non avresti retto due operazioni, sei sopravvissuta ad una per miracolo », nemmeno lui l’aveva ancora capito.
« Dovevi salvare lui.. o meglio dovevi operare Luke.. dargli una possibilità.. io quel giorno sono morta assieme alla mia bambina » Questo è il quarto:Quel ricordo mi coli con una violenza tale che mi divetti sedere per la paura di poter rivivere quel momento, non doveva più succedere.
« Pensi che io abbia continuato a vivere? », domandò alzando la voce, lo guardai e per poco non gli risi in faccia, « Ti stai per sposare, quindi penso di sì », risposi con sarcasmo.
« Bella quel giorno non sei stata l’unica a perdere una figlia. Io ho perso mia figlia e ho perso te.. »
« Ti sposi », nessun uomo era entrato nella mia vita dopo Edward, ma lui si sposava, e poco importava che la fortunata era mia sorella, non centrava nulla. Aveva avuto le forze di innamorarsi ancora, quando io al solo pensiero mi sentivo male.
« Lei è riuscita a farmi tornare a vivere.. le devo molto. Rose mi ha convinto a tornare in sala operatoria, non avevo più operato dal giorno dell’incidente. E sai perché? », scossi la testa alla sua dimanda, nemmeno sapevo che si era bloccato.
« I tuoi occhi, le tue accuse, te viva per miracolo, nostra figlia morta. Mi sentivo una totale nullità. Avevo fallito sia come uomo che come medico. Rose mi ha preso per mano, mi ha dato un bisturi e mi ha detto che non sono Dio onnipotente, che non posso salvare ogni mio paziente. Quando non c’è più nulla da fare, non c’è più nulla da fare e basta. Bisogna accettarlo. Ecco lei mi ha insegnato ad essere umano », non mi ero mai realmente resa conto di quanto l’avessi ferito. Lui nella sua vita aveva trovato Rose che l’aveva salvato dal baratro in cui io stessa l’avevo buttato, lei era la sua salvezza.
« Mi dispiace », non sapevo cosa altro dirgli, mi vergognavo così tanto.
« Anche a me.. perché credimi ho fatto di tutto per salvarvi entrambe », c’era un oceano tra me e lui, tutte le speranze, le illusioni che mi ero fatta erano vane. Partivamo già sconfitti in partenza. La ferita che ci sperava era troppo profonda, non c’entrava più l’amore. Io mi ero arresa, lui anche. Quando non c’è più nulla da fare, non c’è nulla da fare e basta.
« Come sta il mio miglior avvocato? », Garrett rispose contento al primo squillo.
« Voglio lasciare New York » Un bacione grandissimo ciao *____* |