Ehm – cough, cough – allora…
Commentare questa storia è nell’elenco delle cose da fare da tipo – uhm – un annetto abbondante direi, sì, sì; insieme a riordinare l’armadio, lavare i miei cani (o quei Gremlins che girano per il cortile) e fare il tagliando alle rotule. Dei, che vergona, ma vergogna-vergognosissima.
Dunque, partiamo dalle presentazioni, che dici? Sarà meglio?
Sta bene, allora: buondì, Mokochan!
Prima d’ogni altra fesseria che – so bene – sparerò, mi devo subitamente prostrare ai tuoi piedi per l’abominevole ritardo. No, perché: nonostante abbia e stia seguendo questa magnificherrima storia dall’anno scorso, nonostante l’abbia pure infilata tra i preferiti, nonostante sia scritta a meraviglia; io (alza la mano) non l’avevo ancora recensita. Se scorri la lista dei lettori, io sono lì in mezzo, e ci sono da tanto. Mamma mia, che… lentezza. Mi scuso quindi per essere arrivata solo ora: avrei voluto e dovuto passare prima; mannaggia. E dovendo rimediare a una ventina di capitoli, temo questa sarà una recensione parecchio lunga. E idiota; questo è sicuro. Perciò, bon: spero la tua prossima mezz’ora sia libera, perché parto (si alza e se ne va).
Allora, torno agli inizi, anzi, a una stupidata che non ha una gran rilevanza, ma devo dirtela.
La ragione per cui ho iniziato a leggere “Bloody Rose”:
«Ho sentito dei rumori mentre controllavo la tenuta, e mi sono incuriosito. Tu non dovevi rimanere illeso?», aggiunge, dando un’occhiata a Naruto.
«Avevo proprio voglia di farmi trapassare la spalla da un proiettile, così sono uscito e mi sono fatto sparare dal primo pazzo che passava. Mi annoiavo.»
Ecco, è questa.
E mi aveva subito fatto sganasciare dalle risate (rideva). Va, pure adesso sto ridendo (ride). Ah, Nacchan, io ti voglio bene – smack –, ehm, ma vediamo di parlare della storia vera e propria.
Allora, parto dal contesto, dall’ambientazione.
Io forse non ho molta dimestichezza col fandom, tuttavia non credo ci siano molte storie “in costume”, e nella fattispecie, calate in un periodo storico così preciso: l’Inghilterra vittoriana. Cacchio, figata (shakera i pugnetti). Davvero, complimenterrimi per la scelta, perché penso sia maledettamente complicato dover ribaltare tutto l’universo simil-nippo-medievale di papà Kishy in uno scenario tanto differente dall’originale (perché Narutoland è un mondo un po’ burino e sostanzialmente militare), e se la trasposizione non è fatta con cura e intelligenza, si rischia lo stravolgimento dei personaggi o una messinscena anacronistica; cosa che qui, invece, non è minimamente accaduta. Sarà per bravura tua, capacità o inventiva, ma comunque è straordinario il passaggio dei pargoli della Foglia a questa borghesia gallese di metà Ottocento (oddio, perché siamo in Galles, vero? – e, infatti, erano in Scozia – d’oh). E ci sono tutti ma tutti: i nobili Hyuuga, i Sabaku, Shika figlio del dottore, Ino, Tenten, Temari e Shino come manovalanza, i Senju imparentati alla famiglia reale, Naruto stesso che è stato alle dipendenze della regina Vittoria (grande dobe, al servizio di Sua Maestà – fanghérla –), e c’è perfino Orochimaru visconte e il cane Kurama (looove). Complimenti davvero per essere riuscita ad aggiustare tutto in maniera, ehm… boh, consona: ruoli, rapporti, fino ai personaggi stessi; ognuno è dove dovrebbe essere, diverso e simile al modello di base. Lo stesso per la coerenza all’ambiente. Non so se a te piaccia il romanzo storico, ma mostri di non aver improvvisato nulla; lo stesso il linguaggio – nel parlato come nella narrazione – è molto ricercato e affine al tipo di contesto, tant’è che nella tua storia le persone non si voltano, ma si volgono, non ricordano, ma rammentano, non sono cattivi ma deplorevoli, recano danno, provano turbamento e via così. Insomma, un lessico d’altri tempi (roba che neanche il Signor Darcy, giusto cielo! Miseria, ti saranno spuntate le crinoline a un certo punto).
Vabbè, potrei poi stare qui a lodare come scrivi, perché, cacchiarola: scrivi benissimissimo. Forse è dovuto a una tua dote, alla pratica o perché magari leggi tanto, boh, non lo so; fatto sta che comunque scrivi davvero ma davvero, davvero benissimo. Ora, okay, io non sono nessuno per giudicare o lusingare, sapendo giusto scrivere il mio nome; però, per quello che vale, scrivi benissimo: precisa e coincisa, restituisci l’immagine degli ambienti e delle azioni senza perderti o usare trecento aggettivi o perifrasi, e coinvolgi senza essere pesante. È tutto molto… elegante, ecco. Sobrio, non c’è eccesso ma equilibrio.
Altro punto a tuo grandissimo favore è la trama: l’intrigo, le manfrine di ’sti nobiluomini e nobildonne; e questa scelta o preferenza ti fa molto onore, perché implica tante cose, come coerenza tra gli eventi narrati e una costruzione a priori bella solida. Dev’esserci un lavoraccio notevole dietro; io ovviamente non ci ho capito un’acca che sia una, eh, ma questo vuol dire che il mistero funziona (e che io sono la solita ritardata). Ed è una componente importante della storia, perché incasina tutti i rapporti: tra Naruto e Hinata, in primis, tra Hinata stessa e babbo Hyuuga, e tra gli Hyuuga e le altre famiglie nobili.
E a proposito di Naruto e Hinata (sospira), caspio, sei proprio brava.
Ho già detto che sei brava a scrivere, ma mi piace un casotto anche come… ehm… come li tratti, come li muovi, sia separati sia in interazione, e come descrivi l’uno attraverso gli occhi dell’altro a volte. Bellissimi, davvero. Sarà perché (miracolo di Natale) qui il dobe è stranamente spigliato a livello sessuale, sarà che Hinata contessina è un quadro solo a immaginarmela, sarà che l’Inghilterra vittoriana mi ha sempre ispirato malcostume e porconaggine, dietro a tutti quei tendoni, sarà che una volta da piccola ho mangiato il “Didò” (quello rosa, eh. Era così morbidoso, sembrava una “BigBabol”; e dovrebbe essere atossico, vero? – e morì –); ma, oh, sono bellissimi, davvero. Impacciati (Hinata), buffi (il dobe), ma non solo cuoricini e bollicine, perché c’è pure diverbio (tipo lui che vuole ammazzarle il genitore), sintonia e diversità di opinioni (e il mio lato fanghérl aggiungerebbe tensione sessuale, non si fosse strozzato con il “Didò”). Ma oltre al NaruHina, mi è piaciuta un casino anche la famiglia Hyuuga: con Hiashi padre-padrone, le due sorelle legatissime e poi il fantasma della madre. Il rapporto Hanabi-Hinata, in particolare, è bellissimo: non so se tu parli per vissuto personale nel descriverlo, ma ti è uscito vermante bene, realistico ma non banale (e parlo da sorella minore, succube della maggiore, eh. Succube, ma sempre con tanto affetto – maledice la sorella –). Hanabi, poi, è veramente una meraviglia: snob, saccente, vuole avere sempre l’ultima parola, dura per nascondere di essere fragile; e poi non le manda a dire a nessuno, neanche a babbo Hyuuga: grande Hanabi! Una suffragetta, quasi (suffragette, urrà!).
Babbo Hiashi, invece… ecco, ora dirò una cosa strana, ma a me lui piace. Nel senso: Hiashi sarà un aristocratico borioso, un capo famiglia autoritario e degenere, che usa violenza anche sulle proprie figlie, uno stupratore (e forse è stato lui ad assassinare Kennedy, a Dallas); però… c’è sempre qualche particolare o più particolari ricorrenti – la camera matrimoniale, la moglie defunta e quel giardino che pare quasi un mausoleo –, alla luce dei quali, sì, lui sarà anche un gran teme, però, tu, me lo rendi anche dolorosamente umano. E quindi non totalmente o piattamente odioso, solo… odiato, non necessariamente odiabile; e mi sto contraddicendo alla grande, ma tu non farci caso (è colpa del “Didò”). E poi c’è il giardino, che è, a fasi alterne, inquietante e fiabesco: pare quasi un personaggio. E Hinata: Hinata è incantevole, ma non come una principessina; è di una bellezza composta, quasi costretta. Guarda, ti riporto i pezzi in cui l’hai ritratta meglio:
Ha […] ciglia lunghe, occhi luminosi, ma di quella brillantezza che si spegne nel tempo […]
Le mani scivolano sul viso, lo coprono, nascondono le lacrime e un sorriso imbarazzato.
Poi il buio cala. La luna - invisibile agli occhi, ma pur sempre presente e pallida -, è coperta da un’enorme nuvola grigia; un velo opaco ne ha offuscato lo splendore, come le mani con la sua incoerente letizia.
Quando i sentimenti si quietano, leggeri, Hinata lascia cadere le braccia lungo i fianchi e, pensierosa, chiude la finestra, dando le spalle ai giardini e all’ombra della sua pazzia.
Ecco, miseria, mi… mi hai sfiorato il cuoricino, sai? Davvero (si asciuga gli occhi e il moccolo).
E poi Naruto. Tu descrivi a meraviglia Hinata, ma Naruto… Naruto è stupefacente. È una cosa straordinaria, perché è proprio lui: è narutosamente Naruto, ecco. È caratterizzato benissimo: nell’idiozia, nella schiettezza e indiscrezione di alcuni comportamenti, buono ma non buonissimo; e la cosa fantastica è che, nonostante il contesto, il passato, gli intenti e tutto quanto siano diversi, quasi opposti a quelli dell’originale, il carattere non mi pare alterato. È e rimane sempre lui (e sembra quasi una barzelletta che qui sia lui “Il Vendicatore” – Sas’ke, su, non prendertela; dai –). Lo stesso anche per gli altri personaggi, che sono sempre loro: Sai, Shika, Ino, Kiba e Sasuke! Io non solo so perché, ma ogni volta che compare Sasuke, rido come una scema; tipo:
[…] per un attimo sembra tentato di sparare alla moglie ma, convinto che non si tratti di una buona idea, nasconde dentro la giacca l‘arma del delitto, silenzioso come un gatto.
«Testa quadra, forza, svegliati»
Testa quadra? «Sasuke, vedi di... crepare... subito...»
Un ghigno. «Parli proprio tu?»
«Questo luogo è pieno di bastardi.»
Sas’ke (ride), ti adoro (ride); mamma mia. E a te forse starà poco simpatico – ma correggimi in caso contrario –, però ti viene comunque bene, davvero; e se ci ho preso sull’insofferenza, allora, a maggior ragione complimenti.
E poi… boh, non saprei proprio che altro dirti, se non che in certi punti sai creare un’atmosfera, delle immagini tra il dipinto e l’inquietante, veramente belle.
Una brezza leggera li colpisce, lasciandoli al loro imbarazzato silenzio - un silenzio forse troppo intimo e privato, forse insolito, forse semplicemente una cupa serenità.
Naruto la guarda con gli occhi spalancati, poi scoppia a ridere, senza riuscire a fermarsi; la sua singolare risata si mescola al rumore della pioggia che cade attorno a loro, e a malapena li sfiora - c’è un’armonia insolita, un qualcosa che Hinata non ha mai percepito.
Le piace.
Una carezza e gli occhi cerulei del Namikaze si spengono, lasciando posto al buio.
«Come desiderate. Ah, ho scoperto un‘altra cosa e non so quanto vi piacerà», il servo socchiude leggermente gli occhi neri.
Naruto lo fissa a lungo, prima di dire: «Vai avanti».
Sai annuisce, poi si volta. Chiude le tende e il buio cala, annullando la luce della luna.
E queste sono alcune, perché ce ne sarebbero tante altri; e aggiungo anche che i capitoli migliori, a mio avviso, sono quelli conclusivi di ambo le parti (perché a me Nacchan piace soprattutto malmenato).
Vorrei tanto riuscire a elogiare l’intreccio, i vari decessi, comparsate, collegamenti tra personaggi e oscure macchinazioni, ma purtroppo io faccio schifo a intuire o dedurre (non beccavo il colpevole neanche in “Detective Conan”, fai te). L’unica cosa che ho chiara, al momento, è che Naruto è, cioè, era lì per vendicarsi, sebbene dovesse andarci Minato, in principio (ah, Minato! Lo so che non è propriamente Minato Senior, ma la venerazione che ho per papà Namikaze me lo fa adorare per estensione. Ah, Minatokkjfnvjfnvjljhk – sbava –), per questioni di freddezza e autocontrollo, penso; tuttavia il fratello non mi sembra favorevole al piano. La cosa va avanti comunque, tanto che mezza servitù Hyuuga è loro complice, fra cui Sai che fa il doppio o triplo gioco. Poi arriva il primo morto (Gai-sensei), il secondo (Kakuzu) è fuoriprogramma, al terzo (Iruka-sensei) Hiashi mangia la foglia, il dobe imprigionato, fuga, quarto cadavere (Tenten, sigh) e Hinata come souvenir.
Ora… mortacci stracci: situescion ingarbugliescion, ma super-ingarbugliescion, eh.
E tu sei terribile – nel senso migliore (?) del termine – per aver escogitato tutto ’sto viavai di gente e omicidi, facendo sempre combaciare i pezzi: mamma saura, complimenti davvero.
Niente, concludo perché sto perdendo la sensibilità ai polpastrelli (uh, le mani palmate, bello!), per cui, boh, aspetto la resa dei conti Namikaze-Hyuuga (sia Hiashi-Naruto, sia Hinata-Naruto; ma pure Hiashi-Hinata. E Hinata-Hiashi-Naruto, perché no. Oddio, è nata una nuova threesome). Ah, e mi aspetto anche tanto NaruHina: ma tanto NaruHina. Ma tanto NaruHinajhsdkhsdlvadhl-; scusa, mi è partita la mano.
Prima di chiudere e tornarmene nella bara o nell’armadio (Narnia, sto arrivando), ti chiedo ancora umilissimamente scusa: scusami tantissimissimo per il ritardo considerevole, per non aver mai recensito la storia (avendone comunque approfittato), per essermela sbrigata con un unico commento riassuntivo, e per aver parlato di tutto e niente come neanche mia madre e le mie zie alle cene di Natale. Sono veramente mortificata e mi sento un verme, perché sono indietro con tutte le recensioni e non so davvero quando potrò o se potrò mai recuperare. Scusami davvero, Mokochan; spero solo di non averti infastidito troppo con questo mutismo.
Aiuto, credo di aver appena perso un dito; che gioia.
Niente, ancora complimentissimi per la fic e per la tua bravura; e scusa ancora il ritardo disgustoso (e le chiacchiere sul “Didò”).
Un saluto, allora, e grazie mille per… beh, per questa storia.
Adios o a presto!
(E morì.)
SuperTeleGattone
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P. S. Scusa; perdona la ficcanasaggine, solo una curiosità dell’ultimo momento… ma il tuo nick è mica collegato alle CLAMP? Sì, insomma, alla Mokona di “Rayearth” (o alla disegnatrice, scegli tu)?
Oh Sampei, che cosa nerd che ho appena detto (muore per davvero).
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