Innanzi tutto grazie mille per i tuoi ringraziamenti. Sei sempre troppo gentile!!! Sono io che ringrazio te per scrivere storie così meravigliose! XD
Ed ora vado con ordine. Il titolo anticipa il tema del capitolo: "Falling", la caduta vertiginosa e senza rete di un eroe. Una caduta tanto più dolorosa e tragica proprio perché precipita dalle vertiginose altezze dell'eroismo senza incertezze né dubbi di un Iron Man toppo sicuro di sé e troppo fiducioso nelle proprie possibilità, da rendersi veramente conto che qualcosa può andare veramente storto e qualcuno può pagare per questo. Con il sangue. Sangue innocente.
Nella prima parte sei bravissima a descrivere questa sua sensazione di sicurezza eccessiva, quasi di onnipotenza. Perchè è una missione semplice, come mille altre volte, nulla fuori dall'ordinario. E proprio questa insistenza sul fatto che si tratti di routine, di noiosa consuetudine, che crea quella sensazione di allarme che ti prende allo stomaco e ti dice che invece c'è qualcosa che non va, come quando dici: "Ordinaria amministrazione, per Iron Man." oppure "... nulla di interessante in apparenza, ..." oppure ancora nelle parole con cui si rivolge a Fury "“Non preoccuparti, Nick, lascerò qualche soldato di bassa lega per i tuoi agenti, così potrai sentirti utile anche tu.” o a Barton "“Portate spumante e pasticcini, allora, perché arriverete giusto in tempo per festeggiare la mia vittoria.”. Parole irriverenti, con una punta di divertito sarcasmo, quasi a voler irridere la missione, ma anche la vita stessa, come nel suo personaggio, che sembra non prendere nulla veramente sul serio.
La stessa derisione, lo stesso tono leggero divertito e un po' canzonatorio con sui si rivolge ai terrostisti quando dice loro: “Giusto per farla breve, siete tutti miei prigionieri. Ora deponete le armi e da bravi terroristi obbedienti mettevi faccia a terra.”. Tutto questo contribuisce a creare da un lato la sensazione che invece qualcosa di tremendamente storto sta per succedere, come ho già detto, dall'altro il contrasto con l'abisso nel quale Tony sta per cadere: Iron Man, novello Icaro, si crede talmente in alto da toccare metaforicamente il sole, non consapevole che quando precipeterà, la caduta sarà tanto più rovinosa e le conseguenze più devastanti.
Con la stessa sicurezza ed inconsapevolezza, con lo stesso tono canzonatorio e leggero affronta anche Schmidt, senza porsi il problema se sia o meno in grado di affrontarlo e di preparare un piano d'attacco (e qui la citazione dal film ci sta tutta: "Io ho un piano: attacco!" XD) perchè lui è Iron Man e un vecchio nazista, sopravvissuto a se stesso, alla sua epoca e alla follia che li aveva fatti pensare di poter conquistare il mondo, non può rappresentare una minaccia per Iron Man. Almeno non dovrebbe.
Ma a volte semplicemente le cose non vanno come dovrebbero. E invece di una "vittoria schiacciante" com'era prevedibile e nell'ordine naturale delle cose ... "tutto era crollato." Compreso Iron Man. Ucciso dallo schiacciante senso di colpa. Ucciso dal sangue innocente versato. Ucciso da quelle immagini di "corpi contorti, volti terrorizzati e tanto sangue da imbrattare per sempre la superficie del suo animo" Ucciso dalle implorazioni che ha dovuto ascoltare impotente: "“Iron Man... aiuta... mi.” Impotente e colpevole. Perché sì, era stato avvertito del pericolo di "danni collaterali". Anche se lui aveva preferito non dare ascolto a quell'avvrtimento, perché lui è (era) Iron Man e "... non esisteva dito, né pistola, che reggesse il confronto con la rapidità di fuoco di cui era capace la sua armatura."
E quando i danni collaterali prendono la forma e il volto di bambini innocenti, massacrati perché lui non ha voluto ascoltare,, perché non ha voluto fare attenzione come gli aveva detto Fury, perché ha sottovalutato il nemico, Iron Man cade e va in mille pezzi.
Dopo il flashback, torniamo al momento presente con gli Avengers che cercano Tony, in particolare Natasha, con i suoi particolari modi, cerca di estorcere informazioni sul luogo della prigionia di Tony ad un prigioniero.
Due sono gli elementi che ho amato in maniera particolare in questo pezzo: la descrizione dell'atteggiamento freddo e distante di Natasha, che è come se si "spegnesse" e il suo io andasse altrove e rimanesse solo la fredda assassina, colei che compie il proprio "lavoro" (tortura di un prigioniero) con meticolosità e spietata freddezza, senza tirarsi indietro. Impenetrabile ad ogni emozione. Come il suo sguardo. Come il suo volto.
Eppure in quelle "spalle rigide" per la tensione non posso fare a meno di percepire una sorta di incrinatura in quel muro di insensibilità che si è costruita intorno, quasi che se si lasciasse andare quella corazza protettiva di fredda determinazione potrebbe andare in pezzi e lei stessa potrebbe esserne risucchiata.
La seconda cosa che ho apprezzato è che l'interrogatorio è anche visto dagli occhi di Barton, il quale, per una volta, non è un osservatore distaccato dalla sua posizione tradizionale del suo "nido", ma vede da vicino e ne rimane turbato. La paura di veder scivolare la propria donna nell'abisso dell'insensibilità e del "lato oscuro", di vederla oltrepppassare quella linea sottile che segna il confine fra il bene e il male, fra il giusto e lo sbagliato (e torturare un prigioniero senza provare nessuna emozione, anzi quasi con una certa soddisfazione, è sbagliato) è il giudizio morale che identifica la differenza sostanziale fra gli eroi (gli Avengers) e lo Shield (che non esita a dimenticare etica e morale, in nome del raggiungimeto dl propro fine). Perché ci sono delle cose che non si possono fare e basta. Altimenti rischi di scivolare nell'abisso.
Ho apprezzato che Barton, nonostante tutto non la lasci mai sola (anche se solo con lo sguardo o con la sua silenziosa presenza al suo fianco) perché se anche lei dovesse scivolare in quel buco nero, ci sarà lui a prenderla per mano e non lasciara cadere: "Rimase comunque, solo per ricordarle che lui c'era, che lei faceva ancora parte dei buoni e le ombre del suo passato di sangue non sarebbero riuscite a inghiottirla perché era pronto a tenderle la mano per salvarla di nuovo."
Questa frase racconta molto più di mille parole lo speciale e profondissimo legame che c'è fra loro. E l'ho trovata magnificamente in linea con i personaggi, che, a loro volta, sono tremendamente IC. Come nel brevissimo, ma intensissimo e pieno di significati reconditi, scambio di battute finale: “Andiamo a riprenderci Stark.” gli disse, infilando un coltello nella fondina legata al ginocchio.
Lui le diede il bentornato con un sorriso.
“Dopo di te.”
La prima cosa che mi è piaciuta moltissimo nell'ultima parte è che l'intermezzo di Natasha e Barton lascia intendere che siano loro a salvare Stark. Le parole: "Stark? Questa sì che è una sorpresa.”, ma soprattutto il "timbro morbido ed altezzoso di quella voce" ci una realtà lascano immaginare ben diversa...
Anche Tony pensa che gli Avengers siano venuti a salvarlo, ma poi comprende che non è così. E che non è salvo affatto.
La seconda cosa è l'atteggiamento disinteressato prima e rassegnato poi di Tony. Come dici tu "Non c'era speranza nel suo animo, o gioia o desiderio di rivalsa, mentre attendeva la loro comparsa; solo la consapevolezza di non meritarsi il loro soccorso." Non compie neppure un gesto, non muove nemmeno un muscolo nell'anticipazione della battaglia o della libertà così prossima ormai. Non gli interessa più nulla. E come se quello che sta accadendo, nel bene o nel male, stesse accadendo ad un altro e lui fosse uno spettatore della sua stessa vita. Inerte.
E così rimane anche quando scopre che colui che è entrato non è un volto amico, ma nemico e che probabilmente lo ucciderà entro pochi istanti. Rimane lì, fermo e sconfitto, ad attendere la propria fine. Senza lottare, senza ribellarsi. Perché in fondo Iron Man è già morto.
Capitolo fantastico, con una descrizione di Tony che mi ha ricordato moltissimo sia quello degli Avengers, ma anche e soprattutto il Tony Stark di prima dell'Afghanistan, prima della prigionia, quello un po' "cazzone" che affrontava la vita con l'inconsapevolezza di un bambino viziato che non sa nulla del mondo, della sofferenza e che tuttavia crede di avere tutte le risposte. E di essere invincibile. Non è un caso che anche qui Tony è costretto a fare i conti con la prigionia, la tortura, ma soprattutto con la sofferenza e con la propria coscienza sporca di sangue innocente. L'ho adorato!!! E' così Tony, così IC, in ogni singolo gesto, in ogni singola battuta! L'hai reso perfettamente!!!
E non solo lui, anche Natasha e Barton sono perfettamente IC. Sono proprio loro!
Io non mi dovrei più stupire della tua straodinaria abilità di rendere i personaggi così veri, così reali, ma tu mi lasci letteralmente a bocca aperta ogni singola volta!!! Ma come fai? Sei un genio. punto.
E pensa quando entrerà in scena Loki... (gongola al solo pensiero ndr) Anche se... vabbé basta così ^__*
A presto (anzi prima di presto)
Romina
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