Se non fosse per voi non penserei a questa storia perfino mentre taglio le verdure in cucina!
E vogliamo parlare di quando rifai il letto e pensi ad uno scmabio di battute che sia convincente e fluido, o di quando fai manovra e mentre provi a non tamponare chi ha posteggiato a tre chilometri dal marciapiede la mente ti suggerisce la soluzione al nodo che ti si è presentato e tu vorresti gridare "EUREKA!!", lasciando andare lo sterzo (con quel che ne consegue)?
Conosco la sensazione. E la conosce ogni scribacchino che si è sporto ad osservare l'interessantissimo gorgo della storia. In cui è finito dentro, di testa, e dalla quale non vuole essere salvato. Guai a voi se!
Questo per dirti che l'amore che nutri per la tua storia traspare da ogni singola virgola, così come traspare la voglia di dare un riscatto a quel povero disgraziato del Santo del Cancro. E ti capisco. Ti capisco non solo per una questione di becero campanilismo (non tuo. Mio), quanto perché siamo forse troppo grandi per credere ciecamente ad una visione manichea delle cose - per quanto, il male è il male ed il bene è il bene, senz'alcun dubbio. Ma le (cinquanta) sfumature di grigio esistono, a prescindere dai romanzetti per casalingue annoiate. E sono quelle, le sfumature, a far girare il mondo. Non il bianco ed il nero.
Mi è piaciuta l'immagine di Athena che, da gran signora, si spazzola i capelli ed incassa la sconfitta. Momentanea, ché è lei quella col coltellaccio dalla parte del manico. Sempre e comunque. Però non si lascia andare a scenate isteriche, non si strappa i capelli, non trasforma nessuno un ragnaccio (e a pensare che Death Mask risale verso la vita come un ragno sul suo filo - bleah! - c'è da farti un applauso). Ride. Incassa, appunto. Perché quel che è fatto è fatto. Chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Ma lei non si scorda del passato. Nossignore. Il passato è dietro le spalle. Per il momento. Adesso c'è da disporre altri pezzi sulla scacchiera. E io sto qui a fremere e a scalpitare per vedere scendere in campo Chi Sai Tu. Uno dei due. N'importe qui.
Mi è piaciuto anche il siparietto del povero Tilemachos, che fa onore al suo nome (Colui che combatte da lontano) e si ritrova invischiato in un altro signor casino. Un pupetto che la bella brasileira scodellerà a Maggio. Ho adorato lei. Pratica. Sfacciata. Feroce, quasi, ché mi ha fatto pena vedere come chiudesse ogni possibile scappatoia al povero Tilemachos. Perché sì, abortire è peccato mortale. Si rischia la dannazione eterna. Mica cavoli. Ma che vuoi che sia togliere di mezzo una persona vile ed abbietta*, nemmeno fosse un foruncolo sulle chiappe dell'umanità?
Meravigliosa.
Su chi sarà suo figlio, direi non c'è dubbio alcuno.
Voce me apareceu
Fez o tudo virar nada
E vice versa, foi submersa
A azeitona na empada que era eu
Voce e a dona do caroco da azeitona da empada que comeu
(E adesso chi se la leva più dalla testa?!)
E volendo, possiamo usare questa canzonetta anche per Marin, travolta da Aiolia come un fiume in piena. Quando, recensendo chez moi, mi dicesti che avevi postato poco dopo di me una scena d'ammore tra i due, mi sono detta che era ora! Insomma, che Marin avesse la pagnotta in forno s'era capito (e se c'è arrivato Jabu, col suo corno che s'illumina nemmeno fosse la luce sul caschetto del minatore...), e altro che voler sentire un morto vicino vestendo il suo mantello (in estate? In Grecia, dove si boccheggia da Maggio?). Essù, Mariné, eddai...
Ho due cose da dire a riguardo della gravidanza di Marin.
La prima, è vero che non tutte le donne hanno le classiche nausee mattutine, ed è anche vero che quando ti ammazzi di fatica per non sentire quel dolore che ti spacca il cuore in dodicimila pezzettini, derubrichi tutto alla voce stanchezza. Però, possibile che non abbia sentito il seno dolerle?
La seconda è stata sul bambino che si è fatto sentire. E ora, visto che sono passati pochi mesi da quando Marin è rimasta incinta di Aiolia (un uomo, un cecchino!), quando lei ha sentito il bambino dentro di sé ("Ciao, mamma, guarda come mi diverto!!") ho avuto l'immagine - tremenda - del feeeeeto piiiiccolo piiiccolo che scalcia. Ti prego. Dimmi che ha sentito il cosmo del piccolino, e non un calcetto. Altrimenti non serve un tabarro, un mantello o qualcosa di simile, ma una tenda da circo!
Abbi pazienza con me, qualora ti avessi già sottoposto queste domande in passato; leggendo un capitolo al mese è possibile che alcuni nodi tornino a galla, come le zucche vuote. In più, la mia arteriosclerosi sta galoppando che manco Varenne, sicché mi ricordo cos'è successo nell'anno di grazia 1989, ma non cosa ho mangiato stamattina. Né se ho fatto colazione, a dirla tutta...
La terza (occhio che arriva la Spanish Inquisition!), è che mi sono messa nei panni di Marin. Davvero. Non mi è mai stata simpaticissima, vuoi perché Kurumada ce la addita come personaggio fiQuissimo, punto e basta, vuoi perché non si capisce mai cosa le passi per il cervello, e ad un certo punto i personaggi troppo misteriosi stufano. Diventano macchietta. Ma ho sentito davvero il suo dolore, la sua disperazione per la perdita di Aiolia. Me l'hai fatta sentire vicina, grazie alla tua penna che mi ha mostrato un lato umano di un personaggio troppe volte relegato al ruolo di deus ex-machina in calzamaglia, scomodo e stretto come un paio di collant bagnati.
Quanto alla scena d'amore con cui apri il capitolo (un bel diretto allo stomaco. Non perdi tempo, tu, eh? Brava!), nutro una grande ammirazione per chi riesce a non cadere nel triviale. Spesso si descrive tutto, ogni singolo dettaglio con un lessico da ingegnere della NASA (inserire il perno A nell'alloggiamento B. Quindi, ruotare di centottanta gradi a destra.), oppure si pensa sia lecito far scadere il linguaggio, con frasi che possono funzionare in camera da letto (dipende dai gusti e dal momento, credo) ma che sulla pagina "stampata" risultano quantomeno ridicoli. Invece plaudo alle ellissi, plaudo al suggerire, invece che al descrivere piatto e giornalistico - manco fosse un reportage sui leoni del Serengeti - e plaudo alla brevità dei dialoghi, rapidi e sospirati. Ma sospirati per davvero, che non regge l'immagine di due avvinghiati nel culmine della passione che declamano frasi che sembrano uscite fuori dallo zibaldone di uno che mangia pane e Divina Commedia.
Un'ultima cosa: va benissimo che il povero Aiolia sia perseguitato da Aletto (pur se non ha ammazzato suo fratello con le sue stesse mani); ma perché le chiami Furie e non Erinni?!
Insomma, capitolo apprezzatissimo che scorre liscio liscio come un bicchiere di tè freddo in un pomeriggio di canicola. Aspetto il prossimo... e anzi, visto che mi avanza un po' di tempo, mi rimetto in pari.
Fletto i muscoli e sono nel vuoto (cit.).
*(Tranquilla. Abbietto, con due b, è una variante arcaica di abietto. Pare che vada di moda il linguaggio diversamente aulico, pare.) |