mia carissima shilyss, non puoi immaginare che gioia nel trovare un aggiornamento di questa bella, bellissima storia. Fiondarmi a leggere era il minimo e questo capitolo era proprio ciò che ci voleva dopo una lunga e logorante giornata lavorativa.
Perché questo è il capitolo che paventavamo dall'inizio, dove c'era il sentore di quello che sarebbe stato, lì, tra le pieghe, i non detti e il tempo che scorreva portando con sé gli eventi che, inevitabilmente, hanno condotto qui, in questo spaccato del canone che pure tu, con le tue sapienti mani, hai saputo rendere originale e, in un certo qual modo, più completo, perché ci doni una prospettiva diversa, che è quella di Loki e delle sue macchinazioni. Qui vediamo il dio dell'inganno in tutto il suo splendore, nei suoi intrighi più oscuri, nelle sue macchinazioni più subdole, e lo vediamo spietato, mentre perpetra il tutto a danno di suo fratello, quella persona che ama e con la quale è cresciuto, con la quale ha condiviso ogni cosa e con cui si scambia sguardi d'intesa. Ma ciò che fa è un male necessario per arginare qualcosa che, altrimenti, sarebbe molto peggio. Così la vede lui. Ma sotto c'è anche dell'altro, che brucia e fa male: Odino non ha scelto lui, nonostante sia scaltro e intelligente e furbo. Non è lui che ha scelto. Ha preferito Thor per il trono, suo fratello che non è adatto al comando come lui, quantomeno nella sua prospettiva (e anche nella mia, Loki, anche nella mia...)
Il nostro Loki qui è l'eterno secondo e questo fa male, brucia e lo accende di vendetta, perché la soddisfazione non è nella sua natura, come ben sappiamo, e lui vuole tutto, ogni cosa. Ciò che pretende e desidera deve essere suo, così che il rifiuto non fa parte dei suoi piani o di qualcosa che può accettare. È orgoglioso, Loki, e quell'orgoglio, mischiato all'amore per Asgard, lo porta ad agire in maniera subdola e avventata. A tradire. Lo porta a incontrare suo padre, senza sapere che lo sia. Ho trovato davvero molto intenso quel momento d'incontro tra Laufey e Loki, quel momento in cui padre e figlio parlamentano, senza che vi sia un riconoscimento. Entrambi sono all'oscuro dell'identità dell'altro e si trovano a discutere come dei perfetti estranei, come dei nemici, perché Loki ha tanto di quel suo padre che non è davvero suo padre, ha tanto di Odio, che in quegli anni lo ha reso così simile a lui da fargli perdere qualsiasi legame con i giganti del ghiaccio. Anche solo un richiamo alle loro movenze, al loro modo di essere. Loki è figlio dei giganti del ghiaccio nel sangue, ma degli Æsir nell'animo. È diviso, è due cose contemporaneamente e nessuna delle due e questa spaccatura lo rende confuso, smarrito, attitudine che ritroviamo alla fine del capitolo, quando Loki comprende, anche se all'inizio si rifiuta di razionalizzare una verità che gli fa male. Significherebbe accettare che Odino gli ha mentito, accettare che la sua fiducia non era poi così ben riposta, che gli ha tenuto nascoste le sue origini, che lo ha reso qualcosa che non era realmente. Una scoperta logorante, difficile da accettare e digerire, soprattutto quando hai vissuto tutta la tua vita in funzione dell'orgoglio di un padre che poi scopri non essere il tuo vero padre. La goccia che fa traboccare il vaso, insomma.
Ci hai donato un Loki sfaccettato, maturo nelle motivazioni che hanno spinto il suo agito e il suo tradimento e mosso sempre dalla salda convinzione di non odiare suo fratello Thor, di non star facendo quello che fa perché lo detesta. Loro due sono complementari e lo rimarranno sempre, quel legame che c'è tra loro non si può spezzare, Loki ne è consapevole e non è nemmeno la sua volontà farlo. Lo vediamo, infatti, stupefatto per la severità della punizione di Odino, tanto che tenta d'intercedere per Thor. Perché, a conti fatti, non è suo fratello il problema, ma suo padre. È sempre stato suo padre.
E, nel mezzo, c'è Sigyn, con quei flashback che la sua figura aggraziata porta con sé: attimi in cui lei e Loki si avvicinano, si conoscono, hanno modo di capire e di scoprire quanto siano differenti, e anche simili in certi aspetti, come il fiero orgoglio che li anima nel loro confrontarsi. C'è quella biblioteca labirintica, quel loro sfiorarsi senza mai toccarsi davvero, essere vicini ma mai abbastanza, perché c'è quel muro invalicabile che non devono superare, quella maledizione che attende dietro l'angolo e che dipinge di sofferenza ogni loro incontro. Ci sono quei dialoghi arguti, quel loro sfidarsi con le parole, per vedere quanto l'altro sa tenere testa, per capire quanto sia interessante, furbo, arguto. Perché è la mente che ha bisogno d'innamorarsi, prima e dopo il corpo, e Loki e Sigyn stanno sperimentando proprio questo; si parlano, e parlandosi si permettono di conoscersi e di avvicinarsi inevitabilmente, con tutte le conseguenze del caso. Ma, per ora, in questo flashback, Sigyn porta avanti la sua lotta silenziosa, studiando il nemico come farebbero dei generali in guerra, e Loki le dice una mezza verità sulla sua condizione, una verità che Sigyn si rifiuta di elaborare, con quel puerile amore verso il genitore che le fa riporre il lui una fiducia cieca. Suo padre l'ha venduta agli Æsir per pagare un debito. Punto. Non può e non deve esserci dell'altro. E Loki glielo concede, quel beneficio del dubbio, e decide di non parlare oltre. Chissà, se avesse invece preso una strada diversa, forse le cose si sarebbero svolte molto diversamente, ma ogni scelta ha delle conseguenze e Loki non poteva di certo immaginare quanto dolorose sarebbero state quelle della sua. Non al tempo, almeno.
Insomma, carissima, un capitolo coi fiocchi, che ho divorato. Leggerti è sempre un piacere immenso, e questa storia è una piccola, meravigliosa perla che mi regala sempre tante bellissime cose.
Un abbraccio grande, alla prossima ♥ |