Recensioni per
Minuetto
di SherryVernet

Questa storia ha ottenuto 531 recensioni.
Positive : 531
Neutre o critiche: 0


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Recensore Veterano
12/04/17, ore 22:04

Pian piano ci vai dando un ritratto a tutto tondo del lutto di Milo, per tasselli incantevoli anche singolarmente presi. A questo punto bisognerebbe mettere in conto delle ripetizioni (capitolo 139!) e invece tu mostri sempre un altro angolo complementare o accendi una luce nuova.
Poi qui Camus sussurra dall'Oltretomba. E Milo crede di impazzire.
Per quel che mi riguarda, è valsa la pena dell'attesa!

Recensore Master
11/04/17, ore 23:40

come campi a maggese è una stupenda metafora di come ci sis enta, quando si vive un lutto. Sei a riposo. Dopo il dolore, dopo il pianto, dopo la tristezza, ti metti a riposo in un ottundimento benedetto in cui poterti dedicare a te stesso, al tuo dolore, al tuo essere tu, senza il caro estinto. Poi, però, la vita chiama, e ti strappa via l'illusione, come fanno i fratelli dispettosi quando staccano le teste delle bambole delle sorelline. E tu ti ritrovi a guardare in faccia la realtà: no, non è andato da nessuna altra parte; no, non è uscito dalla tua vita ma sta bene, in un certo senso; no, lui è soltanto morto. Ed è allora che inizi a sentire le voci, inizi a cercarlo, inizia a sembrarti strano che lui non sia lì dove si suppone che sia.
Peccato che qui, mi pare di capire, che Camus abbia contattato Milo per davvero, per quanto possa farlo un morto che se ne sta all'inferno, sia chiaro. Ma non per avvisarlo, non per spiegargli cosa stesse bollendo in pentola, nossignore. Pare che lo abbia fatto per i suoi porci comodi, as usual; e se questo tuo dire e non dire ci lascia lo stesso dubbio che sta facendo impazzire il povero Milo, io mi azzardo a dire che questo modo di agire, concentrandosi sui propri affari, piuttosto che sulle cose importanti (tipo la strategia contro Ade. Una bagattella, no?), è così intrinsecamente proprio di Camus che potrebbe proprio darsi che s', il nostro francesino sta facendo uno squillo all'amato bene. Una di quelle telefonate internazionali, con tanto di addebito al ricevente, ça va sans dire.

Tanto per sentirsi il fiato del tempo sul collo, la mania degli squilli la trovavo snervante. Io ero la classica adolescente colla prolunga installata sul telefono a disco (il cordless era la tecnologia dell'epoca cui guardare con invidia perché permetteva di rinchiudersi nella propria stanza e parlare in santa pace, più o meno), ma gli squilli? Devi dirmi qualcosa? E allora DILLO, parbleu, non mi mandare una gragnuolata di squilli, io il codice Morse non lo so!!

Recensore Veterano
02/04/17, ore 15:50

Lo senti, il mio cuore che fa crick?

Le domande che si fa Milo nel maelstrom della sua disperazione ce le siamo fatte un po' tutti: perché accidenti si è lasciato ammazzare, quel deficiente d'un francese?
Lui ovviamente ci sta male il quadruplo, perché era il suo uomo e tutto, ma la questione sempre quella è: senso di colpa per non aver salvato Isaak? Cocciutaggine di finire il lavoro con Hyoga? Voglia smaniosa di farsi superare - forse sentendosi lui stesso più debole di quel che è?
Perché sì, insomma, va bene che il maestro è orgoglioso di essere superato dall'allievo, ma se anche non crepa non si lamenta mica nessuno, eh.
E allora interviene Hyoga, l'anatroccolo che è diventato cigno, la serpe in seno e figlio amato, quello che porta sfiga a chiunque voglia bene, che gli racconterà di un altro Camus, uno che Milo non conosceva. Perché le persone hanno sempre un'altra faccia, quando tu non le vedi.

*torna a mugolare nell'angolino con Milo*
JudithlovesJane

Recensore Veterano
01/04/17, ore 23:24

Arriva la mazzata... A questo punto dovrei aspettarmela, ma mi coglie sempre di sorpresa, colpisce nel vivo ed io piango.
Perché? Infatti: Perché? E come ha potuto? Le ragioni si possono addurre a posteriori, quando al dolore ci si inizia ad abituare. Colpa, dovere, onore... adesso non possono avere senso, non per Milo che ha solo la perdita, la rabbia, l'incredulità.
Poi andrà a parlare a Hyoga, il figlio e l'assassino di Camus, gli racconterà dell'uomo "come non l'aveva conosciuto"... qui la lacrimuccia è scesa sul serio, perché dà il senso di tutto quello che Milo ha perso.

Che aggiungere? L'insieme di questo valzer è variegato e magnifico. In tutti i sensi dei sensi.

Recensore Master
01/04/17, ore 19:09

Io a pensare alla relazione che intercorre tra Milo e Hyoga per tramite di Camus piango e basta.
Che i due abbiano almeno cercato di consolarsi a vicenda è logico.
Meno logiche sono tutte le scelte del ghiacciolo, e su questo non ci piove.
Dopo, dice Milo, e fa bene: DOPO magari una mezza ragione si può trovare. Ma sul momento è impossibile.
E niente, si frigna da qua fino a Timbuctu.
Cià.
*frigna*

Recensore Master
29/03/17, ore 23:11
Cap. 137:

Eh però così non vale eh!
Io volevo il pornazzo!
Non è mica giusto EH!
Scerzi a parte, Miluccio di mamma...
...
CAZZOMICOMBINIDEFICIENTE???
Cioè, tra tutte le castronerie che un Saint bambino potrebbe inventarsi, lui cosa va a fare? Va a rubare il dolce a Shaka! A SHAKA, mica alla Pimpa porca miseria! Ma se proprio voleva divertirsi, poteva rubarlo ad Aiolia, no? Al massimo col mini Simba ci rimediava un naso rotto, un occhio nero e qualche dente saltato, non tutti e cinque i sensi.
Ma io veramente non ho parole.
Comunque compatisco molto Saga e Aioros: che fatica deve essere stata, stare dietro ad una decina di bambini scalmanati e dotati di fenomenali poteri cosmici, lo sanno solo loro! X'''D
Camus che appronta il cazziatone mentre lo consola col cosmo è l'amore allo stato puro. E niente, sono destinati 'stì due. Io alla vista della scena non avrei saputo se incazzarmi o frignare come la fangirl che sono.
Ma io torno dalle consuete sei ore di lezione e non capisco manco come mi chiamo. I miei prof sono tutti allievi del Buddha bastardo.
Me misera.
 

Recensore Veterano
29/03/17, ore 22:27
Cap. 137:

"Talvolta, a Milo mancava il buon senso; a Shaka, spesso, mancava la pazienza."

A questo punto io ridevo. Non c'è niente da fare: il tuo Shaka conquista la scena, basta che lo menzioni. Ha senso che dei bambini di sei anni o poco più si azzuffino per delle sciocchezze. Che cosa succede poi se quei bambini hanno i superpoteri? XD
Potrebbe Shaka bambino fare una cosa del genere? Assolutamente sì! In fondo, da grande dimostra ben poca pazienza e un attaccamento sottile ma tenace alle cose umane. Ci sta.
E Camus che si coccola Milo ridotto a un vegetale, gli parla col cosmo, e intanto si prepara la predica, è adorabile.

Ingegnosa e leggera questa declinazione dei sensi, speziata con un tocco di violenza, che da te è sempre squisita.

Recensore Veterano
29/03/17, ore 21:51
Cap. 137:

NUUOOOOOOOOOO!!! SHAKA, COS'HAI FATTO AL MIO MILOU?! /(°CCC°)\

Sul serio, un Tembu Horin per un dolcetto? E per fortuna che Shaka non si cura delle umane bassezze!
Povero Milo mio... che punizione sproporzionata al crimine! ç__ç

E Camus, che come al solito si dice 'ho un amico scemo che gioca col fuoco' ed è pronto a fare una testa così a Milo non appena gli ritorneranno i sensi, che per farlo risvegliare lo abbraccia e se lo coccola - come forse non avrebbe il coraggio di fare con lo Scorpione sveglio? - e gli comunica cosine dolci col Cosmo... *AMA*

Sono adorabili, questi bimbetti dorati! <3
JudithlovesJane

Recensore Master
15/03/17, ore 22:16
Cap. 136:

Se io fossi una persona con un minimo di sale in zucca, adesso starei probabilmente disquisendo con me stessa a proposito di questa DELIZIOSA drabble, lodando la tua capacità di unire Eros e Dioniso in un simposio degno dei grandi filosofi.
...
E invece sto qua a fangirlare come una coglioncella ridacchiando alla collegiala pudica da film fantozziano di serie D. Sì perchè l'unica cosa che mi viene in mente in questo momento è il BISBOCCIAMOOOOOO che ci scambiamo coi compagni di corso il venerdì sera.
Su Watsapp.
Seduti comodamente al calduccio nel nostri lettini.
...
Cavolate a parte, c'era bisogno del ritorno di un pochino di sanissimo porn; non perchè qua siamo dei sempliciotti eh, sia ben chiaro, ma mettici la mezza stagione e lo stress dell'armadio che non sa a che parte darsi, e l'allergia ai pollini, e le Idi di Marzo mannaggia a Bruto mannaggia, e insomma, ci voleva il DM interiore e e la sua condotta blasfema.
Tanto al nostro Camus della primavera frega una cippa: ha lo Scorpione nel letto lui, potrebbe cascare il mondo e Atena potrebbe incimparci sopra, lui ha da fare.
E da bere.
Bye!

*perdona la nonsense di questa recensione ma torno da sei ore di lezione. Gnapossofà.

Recensore Veterano
15/03/17, ore 21:34
Cap. 136:

"L'ultima carezza della lingua fu un vezzo da poeta: una postilla, un epigramma sconcio, a cogliere il plauso dell'amore fino in fondo."

Hai capito Camus! Ed anche il tuo DM, che dice le cose con una certa eleganza.
Una bottiglia speciale, dal gusto complesso, come Milo, mica la si può lasciare a metà. Si beve alla goccia. E si ritorna per bere ancora. Camus è un intenditore, lo sa. E gusta ogni sorso.

Non conoscevo questo valzer (immagino giovanile, se è opus 1) di Giovannino, ma è molto aggraziato.

Recensore Veterano
15/03/17, ore 20:34
Cap. 136:

Occhebello, un valzer di Straussiana fabbrica che non avevo mai sentito! Dovrò tirar fuori la crinolina! <3

Quando si ha Milo, a che servono torbati, doppi malti o liquori d'annata? Si rimettano in cantina i passiti, i bianchi, gli spumanti, i marsala; si risparmino le patate della vodka, la canna da zucchero del rum. Il Greco Scorpione è l'unico vero alcolico di cui libare, senza neppure la controindicazione della cirrosi epatica e della sbornia... sulla dipendenza non si garantisce, invece. Ma d'altronde, essere drogati di Milo è solo un bene!

Ha un palato sopraffino, il nostro Camus, se riesce a distinguere così tanti sapori sul corpo di Milo. E una birbanteria oscena, con quella slinguazzata nonchalante "sul fondo del bicchiere". *apre il ventaglio con un gesto secco*
Condivido ampiamente con te accidia e gola, se permetti! *si strafoga un gelato spaparanzata sul divano*

JudithlovesJane

Recensore Master
15/03/17, ore 20:32
Cap. 136:

Alcolista?
Ma che idiozia!, avrebbe detto mio nonno buonanima. A sentire lui, i francesi svezzano i figli a suon di bordeaux nel bibéron; diciamo che, pur amando le iperboli, io credo che le generazioni passate fossero meno timorose del vino, pur conoscendone gli effetti nefasti. E che seguissero, ciecamente, l'adagio secondo cui il vino fa sangue; e quindi, era perfettamente normale che si versassero due dita due di vino ad un bambino nel bicchiere, magari a colorare l'acqua, durante il pranzo della domenica. Aveva qualcosa di festoso, quel liquido rosa chiaro, dolce dolce.
E sì, l'ebrezza dell'amore parla la stessa lingua di quella che regala Dioniso, un annichilimento dei sensi, una perdita di sé e un assaggiare, gustare, assaporare l'altro, come durante una dimostrazione enologica (una di quelle cose che andavano un sacco una decina di anni fa; e che erano pure interessanti, capiamoci, se chi faceva gli onori di casa non tirava fuori una spocchia da lapidazione immediata).
Ed è bello sentire come il corpo dell'altro sappia di sapori diversi, nelle diverse parti del corpo (nemmeno fosse un polletto da mettere nel brodo, insomma!).
Il vino è l'esaltazione del gusto, del palato, dell'estasi, il tutto in un bicchiere solo.
E poi, tanto per scomodare i morti, lo diceva anche Camille de Saint-Saëns nel suo Samson et Delilah:
|: Ah! réponds à ma tendresse!
Verse-moi, verse-moi l'ivresse!

E chi siamo, noi, per dire di no?
(Recensione modificata il 15/03/2017 - 08:35 pm)

Recensore Master
15/03/17, ore 15:19

La luce del sole splende per tutti, ma non allo stesso modo.
Se il cielo di berlino è grigio, ed il sole è pallido anche in maggio, non è così in Grecia, dove, sempre a maggio, puoi rischiare la vita per un'insolazione e riportarne i segni per anni. Il cielo di Torino non è splendido splendente come quello di Agrigento, e se quello di Roma ha un suo definitissimo punto di celeste, non così quello di Crotone, non così quello di Parigi (ché a sentire mio nonno era meglio in ogni, signolo aspetto della vita umana). C'è poco da fare, il sole di grecia è sfacciato, chiassoso, irruento; ti confonde colle sue nuvole bianchissime su un letto azzurro carico, un po' come sono le case, bianche coi tetti color cobalto. Non c'è spazio per i toni in seppia, quando la tua memoria affonda le proprie radici nel sole impietoso della Grecia (se è poi quella delle isole, è anche peggio); e quando i colori sbiadiranno - ché tutto sbiadisce, e se lo porta via il tempo - ricorderai per sempre quelle pennellate di colori decisi, l'azzurro del mare, il bianco della sabbia, la barba di tuo padre che sa di tramonto. Non c'è posto per i toni pastello, specie se tua madre profuma di sangue, gatta randagia che, suppongo, appartenga a sé stessa e ad Athena, prima che al figlio che ha portato in grembo.
È bello vedere un'emancipazione femminile, in queste madri; donne che non attendono un cavalier servente che le risvegli dal loro torpore, porga loro la scarpetta di cristallo o abbatta il bruto che le vuole accoppare. Ci pensano da sole, loro; ché, come diceva papy, se non ti salvi da solo, non ti salva nessuno.

Recensore Master
15/03/17, ore 14:51

La Gare Saint-Lazare! Maccerto! Certo che sì, con tutto quel fumo che usciva dalle ciminiere dei treni e che Monet dipinse avendo ottenuto che le caldaie delle locomotive andassero a pieno regime all'interno della stazione!
Hai ragione, come primo incontro con Parigi, la Gare Saint-Lazare è un incanto (indovina chi è uscita a rivedere le stelle proprio in quella stazione?), anche se io ho lasciato il mio cuore a la Butte (sono prevedibile, scontata e anche un po' mainstream, me ne rendo conto). Ti do ragione, vedere Parigi per la prima volta è qualcosa che chi vi è nato e vissuto non apprezza appieno. Quella è casa tua. La tua nicchia ecologica, se così si può dire. E non c'è meraviglia nello scoprire la Tour Eiffel o il Louvre o il Centre Georges Pompidou (oddio, c'è; ma è una meraviglia a cui ti abitui fin troppo presto). E Camus deve avere un termine di paragone con cui rapportare l'epifania che ha ricevuto nell'amare Milo. E no, non c'è città più romantica di Parigi, per continuare ad innamorarsi di un sogno.

Recensore Master
15/03/17, ore 14:38

Ci sono momenti in cui devi fare una sosta. Una di quelle lunghe, di quelle che stai dentro, col motore acceso ché se passa il vigile puoi sempre ingranare la prima, fare un paio di giri del palazzo e tornartene in sosta, col motore acceso, il finestrino abbassato, la sigaretta accesa (fuori dall'abitacolo, ché sennò puzza) e magari lo stereo in sottofondo (e la batteria ringrazia).
E poi ci sono momenti in cui questa sosta non è dolce, nossignore. È più un tirare il freno a mano, gettare l'ancora (la mia è grossa quanto mamy di Via col vento) e un paio di frigoriferi, così da esseri sicuri di fermarsi, e dire: «FERMI TUTTI!», riuscendo nell'impresa titanica di non rimettere anche l'anima.
Ora.
Questo è uno di quei casi alla «Fermi tutti!!», perché io mi ero persa per strada il fatto che tu avessi ideato dei genitori per Camus.
Capiamoci, tutti hanno dei genitori, anche gli orfani, solo che gli orfani hanno avuto la sventura di vederseli morire sotto al naso (Hyoga docet). C'è chi non arriva a conoscerli, perché c'è sempre la possibilità che qualcuno se la svigni prima, che qualcuno ci lasci le penne durante il travaglio, o che qualcuno vada a sedersi alla destra di Dio prima del tempo. Insomma, di motivi ce ne sono di diversi e di nemmeno troppo bizzarri. Così sono felicissima quando incontro qualcuno che ha avuto la mia stessa idea, ossia di dare una famiglia a questi disgraziati; una famiglia che possano ricordare, qualcosa disperso tra le nebbie della memoria, una serie di fototessere incoerenti che, prese singolarmente, sono polaroid anche un po' fuori fuoco; ma, messe assieme, tracciano un disegno, un'immagine dai contorni evanescenti, ma che ci sono. Non è una distesa bianca, insomma.
Così, complice anche l'essermi persa i balli che hai linkato nelle note (e grazie mille per i link, altrimenti avrei iniziato a scartabellare, finendo per demoralizzarmi - sono poco paziente, in certe cose; quando monta la foga, devo soddisfarla all'istante!), sono saltata sulla sedia quando ho letto di questa madre.
Che non è una madre come le altre; o meglio, lo è; ma la sua vita puzza un po' troppo di esistenza borderline per essere la classica mammina che pela le patate o lavora ai ferri mentre la pioggia crivella Caen. Nossignore.
Questa donna sa. Ecco perché quando Armand la chiama, non batte ciglio, non chiede chi siano questi loro che stanno venendo a prendersi Camus, ma si arma.
E io mi chiedo: di cosa, si sta armando, questa donna?
Pistole?
Mitra?
Kalashnikov?
Oppure, di una vecchia, cara armatura?
Spero dirimerai la questione al più presto!

P.S. ho apprezzato tantissimo che fosse lei ad armarsi, e non lui; che fosse lei a prendere il suo marmocchio e a telare, invece di aspettare che il principe azzurro arrivasse a casa e la trascinasse fuori di peso. Questa donna - che ancora non ha nome - mi dà l'idea di essere una che sa andare avanti colle proprie gambe; una che puoi avvisare perché sa muoversi da sé, e non ha bisogno di avere accanto un uomo, se non come compagno e non come badante.