Carissima Eru!
Scusa se recensisco così tardi il tuo splendido lavoro, ma l'università mi ha letteralmente sommersa! Quest'anno i corsi sono molti e fatico a trovare il tempo per dedicarmi alle cose che mi piacciono ma che, purtroppo, esulano dal mio percorso di studi. Ogni volta, vorrei ringraziarti per le emozioni che sai donarmi semplicemente ascoltando te stessa, perché credo tu faccia proprio questo quando scrivi qualcosa. Non sono abituata ad assecondare il mio lato emotivo, ad “ascoltare il mio cuore“, per dirla in termini da Bacio Perugina, ma quando ti leggo mi è impossibile restare indifferente o, quanto meno, sentimentalmente distaccata. Ho addirittura pianto durante la lettura di “Pensieri, attese e chiarezze“ come non accadeva, ormai, da moltissimo tempo. Per tutto questo, che è molto più di quanto mi sarei mai aspettata leggendo una storia ispirata ad un manga, non posso che ringraziarti. Ed ora mi sembra anche un po' monotono, visto che lo faccio sempre... In effetti, divento ripetitiva solo perché vorrei davvero renderti partecipe di ciò che provo e, soprattutto, di ciò che ti devo.
Trovo che “La terra“ sia un capitolo veramente eccezionale, sotto diversi punti di vista. In primo luogo, lo stile e la caratterizzazione dei personaggi sono impeccabili. Nessun dettaglio viene lasciato in sospeso, il tuo occhio di scrittrice si focalizza su ogni menomo particolare, sulla più piccola ruga del viso di Elle o di Emma, ed anche noi lettori siamo portati a seguirti ed a notare tutto ciò che hai voluto porre in evidenza. Con la scrittura non trasmetti semplicemente un prodotto di fantasia, ma anche il tuo personalissimo modo di vedere la vita e di approcciarti alla sfera relazionale. Sei TU che, ogni volta, anche nella vita quotidiana, ti soffermi ad osservare la mimica di chi parla con te, sei TU che dai importanza ai gesti ed all'intelligenza emotiva. Credo che molti dei tratti caratteristici di Emma siano, in realtà, una proiezione del tuo stesso io. E sono giunta a questa conclusione soppesando la forza, la passione e l'intensità che hai saputo donare al personaggio ed alle sue argomentazioni. Non tutti gli scrittori hanno il coraggio di “cameizzarsi“ -perdona il termine assurdo, ma non sapevo in che altro modo esprimermi- nella loro opera. Ci vuole un grande coraggio e, soprattutto, una personalità poliedrica. Emma è VERA perché si sostanzia di una materia pulsante che è il tuo bagaglio esperienziale. Ti sembrerò presuntuosa e forse mi sbaglio di grosso, ma non riesoo a togliermi dalla testa quest'idea.
Per stavolta, vorrei recensire soffermandomi separatamente su Emma ed Elle per poterti dire tutto ciò che ho metabolizzato e rielaborato in questo lasso di tempo davvero lungo.
Emma: questa ragazza è un portento e, soprattutto, è davvero fiera. Sì, perché le parole di Elle le hanno fatto pensare subito ad un nuovo attacco e la sua mente si è focalizzata su questo, spianandosi come una pistola carica ed omettendo il vero punto del discorso. Fiera come una belva ferita, non a caso. Una belva che vuole proteggersi ed è ancora più feroce quando si sente minacciata. Emma sa benissimo qual è il messaggio che Elle vuole mandarle, ma proprio per questo ha paura di riconoscere la verità. Da cosa deriva, questa paura? Non credo che lei tema di essere ingannata di nuovo, perché la sua sensibilità le impedisce di ignorare il fatto che Elle non avrebbe alcun motivo per sottoporla ad un altro raggiro. Il caso Kira si è concluso e lei non fa più parte delle pedine utilizzabili. Dunque il detective, per forza di cose, è sincero quando le fa intuire di essersi incastrato da solo, di aver commesso un errore che ha incrinato il suo algido disacco. Ma allora, se Emma non può più dubitare della sincerità di Elle, perché troppo intelligente, cosa la spinge a chiudere gli occhi?
Spesso, ciò che ci spaventa di più siamo noi stessi, non gli altri. Quando non riusciamo a comprenderci, quando sembra che le nostre solide basi si siano indebolite, la prima cosa a cui pensiamo è la fuga. Fuga da una situazione scomoda e, ancora più spesso, fuga dai sentimenti. Emma teme di guardarsi dentro, teme di essere ancora innamorata di un uomo che l'ha trattata malissimo, cosa che devasterebbe il suo amor proprio, e, al contempo, teme di non amarlo più perché lui si è dimostrato diverso. Davvero è così superficiale da rifiutare una persona vera per rincorrere un'immagine mitizzata? Certo che no, perché anche questo dubbio è solo un gioco della sua mente sconvolta. La vera paura di Emma, ciò che interiormente la sconvolge, è di essere cambiata, di aver eretto una barriera che le impedisce di empatizzare come faceva in passato. E tale aspetto emerge proprio quando lei, dopo la mirabile stoccata inferta ad Elle, continua, per un attimo, ad infierire, come se avesse perso la capacità di comprendere lo stato d'animo altrui. Emma ed Elle sono davvero simili, in effetti. Ciò che li accomuna, oltre all'orgoglio ed alla superbia, è proprio lo sgomento di fronte ad una situazione nuova: il non riconoscersi. Da un lato, il detective si ritrova impegolato in un sentimento inatteso e, prima d'allora, tenuto sopito. Dall'altro, l'archeologa rifiuta, per la prima volta, il suo lato più umano per barricarsi dietro un muro di freddezza. I loro ruoli caratteristici, in un certo senso, si invertono e si confonodono continuamente. La confusione che ne deriva non può che essere totale, al punto che oltre a non riconoscere se stessi, i ragazzi non si riconoscono neppure vicendevolmente. Emma respinge l'idea di un Elle più umano, perché il personaggio di china cui era abituata non si sarebbe comportato come lui, ed Elle insinua che Emma possa appartenere alla categoria delle donne sedotte ed abbandonate per cercare di inquadrarla entro uno stereotipo che lui non potrebbe mai apprezzare, ripristinando il confortevole status quo della sua vita solitaria.
Elle: che posso dire su quest'uomo straordinario? Vederlo messo alle strette è qualcosa di assolutamente delizioso. Ed ogni volta che mi soffermo su di lui, o meglio, sulla tua versione di lui, non posso che riflettere su tutta una serie di concetti che, di norma, non inquadrerei. Questo capitolo in particolare mi ha fatto meditare soprattutto sull'idea di maturità emotiva e sul rapporto tra emotività e sensibilità.
Elle, fondamentalmente, è ancora un bambino perché non ha avuto modo di realzionarsi con gli altri e di approfondire la sua vita emozionale. Le azioni che compie verso il prossimo sono incuranti ed elementari, proprio come quelle di un bambino ancora assorbito dalla fase dell'EGO. “Ti rubo il gioco che mi piace e non mi importa se con quest'azione ti sto facendo del male“, ovvero, “ti sottraggo le informazioni che mi servono nel modo che più mi sembra sbrigativo ed efficace, senza pensare alla sofferenza che posso causarti.“ In tutto questo, però, non c'è sociopatia, non c'è mancanza di sentimento. I bambini che si comportano egoisticamente non sono cattivi fin dalla più tenera età, semplicemente, si muovono come se avessero i paraocchi, fagocitati da se stessi, e lo fanno perché non conoscono altro, perché ignorano l'arte dell'immedesimazione. Anche Elle ignora l'empatia, ma ciò non vuol dire che ne sia costituzionalmente privo, come, purtroppo, sembra essere Near. Il detective può ancora apprendere e dovrà farlo soffrendo. Nessuna conquista importante si ottiene senza lacrime -figurativamente parlando- e Watari lo sa benissimo. É lui la vera speranza di Elle, è lui che con una durissima scuola di vita, a piccoli passi, lo metterà nuovamente in contatto con le sue emozioni. Watari è un personaggio fondamentale ed io l'ho sempre amato nonostante la scarsa considerazione che gli era stata riservata. Tuttavia, in questo capitolo, emerge il suo lato più “oscuro“, o meglio, la sua essenza più vera. L'anziano inventore smette definitivamente di essere una figurina stilizzata e si trasforma in un uomo, un uomo con dei principi solidi ed un'incrollabile senso morale. La consapevolezza della sofferenza di Emma e, probabilmente, quella futura del suo pupillo, non lo dissuade dal perseguire un disegno preciso, finalizzato a far acquisire ad Elle la piena consapevolezza delle sue ciniche scelte. Se fosse intervenuto per aiutarlo, si sarebbe comportato come un genitore che fa i compiti al figlio, condannandolo ad una perenne ignoranza. Ignoranza, per l'appunto, che la Wammy's House e la sua ferrea politica ripudiano sotto ogni punto di vista.
Per quanto riguarda la differenza tra emotività e sensibilità, trovo assurdo che molte persone tendano a confonderle. Eppure, ahimé, succede. Elle è un esempio lampante di come queste due dimensioni dell'essere umano possano procedere distinte e separate. Lui non è assolutamente una persona emotiva, perché analizza ogni aspetto della realtà con una razionalità quasi esasperante, impedendo alle emozioni di offuscare il suo giudizio. Tuttavia, è impossibile negare che il detective sia dotato di una spiccata sensibilità che egli dimostra più volte anche in questo capitolo, ad esempio quando coglie nello sguardo basso di Emma il desiderio di nascondere una paura.
Questo tuo continuo soffermarti sull'intelligenza e la sensibilità mi hanno fatto pensare agli studi di Howard Gardner a proposito delle intelligenze multiple. Ognuno di noi -esclusi, ovviamente, i casi patologici- è dotato di tutti i tipi d'intelligenza, a partire da quella emotiva sino ad arrivare alla logico-matematica. In alcune persone prevale la prima, in altre la seconda o, magari, l'estro creativo. Non esiste un metro di giudizio univoco per classificare le capacità dell'uomo. Emma, ad esempio, può essere considerata un “genio di intelligenza emotiva“ mentre Elle un “genio di intelligenza deduttiva“, ma, in realtà, ciascuno di loro due possiede, in parte, anche le qualità dell'altro.
La conclusione di tutto questo è che bisogna sempre confrontarsi con gli altri per potenziare le facoltà che ci vengono donate dalla natura, ma anche e soprattutto per migliorare quelle in cui siamo più carenti. Non esistono mostri, alieni o prodigi, ma solo uomini, piccoli rispetto all'universo in cui vivono e, a volte, molto spaventati.
Tornando, nello specifico, ad Elle, ho trovato davvero molto interessante il chiasmo di gesti che hai creato fra lui ed Emma. Mi spiego meglio... Quando Emma abbassa lo sguardo, perché non vuole rivelare la sua paura, Elle la nota e la spoglia. Però anche lui, ad un certo punto, non si fa più guardare negli occhi. Per quale motivo? Forse perché, almeno un poco, gli fa male sapere che Emma sia così sospettosa nei suoi confronti? «Quale raggiro, eh?» Questa domanda mi sembra decisamente amara, ma il suo significato può essere letto in vari modi. Elle sa di aver dato di sé l'impressione di un cinico calcolatore e, in effetti, anche lui si è sempre visto in questo modo. Solo che qualcosa è andato storto, per lui Emma non è più una semplice marionetta ed il suo parere, per qualche strana ragione, gli interessa. Il detective si ritrova a provare l'inaspettato e spaventoso desiderio di piacere, per questo la stoccata infertagli da Emma affonda così bene. Non vuole essere considerato uno stupido dalla ragazza e sa benissimo che dal punto di vista relazionale ed emotivo non può competere con lei. Come Emma, in fondo, tantissime volte si era sentita inadeguata di fronte alle strabilianti capacità deduttive del detective. Lo specchio si rovescia e la supremazia, se così la si può chiamare, s'inverte. Ma i gesti, quelli sono identici. Entrambi i giovani chinano il capo e nascondono gli occhi, evidentemente incapaci di comprendere chi dei due abbia accusato davvero il colpo. Incapaci di comprendere chi dei due abbia vinto, perché, in fondo, entrambi hanno perso qualcosa. Elle la sua freddezza ed Emma la piccola nuvola d'incanto in cui si era nascosta per mesi, rifiutando di confrontarsi con se stessa.
Ora, per quanto concerne gli altri personaggi, su Watari ho già detto tutto quel che pensavo. L'apparizione di Near, invece, è stata una vera e propria sorpresa, per altro davvero gradita. Osservando i suoi atteggiamenti su carta ho sempre pensato che avesse dei tratti autistici, principalmente la sindrome di Asperger, perché non guarda mai in volto nessuno, compie azioni ripetitive ed è emotivamente paragonabile ad un soprammobile. Tuttavia, gli autori non hanno mai ammesso formalmente neppure il suo albinismo, quindi sono io che, come al solito, ho fatto voli di fantasia. In ogni caso, la tua versione mi piace moltissimo. Una madre che non sa trasmettere amore può essere davvero deleteria, basti pensare che un neonato, se non riceve mai contatto umano per i primi venti giorni di vita, muore nella stragrande maggioranza dei casi.
Il paragone che hai fatto tra l'animo umano e la terra da arare e coltivare mi ha molto colpita. Come sempre, i tuoi titoli sono azzeccatissimi e mirati.
Okay, ora tolgo il disturbo! Spero di riuscire a recensire il capitolo successivo, che ho letteralmente divorato, il prima possibile!
Un grosso bacio!
Rama<3
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