Eccomi di nuovo da te *cuori* Io vorrei essere furba e centellinarmi i capitoli ma non riesco perché devo sapere, devo andare avanti e la mia ship ormai è salpata ed è lontana, i venti la spingono a largo e non posso fermarla. Ok, stoppiamo qua i deliri. Veniamo a noi. Ciao, di nuovo, dear. Non pensavo che qualcuno sarebbe riuscito a farmi odiare Joffrey più di quanto avesse fatto la serie tv ma tu sei una maestra d’armi e hai centrato in pieno l’obiettivo. E, soprattutto, non pensavo che nessuno sarebbe riuscito a farmi empatizzare così tanto con Sansa.
Partendo dall’inizio: lo ribadisco ad ogni capitolo, e lo faccio anche a questo, ma la tua maestria nel condurre i due (in questo caso) POV diversi è tale che io, davvero, riesco a captare l’emozioni di uno e dell’altro come in dei cambi di scena. È così centrata la descrizione delle loro emozioni, il lessico, l’introspezione dei personaggi che ad ogni capitolo si inspessiscono sempre più e mi trasportano con loro, fra le loro nevrosi, le loro paure, le passioni più profonde e vereconde. Ventuno giorni ed il mondo di entrambi verrà distrutto: Sansa gli verrà portata via e lei dovrà darsi a Joffrey, diventare sua moglie e dargli degli eredi. La situazione di Sandor è molto simile a quella della sua posizione come guardia del corpo del re: perderà, in qualunque caso. Perché se Joffrey non avrà Sansa, l’avrà qualcun altro – lui mai. E se Stannis riuscirà a prendere Approdo del Re, ritardare le nozze, lui dovrà comunque combattere sui bastioni e magari morire e non vederla mai più. O magari sopravvivere e vederla andare via, lontana, per sempre. Non c’è niente per lui, “solo ossa da rosicchiare”, solo pensieri che rosicchiano lui, fino allo stremo, fino a non riuscire mai a spaziare la mente altrove – se non a quell’uccellino che affolla i suoi pensieri, in continuazione. E il mondo sembra cospirargli contro perché è di nuovo lì, con quella scatolina in mano, e tocca a lui portare quel dono a lei. Lei è bellissima, è chiarore puro; è fuoco e luce che non bruciano, che non scottano come quello che gli ha deturpato il viso. Lei è bella e spaventosa, proprio come quella collana che tiene per le mani, che l’aiuta ad infilare. La aiuta e scivola sul suo corpo, come verso il baratro; man mano che la sua mano ruvida scende lungo la sua schiena, lui perde un battito, si infila in una via di disperazione che può condurre solo in punto: alla sua rovina. Perché Sansa non sarà mai sua. Eppure la tocca, la futura sposa del Re, la tocca e lei non dice niente, non si ribella perché piace anche a lei quel tocco così disallineato, così sbagliato e giusto allo stesso tempo. Quel tocco che dovrebbe essere del Mastino, la più rude e cruda delle guardie del re, con quel suo aspetto sfregiato ed animalesco. Ma invece il suo tocco è di petalo, è delicato e lei, quelle cicatrici non le vede nemmeno più, sono sparite. Scivola nei ricordi solo su quel profilo sano, di uomo che sa di protezione e di lealtà, che sa di ciò che vorrebbe e non può avere. Il suo futuro marito è bello, è lezioso ma la sua anima è molto più deturpata di quel viso con sopra la cicatrice, lui è malato fin dentro le ossa, nei suoi geni nati dall’incesto. Per questo Sandor rimane lì, anche se non è il suo turno di guardia, per preservarla perché non c’è nulla che quel ragazzo non possa sporcare con la sua follia – e impazzisce a pensare che sporcherà lei, con le sue mani da ragazzo che non ha mai faticato ma capaci delle peggiori cose. Sandor sta lì ed aspetta, aspetta finchè sembra che tutto sia tranquillo, che Joffrey non abbia architettato qualcosa di spaventoso, come la collana di rubini che disegna una linea di morte sotto la gola di Sansa. E poi arrivano: le teste di lupo mozzate, sporcate di sangue, del sangue che rappresenta la sua famiglia. Perché la sua follia arriva ovunque, anche a macchiare il dolore più vero, a toglierle qualsiasi residuo della sua identità di donna, di Stark, di futura regina. Lui le vuole dire solo questo: sarà sempre, e per sempre, una marionetta nelle sue mani, il suo intrattenimento. Sansa scappa da questa consapevolezza che le crivella le tempie perché solo ventuno giorni e la sua vita diventerà più infernale di quello che è stata negli ultimi due anni. Non è bastato pregare gli dei sordi, non è bastato piangere tutte le lacrime e fare buon viso a cattivo gioco: lui la ucciderà, quella collana è l’avvertimento ultimo, la sua promessa matrimoniale. E lei non può starci, non può permetterglielo: se tutto quello che lui vuole è rovinare la sua vita, toglierla e strappargliela via, lei lo farà da sola. Ma non ce la fa, perché, nonostante il sud le abbia insegnato duramente l’arte del sospetto e della mercificazione, lei è una Lady del Nord e sa che deve resistere, per la sua gente; se Robb non sopravvivrà lei dovrà proteggerli, anche dalle lotte intestine come quella con Theon. Non vuole essere impotente: non ha il coraggio di uccidersi ma c’è qualcosa che lui non potrà toglierle, lo farà da sola. Lei è sua. La potenza dell’immagine che lei si toglie la verginità da sola mi ha devastata! Che potenza. Non immaginavo Sansa capace di tanto ma, come ti dicevo, i tuoi personaggi si stanno evolvendo e lei, così addomesticata quasi, timorata, è satura di tanto male e di tanto dolore ed esplode, come vorrebbe esplodere Sandor, che adesso – paradossalmente – è quasi quello più delicato. Anche se dentro vorrebbe squartare Joffrey, la cerca con delicatezza, si avvicina a lei quasi fosse un animale impaurito e ferito. Che poi, forse, è quello che è: un uccellino spezzato dalla vita.
Ok, ho sclerato a sufficienza credo. Scusami per questo papiro nosense ma ci sono dentro fino al collo e non riesco, vado proprio a ruota libera. Ti rinnovo i miei complimenti e ad ogni capitolo aggiungo un tassellino in più, perchè la storia sta prendendo la consistenza sempre più bella e spessa di quei racconti profondi da cui non puoi staccarti.
A prestissimo.
Ti abbraccio |