Ciao carissima,
lo so, ti ho fatto aspettare davvero tanto, ma finalmente sono qui a lasciarti una recensione per conto di EFP editing.
Come ben sai, seguo la storia da molto tempo, per cui ho avuto modo di leggere, in questi mesi di attesa, tutti i capitoli. La nota positiva di ciò è che ho potuto farmi gradualmente un’idea dei personaggi, della loro evoluzione e della verosimiglianza del contesto in cui sono inseriti; la nota negativa è che ho finito per dimenticare alcuni piccoli dettagli che hai raccontato all’inizio. Quest’ultimo fatto mi ha costretta, ovviamente, a ridare una letta veloce a tutta la storia – o, per lo meno, a quegli spezzoni che ricordavo meno – e ad andare a ripescare qualche passaggio che avevo rimosso (ho una pessima memoria, lo so, ma con la marea di roba che ho da fare/studiare in questo periodo, è già tanto che non confonda la tua storia con il De amicitia di Cicerone!).
Venendo alla recensione vera e propria, mi pare assolutamente doveroso partire da un commento alla trama, così da poter a mano a mano rendere esplicito tutto ciò che del racconto mi ha piacevolmente colpito e ciò che, invece, mi ha lasciata un po’ perplessa. Ovviamente, sono tutte cose che in parte già sai, ma ci tengo comunque ad ampliare il discorso e a fornirti una recensione che sia la più completa e chiara possibile.
L’intreccio della storia parte da una tematica forse non proprio originalissima che però ha il pregio di rendere accattivante anche situazioni apparentemente banali: l’amore tra professore e alunna.
Tutto ciò che si cela dietro questo topos letterario – molto in voga, per ovvie ragioni, tra i giovani – riflette il desiderio di identificazione da parte del lettore. Ognuno di noi, nel periodo dell’adolescenza, ha sognato più o meno ardentemente una storia d’amore che coinvolgesse un ragazzo/uomo molto più grande. Si potrebbe dire che tale desiderio nasca dalla ricerca di una sicurezza maggiore, o magari soltanto dalla voglia di sentirsi un po’ più grandi; la verità è che tutti – chi più, chi meno – siamo attratti dall’impossibile, da tutto ciò che per conformazione tende miserabilmente a sfuggirci di mano.
L’innovazione e, di conseguenza, l’originalità della tua storia stanno nell’aver sovvertito uno schema generalmente fisso: non è l’alunna a invaghirsi del professore e a tentare a tutti i costi di conquistarlo, ma è il professore – anzi, in questo caso ce ne sono ben due! – a prendere per primo in mano le redini di un gioco amorale e fuori luogo, finendo per rimanere scottato quanto l’alunna e, forse, anche di più. La conseguenza inevitabile di una simile situazione è che la povera protagonista della storia, completamente digiuna di esperienze sentimentali che trascendano qualche bacio magari abbastanza approfondito, finisca col perdere completamente il lume della ragione, trovandosi di fatto impossibilitata nel prendere la situazione di petto. Lo scenario prospettato è assolutamente credibile: nessuna ragazza alle prime armi riuscirebbe a fronteggiare dignitosamente le insidie mosse in maniera fin troppo spudorata da un giovane e avvenente professore. Tanto più che ci sono dei fattori che non si possono assolutamente trascurare in questo tipo di relazioni, primo fra tutti il mancato equilibrio nel rapporto. Una ragazza, per quanto timida e inesperta, riuscirebbe comunque in qualche modo a destreggiarsi con un coetaneo; ma nel caso della tua protagonista, be’… a provocarla non è un giovincello qualunque, ma il suo professore, un uomo che merita rispetto non soltanto come persona ma anche per il ruolo istituzionale che occupa. È una figura che crea soggezione, insomma; la bilancia tende a pendere decisamente in favore dell’uomo!
L’ambientazione è decisamente buona e a effetto: Londra; società medio-alta; liceo.
Inutile dire che la capitale inglese offre all’immaginazione tantissimi spunti: il suo essere ricca, giovane, piena di vita, fa sì che intorno ai personaggi si crei un contesto quasi surreale ma assolutamente verosimile. So che descrivere una città utilizzando appellativi che solitamente riguardano le persone può sembrare fuori luogo, eppure ho l’impressione che per rendere al meglio l’atmosfera di Londra sia necessario personificarla. In un luogo dove è facile avere a portata di mano il lusso e i vizi, può accadere anche che si sfoci nell’amoralità; se poi a tutto ciò si aggiunge la condizione sociale dei protagonisti e le loro età, direi proprio che il tutto non può non dar vita a una storia ricca di mondanità. Credo, infatti, che la scelta di “inventare” per la storia una ragazza ricca ti abbia permesso di aggirare parecchi ostacoli: non hai dovuto far sì che la ragazza facesse i conti con la crisi economica, che passasse una serata a tormentarsi per il portafogli che piange, che si affliggesse per il licenziamento del padre. Questo può essere un bene se si considera il fatto che in così facendo ogni singolo evento da te narrato riguarda esclusivamente – in maniera più o meno diretta – la tormentata e non ancora sbocciata “love story”; ciò, però, incide non poco sulla “serietà” della storia. Si potrebbe avere la sensazione, infatti, che alcuni episodi siano vissuti dalla protagonista – ma anche dagli altri personaggi – con troppa superficialità. Non saprei dirti con esattezza se ciò possa davvero costituire un difetto, tuttavia ci sono degli aspetti della storia che mi pare siano affrontati con poca cognizione di causa.
Te ne cito due in particolare:
- Il primo riguarda l’anoressia che pare aver colpito Lizzie. Hai introdotto il problema in maniera molto convincente, rendendo chiaro anche quanto le sue amiche ci tengano a vederla di nuovo in forma. A convincermi poco è la reazione di Alex nel momento in cui scopre che Lizzie ha avuto una ricaduta. Mi sarei aspettata che questo nuovo fatto distogliesse la protagonista dai suoi (brutti) pensieri, invece la cosa pare essersi spenta senza un vero motivo. Certo, ogni tanto fai accenno al problema, ma sostanzialmente il centro dei pensieri di Alex è occupato dai due professori che le fanno – più o meno – il filo;
- Il secondo è la scoperta da parte di Alex che sua madre ha una relazione extraconiugale, e che l’uomo coinvolto è il padre della sua amica Lizzie. Te ne avevo già parlato, in realtà, ma preferisco comunque ribadirlo: trovo che questa parte sia stata affrontata con troppa fretta e che comunque non traspaia affatto tutta la sofferenza che – suppongo – la giovane protagonista provi. Non è un problema di contenuto, in realtà: semplicemente, ho l’impressione che tu non abbia dato il giusto peso al problema (come dire, hai gettato la rete per poi tirarla indietro).
Queste sono le cose che a mio avviso stonano di più e che mi fanno pensare che la protagonista sia un po’ troppo superficiale. Probabilmente, nelle tue intenzioni non era affatto così: credo, infatti, che tu volessi creare un personaggio molto più sensibile a certe tematiche, tanto più che vi si trova direttamente coinvolto. Il tuo maggior difetto credo sia proprio la “fretta”: hai voglia di arrivare subito al sodo, e questo si è capito molto bene, però alcuni aspetti della storia richiedono senz’altro un approfondimento maggiore, altrimenti rischiano di compromettere l’idea, sostanzialmente positiva, che i lettori si sono fatti dei tuoi personaggi.
Sempre a proposito della trama, credo sia giunto il momento di discorrere sulla sua effettiva verosimiglianza. Premetto che la tua storia mi piace molto e che continuo a seguirla con grande interesse, però ci sono alcune cose che fanno storcere un po’ il naso. Ad alcune di esse hai poi dato una sorta di giustificazione – magari non esplicita, ma un’attenta lettura della storia svela molti interessanti retroscena – ma altre rimangono “sospese” al confine tra realtà e fantasia.
A convincermi poco è Mr Jackson, uomo senza dubbio affascinante ed enigmatico, che però mostra in alcuni episodi un comportamento ben poco controllato. È impulsivo, misterioso, impenetrabile. La sua sensibilità pare toccare livelli quasi epici, rendendolo, di fatto, uno “squilibrato”. Il triangolo in sé – comunque decisamente inusuale dato che coinvolge due professori e un’alunna – mi pare certamente plausibile: sebbene sia altamente difficile che una studentessa si ritrovi ad essere contesa da due insegnanti, ritengo comunque che, se elaborata bene, l’idea possa pervenire a risultati molto interessanti. Fondamentalmente, credo che la tua storia abbia un grande potenziale sotto questo aspetto, ma il ruolo di Jackson non è ancora del tutto chiaro. Ho la sensazione che lo sviluppo che deciderai di dare al carattere di questo personaggio segnerà il destino della tua storia: non so inizialmente quale fosse il tuo obbiettivo, ma nel corso del tempo hai dato a Jackson un’importanza incredibile, rendendolo forse più determinante di Tompson. Per questo, ti consiglieri di prestare la massima attenzione d’ora in poi a come decidi di trattarlo: altri comportamenti ambigui o inspiegabili potrebbero confondere a tal punto il lettore da portarlo ad avere un parere negativo sullo sviluppo della trama rispetto a quelle che erano le premesse.
Continuando a trattare della trama, vorrei esprimere un parere sulla veridicità della storia – parametro al quale ho accennato già diverse volte. In linea di massima, pur trattandosi di una vicenda molto particolare e decisamente inusuale, penso comunque che le vicende rientrino nel “possibile”. Certo, non capita tutti i giorni che ben due docenti facciano il filo alla stessa alunna, ma tutto sommato ritengo che questo rientri più nell’ambito dell’originalità che non in quello dell’assurdo. Inizialmente, a lasciarmi perplessa era più che altro il fatto che Tompson sbucasse casualmente anche in momenti decisamente improbabili. È logico infatti chiedersi: come è possibile che, in una città vasta come Londra, Alex finisca sempre per trovarsi tra i piedi l’affascinante docente? Bene, col senno di poi, posso dire che è possibile! Le ragioni sono principalmente due:
- Sono stata a Londra e in cinque giorni mi è capitato più volte di incrociare in luoghi diversi le stesse persone viste di sfuggita in precedenza. Lo ammetto: in quei frangenti ho pensato ad Alex!
- Andando avanti nella lettura dei capitoli, mi sono resa conto che dietro lo strano comportamento di Tompson c’è un intento di vendetta. Non lo hai mai detto chiaramente, in realtà, ma ho come l’impressione che in certe situazioni non sia proprio un caso se il bel professore compaia dal nulla. A tutto ciò aggiungerei di nuovo la questione del livello sociale dei protagonisti: la classe medio-alta tende, per forza di cose, a frequentare certi tipi di locali e di luoghi in genere, perciò non è così sorprendente che ci siano degli incontri casuali frequenti (Alex e Tompson appartengono alla stessa classe sociale).
Complessivamente, trovo la trama estremamente interessante: non manca di originalità e la caratterizzazione di alcuni personaggi è praticamente perfetta.
Passando proprio a parlare dei personaggi principali, mi pare giusto trattarli singolarmente, cercando di valutare quanto siano stati approfonditi.
Alex, la protagonista della storia, è molto ben caratterizzata. Non trovo falle nella sua personalità, e anche la superficialità cui accennavo prima mi sembra tutto sommato giustificabile dalla giovane età della protagonista. Certo, poiché tendi a “liquidare” alcune scene con troppa velocità, può sembrare che Alex sia in realtà molto più immatura di quanto tu voglia far credere. Questo non è un difetto insormontabile, però rischia di compromettere in qualche modo l’opinione che il lettore ha del personaggio. Per il resto, mi pare assolutamente perfetta: è una ragazza ricca, piuttosto studiosa, afflitta dai tipici problemi adolescenziali e che affronta quest’ultimi affogandoli nell’alcol. È coerente con sé stessa, insomma, e col suo personaggio.
Tompson è in assoluto il personaggio meglio caratterizzato di tutta la storia. Evidentemente, lo hai costruito senza tralasciare alcun dettaglio caratteriale, e questo senz’altro giova tantissimo alla sua figura. Non è semplicemente “bello e impossibile”: ogni gesto che compie ha un suo perché; ogni cosa che dice è finalizzata a uno scopo; ogni sguardo che lancia mira a un bersaglio preciso. Il fatto, poi, che tu abbia giustificato il comportamento non proprio ortodosso di Mr Tompson nei confronti di Alex come una vendetta personale rende il tutto decisamente perfetto. Matt, insomma, non è un pazzo che agisce senza un perché: dietro il suo comportamento c’è una storia personale evidentemente molto dura che, credo, ancora non sia stata svelata del tutto. Il rancore che prova verso il fratello della protagonista va sicuramente ben oltre quanto accennato finora: a lasciarmi credere che oltre alla faccenda della sorella picchiata ci sia dell’altro è il fatto che gli altri fratelli Tompson non abbiano nulla contro Mark. Ma questa, ovviamente, è solo una mia supposizione.
George è un altro personaggio costruito benissimo. È omosessuale, ha una relazione infelice con un ragazzo che finisce per rinnegare la propria natura di gay, ed è determinate in più di una situazione. Addirittura, mi pare che sia lui il vero grande amico di Alex: ho come l’impressione, infatti, che sia ben più presente di Lizzie e Rose. C’è solo una piccola cosa che mi tormenta e che mi fa credere che George, in realtà, stia facendo il doppio gioco, ma preferisco parlarne in privato perché non intendo spoilerare (credo ci siamo capite perfettamente xD).
Jackson mi crea diversi problemi di interpretazione. Te ne ho già parlato prima, per cui mi pare inutile ripetere, però ho l’impressione che questo personaggio ti sia sfuggito di mano. La sensazione che ho è che inizialmente tu non volessi affatto conferire a Jackson quel ruolo che poi ha finito per assumere. Certo, i personaggi evolvono con la trama, ma rispetto ad altri, questo lo ha fatto in maniera incostante e poco plausibile. Non che non trovi interessante questo affascinante professore – per carità! – semplicemente, credo sia giunto il momento di rivelare un volta per tutte cosa ci sia dietro il suo strano comportamento (perché prima cerca di dissuadere Alex dall’intraprendere una relazione amorosa con un docente e poi la bacia al funerale dell’ex fidanzata?) e, soprattutto, è ora che l’uomo prenda una posizione (a meno che, ripeto, non sia uno squilibrato mentale, ma credo che comunque dovresti in qualche modo farlo capire esplicitamente!).
Lizzie e Rose non sono state molto approfondite rispetto ad altri personaggi, e in alcuni momenti salienti della storia pare addirittura che abbiano un ruolo marinale. Per quel che mi riguarda, va benissimo così, nel senso che comunque hai pienamente giustificato il perché della loro “assenza”. Ogni tanto le loro vicende si intrecciano con quelle della protagonista, ma la sensazione è che ciò avvenga solo perché sono compagne di classe. Come dicevo prima, il vero amico mi pare piuttosto George.
Piccola considerazione generale sui personaggi: in alcuni capitoli ne hai inseriti troppi contemporaneamente. Non che sia un male che ce ne siano così tanti, ma il fatto che compaiano tutti insieme rischia di confondere le idee al lettore. In alcune scene ho avuto difficoltà a capire chi stesse parlando con chi. Ovviamente, basta una rilettura più attenta e tutto diventa chiaro, ma questo può infastidire chi legge e spingerlo a rinunciare.
Bene, ora è giunto il momento di passare a questioni più tecniche. Come sai, è mia abitudine lasciare sempre un commento anche sull’impostazione grafica delle storie che recensisco, per cui, anche in questo caso, intendo spenderci qualche parolina. Devo farti solo complimenti, in realtà, perché pur avendo pubblicato molti capitoli, ti sei sempre mantenuta costante, utilizzando sempre lo stesso stile. Il font è ottimo, così come la sua grandezza, per cui mi pare proprio di non dover segnalare pecche da questo punto di vista. Magari – ma è proprio un pignoleria – potresti “giustificare” il testo scritto (CRTL+F) così che appaia ancora più ordinato.
Oh, ovviamente il banner è bellissimo, ma questo forse te lo avevo già detto!
E ora, passiamo alla parte più noiosa e antipatica: punteggiatura, sintassi, lessico.
Prima di dare inizio all’ultima parte della recensione, voglio però premettere una cosa: non posso correggere e segnalare le sviste presenti in tutti i capitoli; come previsto dal regolamento di EFP editing, mi limiterò soltanto all’ultimo capitolo pubblicato.
Un commento generale, comunque, mi pare giusto lasciarlo: rispetto all’inizio sei migliorata tantissimo! Il lessico è più appropriato, la punteggiatura è ben messa e lo stile è più piacevole. Rimane da segnalare soltanto qualche piccola imprecisione relativa all’impostazione dialogica e a qualche errore qua e là, dettato forse più da disattenzione che da ignoranza.
Direi di cominciare proprio dalle battute dialogiche. Dato che tu hai utilizzato il trattino – seppur impropriamente – ti copio-incollo un estratto dal documento presente tra i file di EFP editing in cui vengono spiegati molto bene i metodi migliori per impostare i dialoghi. La parte che troverai di seguito riguarda esclusivamente l’uso del trattino medio o lungo spaziato.
BATTUTA SEMPLICE
– A____.
– Sí, hai ragione.
BATTUTA SEMPLICE RETTA ESTERNAMENTE
– A____, – _____.
– Prosegui, – disse Richard mollemente.
TESTO+DUE PUNTI E APERTE LE VIRGOLETTE
A_____: – A____.
Rispondo, con il tono cantilenante delle centraliniste: – Chi la desidera?
BATTUTA COMPOSTA
– A____, – _____, – a_____.
– Ma è un cambiamento, – disse Gina, – e i cambiamenti fanno bene quanto il riposo.
Le battute di dialogo hanno uno sviluppo orizzontale:
Negro numero uno, parlando di una bionda sposata: – Mi sono trombato anche quella –. Negro
numero due: – Contapalle! – Primo negro: – Mettimi alla prova! – Secondo negro: – Di che colore cel’ha la passera? – Primo negro: – Nera!
Il dialogo nel dialogo è reso con i caporali:
– […] E lei mi ha guardato e ha detto: «Tesoro, credimi…» Oh. Eccola!
Ora, passo a spiegarti alcune cose nel dettaglio.
Il trattino da utilizzare è quello medio o lungo spaziato (“–” oppure “—”). Non è disponibile sulla tastiera: occorre cercarlo cliccando su “inserisci”, “simbolo” e infine “altri simboli”. È un’immensa scocciatura, lo so, ma purtroppo l’editoria segue determinate regole che vanno rispettate.
Per quanto riguarda le battute rette esternamente, il punto fermo va messo soltanto dopo la reggente. Cito un esempio dal tuo testo: - Dobbiamo andare. –Sussurrai, irritata, incamminandomi, a passo sicuro. Qui, oltre ad aver introdotto la battuta col trattino sbagliato, hai anche messo il punto fermo dopo andare. In realtà, gli unici segni di interpunzione ammessi in caso di battuta retta esternamente sono il punto esclamativo, il punto interrogati e la virgola. Ne consegue che la prima lettere della reggente non può essere maiuscola: – Dobbiamo andare, – sussurrai, irritata, incamminandomi a passo sicuro.
Nel caso delle battute composte, la posizione delle virgole è piuttosto insidiosa, come puoi benissimo vedere da te tornando al documento che ti ho copia-incollato. Cito un altro esempio tratto dal tuo testo: - Uh – increspò il labbro -, quanta violenza! –Inspirò un’ultima volta, chiudendo appena gli occhi. Non è obbligatorio inserire la virgola dopo uh o prima di quanta, ma se proprio vuoi farlo, ricordati di metterla in questo modo: – Uh, – increspò il labbro, – quanta violenza! –Inspirò un’ultima volta, chiudendo appena gli occhi.
Passo ora a segnalarti qualche svista scovata qua e là nel capitolo.
This isnt' my trip in Rome.
Hai inserito l’apostrofo nel posto sbagliato: La dicitura corretta è this isn’t my trip in Rome.
Com’era possibile che, con una semplice canzone, riuscisse ad eccitarmi in quel modo.
Piuttosto che con il punto fermo, concluderei con il punto interrogativo.
- C… cosa? –Mr. Jackson si voltò verso di me, per afferrarle.
Qui la frase è oscura: non ho capito cosa debba afferrare!
Portai una ciocca di capelli dietro l’orecchio, prima di sfuggire allo sguardo del mio insegnante di Psicologia e quello del mio professore di Filosofia.
Hai dimenticato una a tra e e quello.
Lontana da lui. lontana da quelle spalle.
Hai dimenticato la lettera maiuscola dopo il punto fermo.
Soffiò sul mio capo, fra capelli.
Piccola svista: manca i tra fra e capelli.
Aaaah! –
Con le interiezioni è meglio non esagerare: scrivere tante a apparentemente dà maggiore enfasi, ma per rispetto delle norme ortografiche è sempre meglio inserirne una sola.
E per quanto odi maledettamente l’esteta, la figura dell’anima abbandonata ai propri desideri, le cui azioni sono dettate unicamente dal corpo, non possono non ammettere quanto sia insito nella mia, di anima, il reclamare il suo, di corpo.
Credo che al posto di possono vada inserito posso.
E anche lui, lo fece.
È buona norma non separare mai il soggetto dal verbo tramite virgola! So che Manzoni lo faceva, ma purtroppo è una licenza poetica che, per ora, possono concedersi solo i grandi.
- Shh. –Fece, posandosi il dito sulle labbra.
Il suono sibilante con cui si zittisce qualcuno si riproduce graficamente in questi modi: st, sst, ssst, sss, ssh. So cosa stai pensando in questo momento: è da psicopatici mettersi a sindacare pure su questo! Purtroppo, però, il vocabolario dice così, e da umili fruitori della lingua italiana, dobbiamo per forza di cosa obbedire alle regole.
Dovevano essere almeno dieci, le persone che occupavano la camera che, per quanto spaziosa, non fosse in grado di contenerle tutte.
Prima imprecisione: dopo dieci non va messa la virgola, altrimenti separi soggetto e verbo.
Seconda imprecisione: la costruzione della frase non regge molto bene. L’uso del congiuntivo è infatti inappropriato, così come il repentino cambio di funzione di camera, che passa da complemento oggetto della prima parte della frase a soggetto della seconda. Io la cambierei in questo modo: dovevano essere almeno dieci le persone che occupavano la camera. Quest’ultima, per quanto spaziosa, non era in grado di contenerle tutte.
In quell’istante, l’oggetto dalla quale a mala pena si formava la miccia, cadde giù.
Piccolo refuso: invece che dalla avresti dovuto scrivere dal.
Provai di reprimere i singhiozzi
La preposizione che regge il verbo provare è a e non di.
Tranquillaente
Semplice refuso! Sicuramente volevi scrivere tranquillamente.
mia curiosità aumentava spropositamene.
Altro piccolo refuso: la forma corretta è spropositatamente.
Perchè
Hai inserito l’accento grave invece di quello acuto. La forma corretta è perché.
Bene, finalmente sono giunta alle conclusioni. Non c’è bisogno che ti ripeta per filo e per segno quanto la tua storia sia promettente e quale margine di miglioramento possieda. Rispetto all’inizio si nota a colpo d’occhio quanta più cura tu metta per la migliore resa del testo scritto e devo darti atto di essere un’autrice che presta molta attenzione ai suggerimenti dei recensori.
L’unico grande consiglio che mi sento di darti per aiutarti a migliorare ancora di più è quello di non avere fretta. Capisco che quando si ha in corso una storia molto popolare come la tua si sia tentati dall’aggiornare il più in fretta possibile, un po’ per soddisfazione personale, un po’ per accontentare i fan. Be’, io credo che sia comunque giusto che ognuno si prenda i suoi tempi e faccia i conti con le proprie possibilità: da quando hai iniziato a postare con più lentezza, i risultati si vedono! Per cui… taaaaaaaanta caaaaaaalma! xD
Ok, ora ho davvero concluso! Per qualunque chiarimento, sono sempre disponibile! ^_^
A presto!
9dolina0
Recensore di EFP editing |