Una storia dal rating arancione per le tematiche delicate che affronta.
Un racconto durissimo, oscuro, forse il più oscuro che io abbia mai scritto fino a oggi. Scritto di getto, con il desiderio di dar voce alla sofferenza maschile più nascosta, in preda a una stranissima urgenza. Per questo motivo è possibile che il testo sia pieno di refusi. Se li trovate, vi prego di segnalarmeli.
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Da lì cominciano i pensieri. Non quelli che si dicono ad alta voce o che si confiderebbero all’amico giusto davanti a un bicchiere. No. Quelli che si annidano sotto, che si insinuano tra una briciola e l’altra, tra la nostalgia e l’abitudine, tra la paura, forse anche lo schifo, e l’auto-indulgenza. E una parte di me lo sa già che oggi, come ieri, come ogni volta, non ci sarà nessun autobus a salvarmi. A casa ci dovrò tornare sui miei piedi ancora gonfi e doloranti.
Non sono sempre stato così.
O forse sì, ma in potenza, in seme; come se certe cose si portassero dentro come una malattia latente, un virus silenzioso che aspetta il momento giusto per iniziare a moltiplicarsi e appestarti da dentro.
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