Recensioni per
La leonessa di Francia.
di _Agrifoglio_

Questa storia ha ottenuto 1539 recensioni.
Positive : 1537
Neutre o critiche: 2 (guarda)


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Recensore Master
02/02/23, ore 15:05

Ben ritrovata, cara Agrifoglio, con questa nuova tappa del tuo epico racconto, il quale si sta approssimando, a passo lento ma cadenzato, per meglio assaporare ancora ogni momento e ogni situazione che vede in scena i tanti svariati protagonisti, al suo epilogo.
Ma prima ci regali uno sguardo leggero e d’insieme che concerne i giovani di questa storia che, finalmente, stanno coronando i loro sogni e il primo passo è il matrimonio che viene celebrato unitamente per Gregoire Henri insieme alla sua Antigone e Honorè con la sua amata Elisabeth Clotilde. Finalmente una atmosfera rilassata che vede i genitori dei ragazzi felici per il traguardo raggiunto dai giovani. Partecipano proprio tutti in quella suggestiva cornice che è la Cappella di San Luigi e, partecipando tutta la famiglia reale, soprattutto Maria Antonietta ha potuto assistere al matrimonio della figlia alla quale ha donato, come promesso alla sua nascita, una dote cospicua. Anche il Conte di Fersen è presente, ma tra gli invitati della famiglia Jarjayes. Tutto si svolge in assoluta serenità, anche se la mancanza del conte Victor de Girodelle si fa sentire. E dato che per questo duplice matrimonio sono intervenuti persino i parenti inglesi dei Jarjayes e altre personalità di spicco, possiamo immaginare che forse, un domani, anche per il Marchese di Saint Quentin e Bernadette la situazione personale possa volgere a loro favore e trovare quella tranquillità nei loro animi che ancora non è del tutto presente, vuoi per il ricordo persistente di Paolina che ogni tanto fa capolino nella mente del marchese. Fortunatamente alla cerimonia non ha potuto partecipare il Tenente de Ligne, allontanato dalla famiglia, e ora sotto le attente grinfie di sua moglie. Inutile dire la gioia di Oscar e Andrè che possono vedere la realizzazione dei loro figli, ma per loro il “lavoro” non è ancora terminato, in quanto Napoleone è costantemente una spina nel fianco dell’intera Europa. E così, dopo la fuga a Milano, Napoleone non può e soprattutto non vuole ammettere una sconfitta, in quanto nel suo personalissimo vocabolario la parola “resa” è inesistente. Sta già pensando a come attrezzarsi per sferrare nuovi attacchi a quell’Europa che gli è ostile e tornare in pieno potere. Ha cercato di racimolare un esercito che, però, non può essere all’altezza di quelli dei suoi avversari, in quanto costituito da giovani inesperti e non avvezzi alla durezza di una battaglia, senza contare che comunque risulta in un preoccupante deficit numerico. Stante queste condizioni, Napoleone tenta la carta della via diplomatica fra le varie delegazioni che, però, si risolve in un nulla di fatto. In una di queste delegazioni intervenute Napoleone incontra Oscar e André e il Vescovo de Tayllerand, del quale si fidava, ma che non gli viene incontro sul suo terreno. Non gli resta che tornare quindi in campo con le sole forze che ha, sia per quanto concerne i contingenti militari che l’approvvigionamento di armi e munizioni, per poter sferrare l’attacco al cuore del potere intero che gli si è messo contro. Come sempre ammiro la tua capacità di spiegare quello che avviene anche tatticamente, riuscendo a far immergere persino il lettore nelle battaglie che via via vengono combattute. Le parole descrivono sempre plasticamente l’atmosfera in cui cali i personaggi e, nelle tante battaglie combattute, non possiamo non ammirare il tocco di classe riferito ad Oscar che sul suo cavallo bianco e nella sua uniforme turchese sta cercando di portare parte del suo esercito in una posizione maggiormente favorevole e Napoleone, essendosi accorto di ciò che voleva mettere in atto, comanda di fare fuoco proprio su di lei, e sarebbe riuscito nel suo intento se André, compreso il piano di Napoleone, non si fosse gettato sulla moglie, divenendo così anche lui bersaglio, ma entrambi salvati da una inaspettata carica di fanteria sassone e bavarese che fa fuoco sul contingente di Bonaparte. Molto d’impatto anche l’incontro muto, avvenuto fra le vie di Lipsia, tra Oscar e Alain che si osservano, alquanto basiti forse di trovarsi insieme in quello stesso momento, e semplicemente si salutano con un cenno del capo, riprendendo poi ognuno la propria strada. Alain dopo l’avventura della campagna e disfatta di Russia, durante la quale aveva tentato di uccidere Napoleone, essere caduto prigioniero dei Cosacchi ed essere riuscito a fuggire, ha avuto modo di pensare ad una maniera alternativa di spodestare l’Imperatore, colui che aveva seguito e ammirato per anni, ma che si stava dimostrando non più all’altezza del compito per quella insaziabile sete di potere che lo portava a non rendersi conto delle macerie che lasciava dietro di sé pur di assicurarselo. Aveva cominciato pertanto a lavorare ai fianchi di coloro che costituivano ancora l’ossatura gerarchica e militare dell’esercito di Napoleone, mettendone in luce le tante ombre che, presto o tardi, avrebbero portato tutti ad una disfatta ben più dolorosa. Dopo la debacle di Lipsia, Napoleone riunisce a Stupinigi tutto il suo quartier generale che, però, alle sue nuove idee, si mostra compatto nel manifestargli il proprio dissenso e consigliandogli di accettare le condizioni che avrebbero deciso gli avversari, poiché, ora come ora, nulla si poteva più fare se non aderire, sperando nella benevolenza dei vincitori. Per Bonaparte è un colpo troppo forte da digerire e, memore del veleno che il suo medico personale gli aveva consegnato due anni prima, qualora fosse finito in mani nemiche fuggendo dalla Russia, decide di suicidarsi per non dare soddisfazione ai suoi nemici e per non subire l’onta oltre che della sconfitta anche della sua prigionia. Ma il suo tentativo va a vuoto, forse perché il veleno ha perso la sua forza nel tempo e, dopo aver passato una notte tra atroci dolori, acconsente di essere visitato da un medico e appena riavutosi firma le carte che lo condannano all’esilio sull’Isola d’Elba.
Pur non essendo state accettate le richieste che i suoi fedelissimi avevano cercato di portare avanti, soprattutto il fatto che il figlio potesse regnare al suo posto, per concessione dello Zar gli verrà assegnata una cospicua rendita, potrà essere assistito da circa un migliaio fra soldati e servitori e non ci saranno ripercussioni nei confronti dei suoi congiunti, i quali dovranno rinunciare alle loro cariche ottenendo un appannaggio annuo che gli consenta di vivere, mentre all’Imperatrice verrà assegnato addirittura il Ducato di Parma.
Quanta magnanimità viene messa in campo verso un uomo ormai uscito sconfitto sotto ogni punto di vista e che non avrebbe più potuto ledere al futuro dell’intera Europa, avendolo confinato su quell’isoletta che era solo un puntino su una cartina geografica.
Abbiamo assistito all’intera parabola di Bonaparte e fa specie ritrovarlo, nelle ultime parole di questo tuo capitolo, con lo sguardo perso nel vuoto completamente distaccato dal suo presente.
Complimenti anche questa volta per la sapiente gestione delle varie fasi delle battaglie nonché per l’aspetto umano delle vicende di tutti i protagonisti.
Un caro saluto e grazie.

Recensore Veterano
01/02/23, ore 13:11

Finalmente Oscar ha messo alle strette Napoleone, pensava di ucciderla ma grazie ad André è lui lo sconfitto. Sono contenta dei matrimoni. Chissà se ora Alain torni dai suoi amici e abbandona Napoleone
(Recensione modificata il 01/02/2023 - 01:12 pm)

Recensore Master
01/02/23, ore 12:08

Ecco che i nodi presto o tardi vengono al pettine, e chi ha agito male deve rendere conto, anche Napoleone! Molto bella la scena del leale incontro-scontro tra Alain e Oscar.

Recensore Junior
30/01/23, ore 21:28

Ho ripreso la lettura di questa storia dopo tanto tempo e sono felice di averlo fatto. E’ tutto molto curato nei dettagli e ben descritto.
Mi è molto piaciuta la caratterizzazione di Napoleone che mi è sembrata molto vicina all’idea che mi sono sempre fatta di lui: un uomo geniale, coraggioso ed intraprendente, di quelli che hanno sempre mille idee in testa da realizzare e che non si arrendono mai. Purtroppo però come tutti gli individui geniali è anche prepotente, egocentrico, narcisista e per nulla empatico. Vede negli altri degli strumenti per affermare se stesso o degli ostacoli e non degli esseri umani.
A poco a poco, la sua logica delirante prende il sopravvento e lui si scollega sempre più dalla realtà, nutrendosi di illusioni e di manie di grandezza. Ha un’immensa fiducia in se stesso ed una totale sottovalutazione degli altri e ciò è la chiave di volta della sua determinazione e del suo successo ma anche della sua caduta.
Come avviene in questo capitolo, Napoleone vede soltanto la sua ambizione e la sua sete di guerra e non si accorge dei mille pericoli ai quali sottopone un intero esercito. È molto triste che le vite di centinaia di migliaia di sodati siano dipese da quelli che assomigliano sempre di più ai vaneggiamenti di un pazzo o perlomeno alle smanie di un uomo che non è mai riuscito a venire interamente a patti con se stesso e col mondo che lo circondava.
Il suo eccesso di ambizione e di ottimismo l’hanno portato a gettare a mare l’esercito più potente d’Europa ed a giocarsi il tutto per tutto in una guerra che di normale non aveva niente. Invece di agire con prudenza prima e di tentare di salvare il salvabile dopo, Napoleone ha sempre preferito mostrare i muscoli, sottomettere tutto e tutti al suo volere e chiudere gli occhi davanti alla ruota che girava, prendendo sempre ogni cosa come una questione personale, come un’eterna guerra tra lui ed il genere umano.
Mi è piaciuta anche l’evoluzione di Alain che da soldato militarmente ed intellettualmente infatuato di Napoleone si è trasformato nella sua Nemesi ed in un quasi attentatore. Deve essere stato molto duro per lui prendere atto di avere gettato via quindici anni di militanza bellica ed infatti all’inizio ha nascosto la sabbia sotto al tappeto. Poi però ha avuto l’onestà intellettuale di ammettere i suoi sbagli e la volontà di voltare pagina anche se con scelte discutibili.
Mi è piaciuta la nuova generazione che hai messo in campo.
I due figli di Oscar ed André, con Honoré mite e saggio come il padre, ma destinato alla carriera della madre ed Antigone dominante e volitiva come Oscar, ma anche più capricciosa e vanesia, perché non temprata dalla disciplina militare e cresciuta da un padre a volte troppo debole con lei.
Il figlio di Girodelle che inizialmente pareva destinato ad un fato da duedipiccato come il padre prima di lui.
La figlia di Maria Antonietta e del conte di Fersen alla quale i genitori biologici hanno dovuto rinunciare anche se solo fino ad un certo punto, collocata presso altri genitori come spesso accadeva ai figli impresentabili.
E poi ovviamente c’è Bernadette, la figlia del salice piangente e del cavaliere nero, che ben poco ha preso dai genitori, ma che rischia seriamente di diventare il parafulmine della sfiga della seconda parte della storia. Si è imbattuta in un bastardo egoista prima ed in un lattante senza spina dorsale poi. Il terzo amore, per cui attualmente sta versando le sue lacrime, è un quasi quarantenne incapace di dimenticare una donna incontrata tanti anni prima che con lui si è comportata malissimo. La dimensione tragica di questa ragazza è enorme e non so che finale hai immaginato per lei. In genere, i personaggi tragici non vanno a finire bene, ma in questo caso mi auguro che ci sia un’eccezione perché Bernadette è un’eroina tragica suo malgrado che anela soltanto alla normalità e che sin da giovane ha cercato l’amore.
Ho adorato il mistero del tesoro dei giacobini e come esso si è concluso in mezzo ad un mare di morti (ah, la rivelazione di Théroigne de Méricourt che all’epoca nessuno capì!), mi è piaciuto come hai mandato al diavolo il conte di Compiègne, morto da lestofante come è vissuto, dopo aver gettato al vento le sue doti sull’altare della pigrizia e della vanità.
Mi è piaciuto come hai riportato sulla scena la perfida delle perfide, quella Jeanne de Valois che usa gli uomini come burattini e tutti quanti come pedine e che compare sempre come una gazza ladra là dove c’è qualcosa che luccica. Questa volta, è munita di prole al seguito ed il suo degno erede si è nascosto alla luce del sole, gabbando tutti malgrado il suo volto fosse una conferma della sua figliolanza ed il suo nome fittizio non fosse nemmeno l’anagramma del casato della madre.
Certo, al povero Alain sarebbe potuta andare un pochino meglio, ma il modo in cui questa donna si è rigirata intorno al dito uno come lui che è tutt’altro che uno sprovveduto la dice lunga sul suo calibro di femme fatale.
Mi sono piaciuti questi Oscar ed André e la loro evoluzione in un’epoca storica che nulla ha concesso alla calma, tra ghigliottine, in questo caso fortunatamente evitate e guerre napoleoniche qui riportate fedelmente, a dimostrazione del fatto che neppure le ucronie possono qualcosa contro l’astro sfavillante di Napoleone Bonaparte. Oscar e André ne hanno passate di tutti i colori ed ora sono quasi due signori anziani che tanto ancora hanno da dare alla causa, per il bene della Francia e della loro famiglia. Sono cresciuti insieme, sorretti da un affetto solido scevro da smancerie e da cedevolezze che lo avrebbero soltanto sminuito ed ora che stanno raggiungendo l’età pensionabile sono ancora perfettamente sul pezzo, pronti ad offrirsi generosamente senza condizioni.
Dici che questa storia sta per finire ed infatti siamo arrivati al capitolo della Campagna di Russia, dove a farla da padrone è il Generale Inverno. Spero di gustarmi questi capitoli finali e che questa storia dal sapore così antico ed allo stesso tempo così inedito abbia ancora delle sorprese da regalare.

Recensore Junior
15/01/23, ore 12:53

Un altro splendido capitolo cara Agrifoglio che ci regala la narrazione di uno dei periodi più bui delle guerre napoleoniche L’imperatore è sempre più accerchiato ,da un lato c’è la Russia ,poi c’è la Prussia in cerca di riscatto mentre l’imperatore d’Austria prende tempo per decidere con chi schierarsi Questo out sider così aggressivo ed imperialista non è mai piaciuto a nessuno dei vecchi monarchi ed ora è arrivato il momento da non farsi scappare in cui lui è stanco ed indebolito .A MIlano invece c’è chi approfitta dell’assenza di Napoleone per sfilargli il trono Era questione di tempo perché uno così incapace di contenersi presto o tardi si sarebbe schiantato ahahahahah!!!!!
Un po’ per paura delle conseguenze ed un po’ per carattere Napoleone non ne vuole sapere di limitarsi ad una strategia di contenimento dei confini così come non si cura degli inviti alla prudenza da parte dei suoi uomini Lui vuole risolvere tutto di netto senza mezze misure e mietere gloria su gloria come sempre, solo che i tempi stanno cambiando e che la Russia non è uno stato da invadere come tutti gli altri Sin da subito si notano i primi problemi collegati all’ampiezza del territorio ed al clima continentale troppo caldo d’estate e troppo freddo d’inverno . Malgrado i telegrafi ottici portatili ahahahah!!!!!!! ,mantenere le comunicazioni non è una passeggiata di salute ed anche sfamare un esercito di seicentomila uomini e di centinaia di migliaia di cavalli non è un’impresa facile La grande armata si è autolimitata con la sua stessa mole, Le scorte sono subito finite ed i russi ritirandosi bruciavano e distruggevano i loro averi per fare letteralmente terra bruciata al passaggio del nemico .Battaglie decisive ce ne erano pochissime anche perché non soltanto i civili ma anche i militari russi preferivano la strategia dell’arretramento. Quelle poche battaglie decisive però sono state grandiose e terribili come la battaglia di Borodino, la peggiore delle battaglie di Napoleone che ha segnato tra l’altro l’uscita di scena definitiva del principe Andrej Bolkonskij , la battaglia di Krasnoi e la battaglia del fiume Beresina con centinaia di genieri morti assiderati ,le finte ed i ponti in fiamme!!!!! Anche grandioso è stato l’incendio di Mosca con i campanili che collassavano su se stessi e le fiamme che zigzagavano qua e là distruggendo in pochi minuti interi quartieri. Terribile quello che è rimasto dopo l’incendio , palazzi fatiscenti vie irriconoscibili e file di prigionieri portati sul luogo dell’esecuzione ,che choc!!!!!!!!
In tutto questo pandemonio si consuma il dramma umano di Alain il cui idillio per l’imperatore è infine giunto al capolinea. Napoleone non ha mandato giù la perdita del tesoro dei giacobini e malgrado il rapporto aggiustato di Oscar ha mangiato la foglia ed ha compreso che l’insuccesso era dovuto ad una leggerezza del soldato che aveva innalzato dalle stalle alle stelle e che doveva tutto a lui .Il biasimo del capo si traduce in una emorragica perdita di consensi nell’esercito ed Alain si ritrova ad essere isolato dopo avere dedicato quindici anni della sua vita alle guerre napoleoniche Alain sopporta , stringe i denti ma si vede chiaro che non ce la fa più ed alla fine incontra il conte Pierre Bezuchov uno che come lui tenta in ogni modo di dare un senso alla sua vita e che come lui si fa sedurre dall’idea balzana di assassinare Napoleone Entrambi i tentativi di regicidio però sono uno più maldestro dell’altro ,bloccato uno dal fuoco ed un altro dal ghiaccio ma entrambi non andati a segno Alain incontra anche un povero contadino russo ,arruolato a forza che diventa il simbolo della gentilezza e della solidarietà umana ed è proprio la tragica dipartita di questo poveretto ad accendere una tragica scintilla nella mente di Alain Anche la distruzione della grande armata, decimata nel numero e privata di tutto il suo splendore esaspera Alain così come la vista del cannibale e dei soldati che neppure più volevano dormire per non essere ritrovati cadaveri la mattina dopo nei bivacchi Come dicevo Alain reagisce in modo tremendo e tenta il regicidio ma le cose non vanno in porto e per poco non muore trucidato da cosacchi ubriachi e vendicativi
Tra questo e quello Napoleone pensa bene di piantare in asso l’esercito e di scapparsene in slitta alla volta di Milano per mettere le pezze al suo impero traballante e per lasciare l’onore del fallimento finale dell’esercito al cognato Murat ahahahahah!!!!!!!!!
Ci mostri poi i risvolti poco edificanti della nascita di una principessa al posto di un principe con i sudditi che se la prendono con la madre che non è abbastanza nobile e che ,avendo penato troppo per metterla al mondo potrebbe poi non farcela a partorire un secondo figlio e con il padre per averla scelta e per essere troppo malaticcio per figliare come un coniglio . Oscar festeggia la nascita della principessina comandando i cannoni che sparano a salve e forse anche lei avrà notato la delusione serpeggiante ed una certa affinità tra la sorte di madame royale e la sua. Sarei curiosa di conoscere la reazione di Maria Antonietta in tutto questo pasticcio E il generale de Jarjayes cosa ne penserà? Mal comune mezzo gaudio ? ahahahahah!!!!!!!
Sempre Oscar commenta con Andrè la situazione della loro famiglia I figli stanno per sposarsi e ciò significa che Antigone ha finalmente messo giudizio o perlomeno ha capito come si sta al mondo Un po’ mi dispiace per il giovane Girodelle che dei due è quello che ama di più e che subirà di più ma è anche vero che è ben consapevole della tigre che sta per mettersi a casa!!!!!!!
Quella che è ancora tra color che son sospesi è Bernadette che trova sempre uomini con difetti caratteriali notevoli .Dopo essersi sbarazzata del bamboccione smidollato Lavoisier e del latin lover da strapazzo De Ligne , eccola imbattersi nel marchese ex libertino e con il chiodo fisso per una che lo ha cornificato come una cesta di lumache!!!!!!! Bernadette ,diventa anche tu una femme fatale e fai girare la testa a quell’indeciso oppure convertiti alla zitellaggine e lascia perdere gli uomini che è meglio!!!!!!!!!
Mi è piaciuta molto la descrizione breve ma condensata della battaglia nei pressi di Salamanca .Sir Arthur è come il vino, migliora invecchiando , tutto il contrario di Napoleone che con gli anni ha perso il fisico atletico ,i nervi saldi e la determinazione Sta ascendendo tutti i gradini della scala della nobiltà il che mi fa pensare che oltre ad essere bravo avesse anche dei santi in paradiso perché non si può passare da conte a marchese nel giro di un paio di mesi!!!!!!!!! Al confronto Andrè che è diventato a sorpresa conte di Lille è un dilettante!!!!!!!!! Se come ufficiale il buon Wellington è il top di gamma ,come marito invece farebbe meglio ad andare a riporsi e mi domando chi glielo abbia fatto fare a sposarsi con una donna che ormai in lui provocava soltanto il disgusto……… Qui non si tratta semplicemente di un matrimonio combinato ,di convenienza o freddo e senza passione ma siamo in presenza di una moglie che fa letteralmente schifo al marito ,il che è grave (sai che scoperta ahahahhah!!!!! ) Ritengo che non sposarsi sarebbe stato infinitamente preferibile per la povera Kitty, ma si sa che del senno di poi son piene le fosse!!!!!!!!
Un altro capitolo di quelli che solo tu sai scrivere bello e raffinato Ti prego fai arrivare presto il fratello minore , il numero novantadue!!! Sono così curiosa grazie e buon 2023!!!!!!!

Recensore Junior
12/01/23, ore 22:04

Attendevo questo aggiornamento e devo dire che non sono rimasta delusa.
Sono rimasta conquistata da come hai saputo far coesistere l’epica di una delle pagine più avventurose e titaniche della storia napoleonica con la vita quotidiana della seconda generazione della leonessa e con le miserie dei recessi della reggia più insidiosa del pianeta.
E’ incredibile quante cose possono succedere in soli sei mesi, persino che l’esercito più potente del mondo occidentale sia distrutto senza combattere nessuna battaglia epocale né tantomeno decisiva. Perché a vincere in questo caso è stato soltanto il generale inverno là dove Kutuzov col suo attendismo, i cosacchi con le loro incursioni ed i partigiani con la loro ferocia sono stati soltanto dei comprimari quando addirittura non si sono limitati al ruolo di comparse.
Napoleone ha perso una buona occasione per ascoltare il suo stato maggiore e per fare esercizio di umiltà, ma del resto se si fosse comportato diversamente, con più distacco e morigeratezza, non sarebbe stato lui. Per lui il mondo era un immenso campo di battaglia da rivoltare e da conquistare. I popoli dovevano essere sconfitti, sottomessi e governati. Le cose però adesso sono molto diverse dai tempi della sua gioventù, l’imperatore sta perdendo smalto e determinazione e più va avanti, più sembra perdere la bussola, depresso, spaesato ed incerto sul da farsi. Le opzioni in campo sono tutte difficili da ponderare anche a causa delle differenze che questa campagna presenta rispetto alle altre. Distanze immense di cui l’esercito non percorse che una piccolissima parte, clima durissimo sia in estate che in inverno ed un popolo fiero, disposto anche a perdere tutto pur di non consegnarsi in mano al nemico. Non possiamo accusare un grande come Napoleone di superficialità, ma di certo in lui c’è stato troppo senso di onnipotenza unito forse all’ineluttabilità degli eventi. Lo zar incombeva, la strategia di contenimento dei confini sarebbe stata sfibrante, ma non decisiva e tutto il resto dell’Europa del centro nord non aspettava altro che fare fronte comune contro l’aggressore in difficoltà e piombargli addosso nel momento della maggiore debolezza, come lui aveva fatto con loro. Come se ciò non bastasse, le scosse telluriche dei complotti si facevano sentire sempre più forti a Milano e Napoleone era consapevole di non potersi assentare per troppo tempo. In un certo senso era schiacciato in una morsa tra le pressioni dei vari nemici ed i disagi che pullulavano in Russia.
Sebbene io non parteggi mai per gli aggressori mi è dispiaciuto vedere la débacle di un esercito temibile e grandioso in così poco tempo e con così poco senso. Mi è sembrato di vedere il disfacimento di un corpo bellissimo ed orgoglioso in un cadavere in putrefazione. Alla fine i soldati erano in larga parte dei poveracci che venivano arruolati con la forza, con l’inganno o con le lusinghe quando non c’era addirittura la coscrizione obbligatoria. A morire in massa erano sempre gli stessi, i soldati semplici, la carne da cannone mentre i capi per ovvie ragioni erano preservati, segno che le condizioni delle campagne non erano ugualmente disumane per tutti.
Mentre leggevo, mi pareva di vedere le bufere di neve ed il caldo torrido, cannoni e carri carichi di bottino abbandonati lungo la via e ricoperti di ghiaccio, gli uomini che si arrangiavano come potevano anche mangiandosi l’un l’altro ed i russi che incombevano nelle vicinanze in ben altre condizioni fisiche e con tutt’altro stato d’animo. Ogni tanto c’era la carica di qualche reggimento di cosacchi, con le loro lance e le loro grida ed i partigiani, ai margini dei boschi e delle strade, attendevano i ritardatari per prendersi una vendetta a lungo attesa.
L’incendio di Mosca è stata una catastrofe nella catastrofe, ma neanche un colpo così duro ha smosso l’animo dello zar i cui ritratti in effetti restituiscono l’immagine di un volto strano e di due occhietti duri ed indefinibili.
In tutto questo sfacelo, Alain vede andare in pezzi oltre alla grande armata anche tutta la sua ammirazione per Bonaparte che l’aveva tenuto in vita per gli ultimi quindici anni. Non era stato semplice per lui far quadrare i suoi buoni principi con quello che in tante campagne ed in tante battaglie aveva visto, ma finora in un modo o nell’altro ci era riuscito. Troppo aveva perduto, troppo aveva sacrificato e non era stato ripagato. La fine del principe Andrej Bolkonskij che era stato, tanti anni prima, una fonte di ispirazione per lui lo addolora. La disistima di Napoleone lo abbatte e lo riempie di frustrazione e di rabbia e la perdita di status nell’esercito accelera il suo distacco dal pensiero napoleonico. Il conte Pierre Bezuchov gli aveva tenuto compagnia mentre il povero soldato Platon Karataev lo aveva addolcito con la sua tenerezza di uomo semplice e buono, rassegnato al corso degli eventi, ma non al male cui si può sempre rimediare con un gesto gentile. La morte del mite soldato contadino esaspera Alain e lo induce a credere che nulla di buono e di giusto sarebbe stato possibile finché Napoleone avesse imperversato in questo mondo.
Ho trovato mozzafiato la scena dell’appostamento di Alain sulla collina, aspettando che Napoleone passasse di sotto, col suo bicorno nero ed il suo pastrano grigio, perché la grandezza per lui stava nella mente e non negli ornamenti esteriori. Uno slancio generoso, ma avventato ed inutile che per poco non gli è valso la tortura a morte da parte dei truci cosacchi. Drammatica, ma coinvolgente la fuga di Alain dall’accampamento dei cosacchi, con la lama della baionetta ed il suo fugace bagliore, le urla del prigioniero torturato, gli schiamazzi degli aguzzini impastati dalla vodka, la lama affondata nella gola del cosacco e quello scivolare zigzagando sulla neve tra un abete e l’altro.
Vorrei dedicare qualche parola anche a Bernadette che finalmente sembra avere trovato l’uomo giusto ed una potenziale famiglia acquisita che non la osteggia, ma che la considera anzi come una risorsa di cui essere contenti. Il suo percorso fino a qui è stato lungo e tortuoso, ma si avverte che non è ancora giunto a compimento. In mezzo ai due aspiranti fidanzati c’è il fantasma di una donna bellissima e dissolutissima, con meno doti morali rispetto a Bernadette, ma di sicuro molto più affascinante ed ammaliante di lei. Il marchese di Saint Quentin non sa liberarsi dalle ombre del passato e spero che dietro tutto ciò non si celi la stessa debolezza caratteriale del giovane Lavoisier altrimenti per la povera ragazza sarebbe un altro due di picche. Ha penato tanto questa poverina che mi dispiacerebbe non vederla sistemata con un brav’uomo che la meriti e la renda felice. Ce ne sarà pure uno sulla faccia della terra! Il fatto è che le scelte per lei si assottigliano, visto che per classe sociale dovrebbe guardare ad una fascia che per cultura e per educazione però non le appartiene. E’ un po’ l’André della situazione, con tuttavia minori dipendenze psicologiche e più attitudine a tagliare con il passato ed a guardarsi intorno, il che le lascia qualche margine di speranza in più.
Che dire poi della nascita di madame royale? Per parafrasare la nota canzone, i buoni (?) cortigiani volevano un maschietto, ma ahimè è nata lei. Sarebbe bello se questa bambina, che per ora è un under dog, avesse un carattere forte e deciso che le consentisse di superare questa incresciosa situazione, magari trovando proprio in Oscar una fonte di ispirazione. Il re non è certo il generale de Jarjayes e la regina è una donna forte e determinata che saprà guidare la figlia negli impervi sentieri di Versailles.
Il ritorno di sir Arthur Wellesley nelle nuove vesti di lord Wellington mi ha incuriosita ed incitata a proseguire nella lettura perché sebbene egli sia un pessimo marito, almeno secondo i canoni moderni, la sua ascesa continua ed incontrastata, inversamente proporzionale e speculare alla china discendente che sta imboccando Napoleone, lo rende un personaggio molto interessante e ricco di potenzialità. Sappiamo bene tutti che ruolo egli ebbe nella disfatta finale di Napoleone ed ora è lecito chiedersi in che modo la sua presenza si intreccerà con quella di Oscar e che ruolo avranno le varie pedine in questa scacchiera storicamente ricombinata.
Ritroviamo anche Antigone in un ruolo di involontaria riscattatrice del genere femminile. Questa ragazza un po’ viziata e molto fortunata ha avuto soltanto l’imbarazzo della scelta nelle tante opzioni che la vita le ha concesso. I suoi l’hanno persino mandata all’università e lei si è permessa una libertà quasi maschile nel respingere, mettere in scacco e rincorrere i vari pretendenti, con l’intelligenza finale di evitare la caduta nel ridicolo e di accomodarsi in un matrimonio forse poco entusiasmante, ma sicuro, solido e felice che le consentirà di mantenere a vita il ruolo della più bella del reame.
Mi ha fatto piacere leggere questo capitolo bellissimo che mi ha fatta volare tra le steppe della Russia ed i corridoi della reggia di Versailles, senza mai schiodare gli occhi dallo schermo del computer.
Auguro buon anno a te ed a tutti i lettori, nella speranza di leggere al più presto un altro bell’aggiornamento di quelli che soltanto tu ci sai regalare con maestria e raffinatezza!

Recensore Junior
11/01/23, ore 22:07

Questo è il capitolo dei nodi che vengono al pettine.
Alain si è trovato a tu per tu con se stesso ed ha dovuto smettere di nascondere la testa sotto la sabbia. Il suo idolo purtroppo era un megalomane, narcisista e totalmente incapace di guardare oltre la sua gloria personale ed il disastro dell’esercito più potente d’Europa ha messo la pietra tombale sui sogni e sulle aspirazioni di Alain.
Non è chiaro a cosa aspirasse Alain. Ad una palingenesi europea? Al rimescolamento delle classi sociali? Ad un comandante simile per certi versi ad Oscar, ma con orizzonti molto più estesi e proiettato sui campi di battaglia internazionali? A voltare pagina dopo la morte del cugino? A dare un senso alla sua vita? Nulla di tutto ciò ha ottenuto, essendosi ritrovato con un pugno di mosche in mano dopo avere regalato quindici anni di vita alla persona sbagliata. Non dimentichiamoci inoltre che la madre lo ha anche cacciato di casa per avere seguito Napoleone.
Cosa sconta Alain? La sua ingenuità? I suoi slanci generosi, ma eccessivi? Avere nascosto la polvere sotto il tappeto, rendendosi di fatto complice di un guerrafondaio invasore? Avere tradito Oscar, sostituendole come comandante e punto di riferimento un altro generale? Sì, perché lui ha lasciato la leonessa di Francia e si è trovato con la riedizione di Nerone. A proposito, bella e suggestiva la scena dell’incendio di Mosca ed anche quelle che ci mostrano Alain camminare per le strade devastate ed irriconoscibili della capitale religiosa e morale dell’impero zarista! Struggenti le immagini del principe Andrej Bolkonskij e della granata che gira vorticosamente come una trottola infernale e quella di Platon Karataev, ucciso ai piedi dell’albero sotto il quale si era accasciato. Terribile e feroce la raffigurazione del cannibale che mostra in poco più di una riga l’abbrutimento al quale la guerra porta.
Di questo capitolo mi ha anche colpito la condizione femminile che si declina in vari personaggi.
Cominciamo dalla neo figlia di Francia, la principessina Elisabetta la cui nascita è stata accolta dai più come una delusione. La legge salica imponeva la presenza di un erede maschio e la neonata non soddisfaceva questi requisiti né si poteva prevedere se quest’erede ci sarebbe mai stato oppure no. Con un re malaticcio ed una regina già provata da un travaglio di due giorni, la nascita del delfino appariva ai cortigiani come una preoccupante incognita. La regina e la principessa, seppure poste all’apice della società dell’epoca, qui fanno la figura di una fattrice mezza avariata ed inadempiente e di un incidente di percorso oltre che di una beffa del destino.
Posso soltanto ipotizzare lo stato d’animo delle dirette interessate. Le figlie femmine nate al posto del tanto sospirato erede maschio avranno sicuramente avvertito su di sé lo stigma delle speranze infrante e saranno vissute col complesso di rappresentare una delusione. Queste speranze infrante sono le medesime che hanno dato vita alla storia di Lady Oscar e la stessa Oscar e le sue sorelle avranno avvertito continuamente il peso della delusione involontariamente inflitta al loro padre. Nel caso della neonata madame royale poi le cose erano ingigantite perché a traballare non erano soltanto le sorti di un casato, ma quelle di una dinastia secolare e di un intero regno già minato da problemi interni ed esterni.
La seconda donna che appare soltanto per essere stata citata, ma la cui sorte ispira compassione è Lady Wellington. Questa poveretta è passata dallo stato di fidanzata adorata e di chimera quasi irraggiungibile a quello di moglie ingombrante e di palla al piede dell’eroe nazionale. Anche lei ha portato su di sé il peso di essere una delusione per il marito senza poterci fare niente. Questo rifiuto avrà sicuramente aumentato l’insicurezza e l’agitazione della signora, portando all’esasperazione episodi come quello delle tende.
Probabilmente quello che faceva di meno per salvare il matrimonio era Lord Wellington che viveva immerso in uno stato d’animo di perenne delusione che faceva pesare sulla moglie. Concordo con chi mi ha preceduta quando ha scritto che, se lui fosse stato più innamorato o soltanto più benevolo con Kitty, la faccenda delle tende e tante altre sarebbero state ridimensionate o perdonate in nome dell’affetto familiare e della comprensione reciproca. Al ritorno dalla guerra lui trovò una fidanzata invecchiata ed imbruttita e che comunque non sarebbe stata all’altezza di tanta idealizzazione precedente. Lui ebbe la sua delusione, ma immagino che anche la moglie sia rimasta delusa da un marito tanto sgarbato ed insofferente al posto del fidanzato di gioventù, innamorato ed adorante. Mi chiedo cosa sarebbe stato meglio per lei, questo matrimonio imperfetto o la zitellaggine?
Anche in questa vicenda troviamo la condizione femminile del tempo che imponeva alla donna di giustificarsi socialmente soltanto accanto ad un marito anche se freddo, sgarbato o fedifrago. Una donna ammessa agli studi ed a qualunque tipo di lavoro si sarebbe potuta mantenere ed inserire in società autonomamente, senza doversi per forza intrappolare in un’unione infelice.
Un’altra donna che induce alla riflessione è Bernadette la cui felicità coniugale è messa in forse da una serie di problemi: il censo, il rango, l’aver commesso un unico, ma gigantesco passo falso ed a questo punto anche non essere più giovanissima per i parametri dell’epoca. Ora Bernadette è appesa alle decisioni di un ex libertino cui nessuno rimprovera il suo passato perché, a differenza di lei, è un uomo. Vediamo subito che l’unico ostacolo alla felicità del ricco e nobile marchese de Saint Quentin è “solo” il ricordo di un’altra che poi tanto meritevole del suo auto flagellarsi non era. Un ostacolo auto creato, quindi che però è sufficiente a tenere in scacco due persone. Gli ostacoli cui va incontro Bernadette sono ben più reali ed invalidanti sebbene lei abbia archiviato per tempo le sue storie fallimentari.
In tutta questa galleria di figure femminili più o meno tormentate, l’unica che spicca per fortuna e per condizione privilegiata è Antigone che, pur con tutti i suoi limiti caratteriali, va incontro ad una sorte sicuramente meno ingombra di pastoie e di repressione. Degna figlia di sua madre, ha goduto di privilegi e di libertà impensabili per una donna dell’epoca e, dotata di una bellezza radiosa, di un’intelligenza di prim’ordine, di un carattere forte e di una dote ragguardevole, può decidere della sua vita in piena autonomia. Nessuno le mette fretta né le pone condizioni ed ha anche trovato un uomo disposto a prenderla così com’è, con tutti i pregi e soprattutto con tutti i difetti. Con l’età e con l’esperienza, la ragazza deve avere imparato che un uomo mite ed anche un po’ noioso, ma onesto, affidabile e molto innamorato, pur non facendo battere il cuore all’impazzata è sicuramente un marito migliore del bel tenebroso di turno, interessante quanto si vuole, ma egoista ed imprevedibile.
Antigone non è una regina né una principessa né la moglie di un eroe nazionale, ma andrà incontro ad una felicità che ad altre donne più illustri di lei è mancata, una felicità che lei ha saputo riconoscere ed apprezzare con un po’ di ritardo e che soprattutto non ricambierà integralmente perché dei due il più innamorato è sicuramente il giovane Girodelle.
Bene, sono felice di avere letto il prosieguo di questa storia dopo uno stacco che mi è parso un po’ lungo! Ho apprezzato davvero tutto e mi dispiace che il racconto stia per finire, ma il punto a cui siamo arrivati e l’età dei protagonisti non lascia alternative.
Spero di leggere al più presto un aggiornamento.
Per ora buon anno nuovo e tanti auguri per tutto!
Green Tourmaline

Recensore Junior
10/01/23, ore 19:26

Mi è piaciuto molto questo nuovo capitolo, cara Agrifoglio!
Finalmente qualcosa si è mosso nella storia e di conseguenza anche nell’animo di Alain. Il mito dell’invincibilità napoleonica è andato in frantumi e ciò ha reso gli avversari dell’imperatore più sicuri nel contrastarlo e più determinati nel combatterlo. Arrivato all’apice della gloria, Napoleone che non è mai stato capace di accontentarsi ha perso anche la capacità di calibrarsi. L’imperatore era totalmente cieco di fronte ai limiti propri e del proprio esercito che per quanto potente e bene addestrato fosse non poteva certo coprire tratte lunghissime in condizioni proibitive e per giunta lontano da casa e dalle linee di rifornimento.
Napoleone era un genio che pretendeva che fossero gli altri ad adattarsi a lui e non il contrario. I suoi uomini erano persone che rientravano nella media e lui, pretendendo da loro gli stessi sforzi e la stessa abnegazione che gli erano propri, non si rendeva conto che non tutti hanno le stesse capacità e la stessa resistenza. Se lui era capace di stare a cavallo per delle ore e di spostarsi con estrema rapidità, i suoi uomini non potevano essere sottoposti a continue marce forzate ed alle intemperie perché non avevano la sua stessa forza d’animo e di volontà e la sua determinazione ed abnegazione. Quando qualcuno non era all’altezza, per Napoleone era un incapace o uno sfaticato o un disfattista quando addirittura non era un traditore. Napoleone non si rendeva conto che poteva semplicemente essere una persona non all’altezza dei gravosi compiti e degli elevatissimi parametri che gli erano propri.
Di questa situazione inizia a fare le spese Alain al quale l’imperatore imputa, magari non del tutto a torto, la perdita del tesoro dei cavalieri di Malta. Lo fa scendere nella sua considerazione e lo ricopre di villanie e questa situazione incresciosa mette l’acceleratore alla presa di coscienza del generale de Soisson. Alain nota il totale sprezzo della vita da parte di Napoleone, la sua mancanza di pietà ed a volte di ragionevolezza ed anche la totale assenza di empatia. L’immagine di Napoleone che contempla l’incendio di Mosca, così come Nerone aveva contemplato quello di Roma, è emblematica. A Napoleone interessa il grandioso, nel bene e nel male, a scapito di qualunque altra considerazione imperniata sulla pietà e sull’umana solidarietà.
Deluso su più fronti dall’imperatore, Alain vede sgretolarsi il suo mito ed avverte quanto è terribile capire di avere gettato alle ortiche quindici anni di vita. Riaffiorano nella sua mente i ricordi del passato, di tutte le altre battaglie alle quali ha partecipato e delle manifestazioni di disumanità da parte di Napoleone. La maggiore gravità della situazione attuale e le scortesie che deve subire gli impediscono di mettere anche questa volta il silenziatore alle sue emozioni che, represse troppo a lungo, raggiungono il parossismo. Il tremendo patire della grande armata, che da primo esercito d’Europa si tramuta in una masnada di sbandati abbrutiti, cancella le residue resistenze di Alain. Tremenda la scena del soldato cannibale che finisce di spolpare un femore e che costringe Alain che pure non è un’educanda a girare lo sguardo. Dolorosa è la scena del ferimento mortale del principe Andrej Bolkonskij e della morte del povero Platon Karataev la cui gentilezza e bontà d’animo avevano impressionato anche chi come Alain non ne comprendeva la lingua.
Dopo tanto patire, Alain comprende che l’unica soluzione è togliere di mezzo l’imperatore che tanto non si fermerà mai e che finché si reggerà in piedi ed avrà un battaglione e dei cavalli muoverà sempre guerra a qualcuno anche a costo di reclutare i suoi soldati fra i ragazzini o i vecchi degli ospizi. Alain architetta il tirannicidio, ma la buona stella di Napoleone non si è ancora del tutto spenta ed è anzi Alain che con una fuga rocambolesca deve sottrarsi ad una terribile morte per mano dei temibili cosacchi.
Mi sono molto piaciuti anche gli altri paragrafi a partire da quello di apertura, dedicato alla nascita della principessa Elisabetta, che da evento gaudioso si trasforma quasi in un’occasione di lutto. I cortigiani malevoli, ma forse anche pragmatici, si rendono subito conto che quella nascita è dinasticamente e politicamente inutile perché una donna non può ascendere al trono ed il ruolo di erede è ancora vacante. Come non notare le lunghe ore di travaglio della regina che magari è stata danneggiata da tanto patire ed i problemi di salute del re che ne fanno quanto di più diverso possibile da un esemplare da riproduzione? Un po’ per preoccupazione ed un po’ per malignità i cortigiani non mancano di fare udire le loro critiche che si allungano come tetre ombre cupe sulla culla della neonata.
Ho letto con piacere anche della ricomparsa di lord Wellington che ascende sempre più la scala sociale, divenendo conte e poi marchese. Così come per Napoleone, la guerra è il suo elemento naturale anche se i due si muovono in contesti diversi, con ruoli diversi e modi di intendere la vita diversi. Ho notato anche l’estremo fastidio e la grande insofferenza che riserva alla moglie ed ho capito che se Kitty non ci mette buon senso, Arthur non ci mette né pazienza né affetto. Lui è sicuramente superiore a lei che non è alla sua altezza, così come in gioventù lui non era all’altezza di lei e molti limiti ha questa donna che, se fosse un poco più autonoma, potrebbe perlomeno scegliersi le tende da sola. Tuttavia, se il marito avesse nutrito un po’ più di amore per lei e se l’avesse considerata con maggiore tenerezza, le avrebbe abbonato più cose mentre sembra che il solo sopraggiungere di lettere da parte di lei sia sufficiente a gettare lord Wellesley in una crisi di nervi.
Ritroviamo poi anche se di sfuggita Oscar ed André che ci ragguagliano sullo stato dell’arte della nuova generazione. Finalmente i loro figli sono avviati a delle felici unioni e ciò li rende sollevati soprattutto con riferimento ad Antigone il cui carattere ribelle e dominante ed il cui fare troppo moderno per l’epoca ne facevano una candidata alla solitudine ed all’incomprensione generale, se come la madre ai suoi tempi non si fosse imbattuta in un uomo devoto ed estremamente innamorato oltre che paziente e con le spalle larghe.
Ma la vicenda che cattura di più tra i giovani è sempre quella di Bernadette che tra delusioni, rotture di fidanzamento, seduzioni, gravidanze indesiderate, aborti e stalking, pare alla fine avere trovato una persona che fa al caso suo. I problemi però ci sono anche adesso perché l’uomo in questione le è superiore di rango e di censo e soprattutto non riesce a togliersi dalla testa la sua precedente fiamma, quella Paolina Bonaparte che tanti cuori aveva infranto e tanti talami aveva frequentato. Dispiace vedere come ogni rosa per Bernadette presenti sempre delle spine e come questa ragazza non riesca a restare esente da dolori e problemi. Sarà la sua una felicità conquistata a caro prezzo e per questo ancora più grande ed appagante oppure la vedremo rassegnata a trascorrere da sola i suoi giorni, non certo in miseria, ma in una condizione di eterna seconda, messa da parte ed emarginata da persone più felici di lei? Non resta che attendere per conoscere gli sviluppi anche di questa vicenda.
Per adesso ti faccio gli auguri di un sereno e felice 2023, nella speranza di leggere al più presto un tuo aggiornamento.
Alla prossima!
Match Point

Recensore Master
08/01/23, ore 15:15

Ciao Agrifoglio. Ho ben immaginato quanto scritto nella prima parte del capitolo riguardo Napoleone. Mi ha colpita l'espressione riguardo la disapprovazione divina. Ho immaginato lo stato d'animo di Alain attraverso le tue parole. Ho letto con interesse dei giovani. Un capitolo ricco e posso immaginare la complessità nelll scriverlo dove ho apprezzato il riferimento a "Guerra e Pace." Per quanto mi riguarda non é stato un problema che i protagonisti siano apparsi di sfuggita, ho apprezzato il tuo impegno nello scrivere riguardo la Campagna di Russia. Quello che ha catturato di piú la mia attenzione in questo capitolo é quanto scritto riguardo Alain. Saró curiosa di sapere quale sarà la fine di questa storia pensando all'inizio e a dove siamo adesso. Un caro saluto.
(Recensione modificata il 08/01/2023 - 03:17 pm)

Recensore Veterano
06/01/23, ore 17:08

Un capitolo molto corposo questo! D'altronde prima di far muovere gli attori bisogna giustamente preparare la scena che qui ha le dimensioni dell'Europa intera. Con dovizia di dettagli mostri come l'armata di Napoleone, insieme al suo Imperatore, passarono dagli allori alla distruzione e uno dei filtri è quello degli occhi di Alain che, come forse molti altri, inizia a pensare all'unica soluzione possibile per una pace duratura: eliminare l'Imperatore.
Realizzato lo sfondo, attendo le vicende dell'ultima parte della storia con la curiosità di vedere come influenzerà la Storia.

Recensore Junior
05/01/23, ore 23:51

Capitolo estremamente interessante. La disfatta della Grande Armata Napoleonica su tutti i fronti, sia a est che a ovest, è terribile, ma l'imperatore non sembra essere toccato da nulla se non dalla inevitabile perdita di potere, così abbandona tutto e corre a Milano. Alain, invece, ha capito tutto e la sua presa di coscienza è dolorosa: scoprire che l'uomo che ha ammirato tutta la vita è, in realtà, un tiranno senza cuore. Mi sembra, nella sfera privata, che Bernadette si stia rifacendo una vita. Complimenti come sempre per ogni particolare inserito alla perfezione.

Recensore Veterano
05/01/23, ore 20:04

Buonasera Agrifoglio,
“Napoleone inorridiva all’idea di non poter prendere l’iniziativa, di non sferrare un attacco a sorpresa, di non studiare una nuova mossa, di non costruire ad arte la battaglia perfetta…”
Ecco, se dovessero chiedere di sintetizzare in poche parole il carattere di Napoleone le tue parole sarebbero perfette.
Ma il personaggio che più mi ha coinvolto emotivamente, in questo complesso capitolo dedicato alla campagna di Russia, è Alain. Avere dedicato gran parte della propria esistenza ad un ideale, avere combattuto uccidendo altri essere umani, avere rischiato la propria stessa vita e rendersi conto che colui in cui credevi è un uomo senza alcuna pietà … credo che questa definitiva presa di coscienza sia devastante.
Brava, a presto!

Recensore Junior
04/01/23, ore 15:21

Finalmente trovo la prosecuzione della tua bella storia che in questo capitolo ci mostra una fase molto delicata e drammatica della pagina delle guerre napoleoniche: la catastrofe della Grande Armata.
Sembra cha si sia rotto un incantesimo. Che si tratti della novità di questa campagna, condotta in un territorio vastissimo che mette a dura prova le comunicazioni ed i rifornimenti e con condizioni climatiche durissime, che si tratti del carattere fiero ed un poco barbarico dei russi, che si tratti della brutalità dei partigiani e dei cosacchi, che si tratti del generale inverno o che si tratti della mezza età incipiente di Napoleone, qui le cose sono decisamente cambiate. L’invincibilità di Napoleone comincia a scricchiolare, lo vediamo indeciso sul da farsi, ingrassato, infiacchito dal raffreddore come qualsiasi comune mortale. Per una volta è lo zar a respingere sprezzantemente le condizioni di pace proposte da un nemico più debole e per una volta è Napoleone a sperimentare lo scomodo ruolo di topo in trappola.
Seguiamo la parabola catastrofica della grande armata che si svolge nell’arco di pochi mesi e che in un certo senso rispecchia il decadimento fisico ed intellettuale dell’imperatore. Napoleone non è più invincibile, non è più invulnerabile, ma anzi è il primo artefice del disastro dell’esercito più potente d’Europa. E’ incredibile come sia caduto in pieno nella trappola costruita dai russi che hanno risucchiato il suo esercito come un vortice insidioso e mortale. Prima si sono ritirati, facendosi terra bruciata dietro così che i nemici avanzando trovassero soltanto roghi e devastazioni. Poi hanno messo in atto dei blitz sfiancanti e terrorizzanti con i cosacchi ed i partigiani. Alla fine, quando la tecnica del logoramento si è completata, hanno sferrato dei colpi ancora più duri.
A mano a mano che le cose peggioravano, aumentavano l’ostinazione, la megalomania e l’arroganza dell’imperatore, sordo ad ogni invito alla prudenza ed allo stesso buon senso. E’ incredibile quanto si sia mostrato tetragono di fronte alle sofferenze di tanti uomini ed animali e quanta assenza di empatia abbia dimostrato nell’osservare l’incendio di Mosca. Il paragone con Nerone, in effetti, è molto calzante. In epoca moderna, Napoleone sarebbe stato qualificato come un sociopatico ed un narcisista patologico e le sue azioni sarebbero state materia di studio da parte di soggetti specializzati.
Mentre il gioiello della grande armata si dissolve tra le nevi delle steppe russe anche Napoleone mostra il suo tallone d’Achille ed il suo lato debole e sfortunato che finora aveva tenuto ben nascosto. Non ne indovina una, procede a tentoni ed infine si schianta. Invecchiato, ingrassato, tormentato dagli acciacchi, è come bloccato ed inefficiente ed il generale inverno ha la meglio su di lui.
Parallelamente al disfacimento della Grande Armata, vediamo il concludersi dell’infatuazione di Alain per il genio di Bonaparte. A più riprese Alain aveva avuto modo, negli anni precedenti, di interrogarsi sulle vere intenzioni del suo eroe, ma alla fine il desiderio di credere in qualcosa era sempre prevalso. Ora però Alain non si può più auto anestetizzare anche perché le insolenze che gli riserva l’imperatore lo stanno esasperando. Come se ciò non bastasse, torna dal passato un personaggio che ebbe modo di conoscere per pochi minuti, ma che per lui fu molto significativo. Parlo del principe Andrej Bolkonskij che, all’indomani della battaglia di Austerlitz, ebbe il merito di aprirgli gli occhi su considerazioni per lui nuove ed inedite, relativamente alla fugacità ed alla pretenziosità della gloria terrena, soprattutto se paragonata all’immensità ed alla solennità del cielo. Ora il principe Andrej è ferito da una granata che non ha avuto la possibilità o la volontà di schivare e questa morte quasi sicura ed inevitabile colpisce molto Alain che la ascrive al grande inganno di cui Napoleone fu artefice e primo attore.
Successivamente anche altri personaggi tolstojani fanno capolino in questo mirabolante affresco e contribuiscono ad alimentare la presa di coscienza di Alain. Si tratta del conte Pierre Bezuchov e di Platon Karataev, un povero contadino che tanti anni prima era stato arruolato a forza per essere andato a fare legna abusivamente. Quest’uomo semplice ed ignorante ha però il potere di conquistare i cuori, di alleggerirli delle pene e di riempirli di gioia e di serenità. Pierre Bezuchov invece appare ad Alain come un brav’uomo in cerca di un senso da dare alla sua vita ed un po’ confuso, ma alla fine simpatico che fa da tramite tra il francese ed il russo che tra loro non si capiscono. Con questi personaggi ed in mezzo alla bizzarrie di un simpatico cagnolino che spezza un poco la tensione di quei giorni bui, Alain ritrova un po’ di pace e di serenità.
Ecco però che il dolore torna a bussare alla porta del cuore di Alain e durante una nuova marcia forzata, flagellata dal generale inverno, il povero Platon Karataev, come Guerra e Pace ci insegna, muore finito da uno sparo probabilmente misericordioso perché l’alternativa sarebbe stata morire assiderato. Quello sparo rimbomba nella mente e nel cuore di Alain e da quel momento nulla è più come prima. Ecco che i propositi tirannicidi di Pierre Bezuchov –da lui per altro mai dichiarati ad Alain – si trasferiscono nella mente di Alain e lo portano a tentare quello che mai avrebbe immaginato di fare all’inizio della sua ubriacatura napoleonica. Alain si apposta e tenta di sparare a Napoleone, ma ecco che proprio mentre l’imperatore passa a cavallo, riconoscibilissimo col suo bicorno di feltro e col suo pastrano grigio, molta neve cade addosso ad Alain e lo lascia privo di sensi sul ghiaccio.
Il resto è stato semplicemente meraviglioso perché in poche righe ci hai mostrato come ha fatto Alain a liberarsi dalla prigionia dei cosacchi ed a scampare ad una tortura ed a una morte sicure. Nel momento del maggior pericolo Alain ha saputo tirare fuori la sua lucidità e la sua razionalità e si è salvato in modo mirabolante, complici anche l’oscurità e l’eccesso di vodka da parte dei suoi aguzzini.
Napoleone invece è fuggito, se non come un vigliacco, di certo come uno più affezionato alla sua gloria ed al suo trono che ai suoi uomini di cui non gli importava un soldo bucato. Spiace molto per questi poveretti usati come carne da cannone e mandati a morire lontanissimi da casa per un sogno che non appartiene loro e per un capo immeritevole del loro sacrificio.
Parallelamente si sviluppano anche se con un rilievo minore – ma questo è il capitolo del generale inverno!- le vicende di lord Arthur Wellesley che passa di vittoria in vittoria ascendendo i gradini della nobiltà: per ora è marchese.
Ritroviamo anche Bernadette che rispetto a prima sta molto meglio visto che De Ligne non la molesta più ed il marchese sembra innamorato di lei e non più, come prima, semplicemente interessato od in bilico tra amore ed interesse. Ci accorgiamo però che il cuore e la mente del marchese de Saint Quentin non sono ancora liberi perché il ricordo ossessivo della bellissima Paolina Bonaparte incombe ancora. Mi dispiace molto per Bernadette che nelle vicende amorose sembra un po’ Paperino: non gliene va mai bene una!
Ritroviamo la giovane regina che avevamo lasciato nel precedente capitolo incinta e che adesso ha partorito, ma una femmina. Subito si sono fatti sentire i commentatori carichi di livore che hanno sottolineato che quella nascita non risolveva il problema della successione al trono e che un re malaticcio ed una regina già provata da due giorni di travaglio non erano i candidati migliori per mettere al mondo un delfino. Insomma questa regina è amata, ma ha messo al mondo una figlia di Francia mentre Maria Luisa d’Asburgo Lorena ha assolto il suo ruolo di fattrice, ma non ama particolarmente il consorte e l’ambiente in cui vive. Insomma non ne va bene una!
Attendo trepidamente il prossimo capitolo nella speranza di vedere come si dipanerà la matassa e di trovarci Oscar ed André un pochino più protagonisti.
Buon anno nuovo!
This chapter is wonder!
D.P.

Recensore Master
01/01/23, ore 18:48

Cara Agrifoglio,
prima di tutto permettimi di augurare a te e ai lettori tutti un sereno nuovo anno, e poi mi complimento per questo nuovo capitolo che ci hai proposto e, come ormai ci hai abituato, magnificamente condotto in ogni sua fase narrativa.
Sei stata molto coinvolgente con la tua narrazione al punto che mi è sembrato che le immagini di quanto stavi raccontando scorressero davanti ai miei occhi come su uno schermo. La precisione, i tanti dettagli che sempre fornisci per avvalorare il racconto, nonché l’ambientazione ci hanno permesso di vedere ciò che stava avvenendo alla Grande Armata di Bonaparte, il quale era sicuro avrebbe ridotto al suo volere chiunque gli si fosse messo contro. Ormai lui è l’Imperatore e ciò che gli preme sopra ogni cosa è la conquista, indipendentemente da tutto e da tutti. Vuole poter demandare al figlio, quel figlio tanto atteso e amato, tutto il suo impero che ha costruito negli anni con intelligenza, spregiudicatezza e lucidità. Lucidità che forse gli è mancata ora, volendo e intestardendosi ad avventurarsi in qualcosa, potenzialmente, di più grande di lui, e non avendo accettato i consigli del suo stato maggiore che invocava una maggior prudenza da mettere in campo sotto ogni punto di vista.
Abbiamo pertanto assistito alla distruzione pressoché totale di quell’armata che vantava un contingente di 600.000 uomini, senza contare i cavalli e gli armamenti. L’inverno russo è stato impietoso e inclemente e ha ridotto tutto al silenzio. Un esercito che si è disfatto con un generale in capo che non era più tale e che non era riuscito ad avere quella lungimiranza che da sempre lo aveva caratterizzato, permettendogli di conquistare mezza Europa. Ma la sua sete di potere non gli ha permesso di guardare oltre, con il risultato di una completa debacle di quella campagna di Russia che lo ha costretto anche ad una fuga per rientrare in tutta fretta a Milano, dove altri intrighi si stavano compiendo alle sue spalle, con la speranza, almeno, di poter sbaragliare coloro che stavano tramando e remando contro di lui per, evidentemente, spodestarlo.
In tutto questo teatro di operazioni e di situazioni abbiamo un osservatore privilegiato in Alain, il quale dallo stesso Imperatore è stato messo al bando, ritenendolo colpevole per la perdita del tesoro di cui doveva essere responsabile. Nonostante il rapporto di Oscar avesse ammorbidito certe posizioni, quella di Alain agli occhi di Napoleone era risultata fortemente negativa. Ma Alain, da quel momento, e forse anche da prima, aveva cominciato a guardare a Napoleone ponendolo sotto una luce diversa. Non era più abbagliato dalla luce che emanava all’inizio; ora si rendeva conto della cecità di quell’uomo che voleva solo avere sempre più potere senza tenere in conto come lo avrebbe ottenuto. Dopo lo scempio della campagna di Russia con tutti quei morti assiderati, caduti prigionieri e moltissimi dispersi, nella mente di Alain si fa strada un’idea: era venuto il momento che qualcuno ponesse fine a quell’ecatombe, ma proprio mentre sta tentando di mettere in atto un tale proposito, essersi appostato fra la neve per sparare un solo e preciso colpo a Napoleone che stava passando nei pressi, una massa di neve gelata rovina su di lui lasciandolo tramortito sul manto ghiacciato. Risvegliatosi si ritrova ad essere stato fatto prigioniero da un gruppo di temibili Cosacchi che, presto o tardi, lo avrebbe ucciso dopo averlo torturato, come stava accadendo agli altri prigionieri caduti nelle loro mani.
In tutto questo epico racconto della campagna di Russia abbiamo anche avuto la possibilità di dare uno sguardo ai Nostri che proseguono le loro vite, pensando sia ai figli, ognuno ora fidanzato e che presto convolerà a giuste nozze, non prima che siano sicuri del passo che intendono fare, soprattutto questo ragionamento da parte dei genitori è rivolto ad Antigone e al suo esuberante carattere molto emancipato per l’epoca, che al benessere finalmente ritrovato di Bernadette e sperando ardentemente che la sua situazione si sistemi al punto che tra lei e il Marchese di Saint Quentin possa scoccare quella scintilla potente che possa scalzare dalla mente del giovane nobile il ricordo ossessivo di Paolina Bonaparte. Anche per Lord Arthur Wellesley, I Conte di Wellington, ci sono novità rilevanti, dopo essersi ben distinto in Spagna con la sua capacità e lucidità nel condurre la campagna in quelle zone: viene infatti nominato Marchese di Wellington proprio per la vittoria di Salamanca.
Insomma un capitolo che ci ha regalato una fotografia di un momento storico importantissimo, che ci ha mostrato Napoleone nel suo delirio di onnipotenza e un Alain che cerca di riprendere le redini della sua vita dopo l’ubriacatura nei confronti di colui che tanto aveva ammirato.
Un inizio d’anno con il botto, restando in attesa del prosieguo che ci porterà alla conclusione di questa avventura che ci ha tenuto avvinti alla lettura per alcuni anni.
Grazie e sempre complimenti. Un affettuoso saluto.

Recensore Master
01/01/23, ore 17:36

Con la consueta alternanza di scenari, che raccontano ora la grande Storia, quella fatta di scontri e battaglie, ora gli avvenimenti privati, ci regali un altro capitolo che posso solo immaginare quanto sia stato impegnativo scrivere.
Mi ha molto colpito, oltre alla non comune maestria di cui hai dato già prova tante volte nel descrivere grandi scenari di battaglia, un particolare: è triste, e lo sottolinei molto appropriatamente, come le regine e le principesse, per quanto donne collocate all'apice della società del tempo, venissero considerate solo un utero ambulante - del resto, così Napoleone aveva qualificato, dice qualche fonte, Maria Luisa d'Absburgo. E pertanto, ecco che la nascita della Figlia di Francia crea malumori a Corte, e la lunghezza del travaglio e le difficoltà del parto (come se fosse uno spasso o una scelta consapevole!) mettono in cattiva luce la povera, giovane Regina. Del resto, poche donne potevano contare sulla possibilità di esprimere liberamente se stesse: in questo, Antigone, giovane dal carattere forte, molto in anticipo sui tempi, come dici tu, è assai più fortunata di chi siede sul trono.
Un saluto e un augurio per un buon 2023!
d