Questo capitolo è uno splendore anche se è molto doloroso. Esso segna la fine di due personaggi chiave della storia e chiude anche un’epoca. Oscar nel giro di pochi mesi ha visto morire il suo grande antagonista ed il suo amatissimo André ed in tutti e due i casi è rimasta mutilata nell’anima.
Come hai specificato anche tu, Napoleone rappresenta la summa della carriera oscariana. E’ il genio della guerra, la grande variabile alterata, la scheggia impazzita che ha fatto sempre la differenza e che ha costretto Oscar a non fermarsi mai, a migliorare se stessa, a cambiare prospettiva un migliaio di volte ed a non arrendersi mai. Con Napoleone Oscar è diventata un soldato migliore e più completo, probabilmente proprio ciò che lei voleva diventare in gioventù, ma che allora si trovava soltanto nella sua mente esaltata ed infelice.
André invece ha completato Oscar, ne ha tamponato i punti di debolezza, l’ha fatta venire a patti con l’esistenza, migliorandola e rendendola più umana. André ha sviluppato la personalità di Oscar, l’ha indotta a rivedere certe sue idee impossibili e le ha fatto capire che per essere forti non occorre essere uomini. Lei poteva essere forte, indipendente ed assertiva anche come donna. Poteva essere donna e continuare contemporaneamente ad essere ciò che era sempre stata.
André e Napoleone, ciascuno nel suo campo, hanno scolpito Oscar, tirando fuori dalla materia grezza il soldato e l’essere umano. Lei ha ricambiato il primo con un immenso amore ed il secondo con una stima incondizionata anche se affiancata all’inimicizia ed alla disapprovazione per certe sue derive, prima fra tutte l’uccisione gratuita e spietata di Girodelle. La stima per Napoleone alla fine è stata accompagnata dalla pietà cristiana e dalla rimessione di ogni conto in sospeso nelle mani sapienti di Dio, il cui perdono Oscar ha invocato sul capo del nemico di una vita.
La perdita di questi due giganti ha amputato Oscar di ogni vitalità residua. Oscar si sentiva vecchia da tempo, ma è con la morte di Napoleone che ha capito di avere esaurito ogni energia e di conseguenza si è messa in pensione. Continuare a lottare sarebbe stato impossibile a causa della vecchiaia ed inutile perché lo storico nemico era morto e gli altri nemici che sarebbero venuti sarebbero stati di competenza delle giovani generazioni alle quali André ha dedicato il suo ultimo brindisi. E’ però la morte di André, come era prevedibile, che la annienta completamente, facendola sentire un colosso con i piedi di argilla. Oscar è annichilita, si sente sola in mezzo a tanta gente in un inferno di incomunicabilità, percepisce i suoni distanti che le rimbombano nelle orecchie come l’eco in una caverna. Dapprima nega l’evidenza e si schermisce, allontana da sé il dolore ed ogni idea di morte. Alla fine, quando non può più negare l’evidenza perché André le è morto davanti agli occhi, si affloscia come un sacco vuoto dopo essere esplosa in un urlo.
Oscar sperava di trovare nella costante presenza di André, anche dopo il pensionamento, uno stimolo per andare avanti sia pure in maniera diversa da come aveva sempre fatto. Voleva dedicarsi a se stessa, a loro due insieme ed alla famiglia, ma il destino ha deciso diversamente e le ha teso un agguato. Se con la morte di Napoleone una certa inerzia ha iniziato ad albergare nella sua mente, con quella di André Oscar ha cessato di esistere, si è arresa su tutti i fronti, è naufragata. André le ha sempre offerto il suo aiuto disinteressato e quando lui non è stato più si è vista persa.
I grandi capisaldi di Oscar sono stati il padre ed André. Il generale de Jarjayes è mancato ormai da oltre diciotto anni ed ora che André l’ha seguito nella tomba Oscar è rimasta priva di ogni punto di riferimento. Non solo, senza di loro Oscar è rimasta agli occhi al mondo una vecchia strana, bizzarra nel suo vestire da uomo ed incomprensibile. Il generale de Jarjayes aveva avuto l’idea insana di darle un nome da uomo e di allevarla come un uomo. La madre e Marie Grandier erano state testimoni di questa scelta mentre André era vissuto accanto ad Oscar sin dall’infanzia, l’aveva supportata, sopportata ed amata. Ora che anche lui è sceso alle ombre, la storia di Oscar è rimasta senza testimoni diretti ed è conosciuta esclusivamente tramite racconti. Della vecchia guardia rimangono soltanto Maria Antonietta ed il conte di Fersen, ma nessuno di loro per ragioni diverse ha un rapporto stretto e quotidiano con lei. Per tutti gli altri Oscar è soltanto una vecchia stramba che non si sa se chiamare duca o duchessa, monsieur o madame, uomo o donna.
L’unica che potrebbe essere in un certo senso simile ad Oscar è la bella Hélène de Girodelle. E’ una ragazza fuori dal comune, antesignana di tante suffragette e donne di carattere, femminista ante litteram ed una delle primissime aviatrici di un prototipo a vapore. Non è stata allevata come un uomo, ma si comporta in modo libero e determinato. Chi sa che tipo di rapporto aveva con lei Oscar.
André in questo capitolo esce di scena, ma lo fa in grande stile. Dopo tanti anni i nodi sono venuti al pettine. La cecità, archiviata per tanti anni grazie alle mani d’oro del dottor Lucilio Vianello, è tornata alla ribalta a causa della brutta caduta a Waterloo. Scopriamo dai ricordi di Oscar che il marito ebbe un appannamento alla vista mentre stava salendo sulla torre del palazzo e lo vediamo noi stessi perdere la vista all’improvviso mentre passeggia insieme alla figlia nella tenuta di palazzo Jarjayes. La paura è tanta al punto che Antigone entra a cavallo nell’atrio di palazzo Jarjayes come un’eroina medievale e dà la terribile notizia. Oscar contro il parere di tutti si precipita lì a cavallo anziché in carrozza, ma le ore di André sono ormai contate.
E’ doloroso il gioco delle parti tra Oscar e l’archiatra di corte. Il medico tenta di preparare i familiari invitandoli con delicata fermezza a non farsi illusioni ed a prepararsi al peggio. Oscar invece fa orecchie da mercante come un bambino che chiudendo gli occhi si illude di avere allontanato il pericolo o come un animale che se non vede chi lo insegue crede di essersi nascosto. Questa reazione istintiva e questa difesa elementare ci fanno empatizzare con lei, ma non risolvono il problema. André infatti di lì a poco muore ed Oscar si trova a dover affrontare una situazione che non riesce in alcun modo a governare. Anche nella serie animata la reazione di Oscar alla morte di André è tutta istinto e niente ragione. Lei prorompe in uno dei suoi soliti scatti che nuociono soltanto a lei, senza appoggiarsi a nessuno ma standosene in piedi sull’orlo del baratro a contemplare il vuoto. Adesso è sola, disperatamente sola e non c’è via d’uscita da questa situazione perché alla morte non c’è rimedio e perché a tutti gli altri mali trovava sempre una soluzione André che adesso non c’è più.
La morte di André sconvolge tutti anche Alain che è rude fuori, ma tenero dentro. Saputa la brutta notizia, si precipita a palazzo Jarjayes ma il contributo che può dare è nullo. Tenta solo di darsi un contegno riuscendoci malissimo. La cosa curiosa è che in tutto questo frangente è proprio André che dà coraggio a tutti. Benedice i figli ed i nipoti, consola parenti ed amici, ha una buona parola per tutti. Con Oscar la situazione è inestricabile perché lei non vuole essere consolata, rifiuta a monte il problema ed André che la conosce benissimo se ne rende conto e non può intervenire. Fino alla fine lei nega. Parla delle albe e dei tramonti di Arras e dice che le piacerebbe vederli ancora insieme ad André come quando erano ragazzi, come se bastasse pronunciare queste parole per farle avverare. Alla fine Oscar deve arrendersi alla realtà e per lei è tremendo perché, non essendosi voluta piegare, si è spezzata.
Napoleone muore come colui che è sempre stato: un uomo determinato e forte che quando viene contrastato diventa prepotente. Avendo per tutta la vita dato ordini in Europa, adesso pretende di dare ordini anche in America, a casa degli altri, ma la Florida, la Carolina, la Georgia, il Mississipi, la Virginia e la Lousiana proprio non ne vogliono sapere di prendere ordini da lui e di rinunciare ai loro preziosi schiavi, braccia essenziali per la raccolta del cotone e perno fondamentale della loro economia. Si sa che quando a qualcuno gli si va a toccare il conto in banca la reazione non è mai quella di un lord inglese. In questo caso poi ad essere insidiata è la ricchezza di una molteplicità di stati e non quella di una singola persona. Napoleone inizia una sua guerra privata per l’abolizione della schiavitù, ma ogni volta che lui si impelaga in una guerra economica, sia essa contro l’Inghilterra che contro gli stati del sud, è destinato a perderla in ogni caso. I suoi avversari non soltanto gli stoppano la proposta di legge, ma gli boicottano anche la candidatura alle elezioni presidenziali ed al prode corso non resta che contemplare la sua sconfitta per una manciata di voti. Come sempre, Napoleone non accetta la sconfitta e si mette a pestare i piedi come i ragazzini. Fa la fronda contro il nuovo eletto con il solo risultato di diventare il sospettato numero uno quando il primo matto attenta alla vita del presidente. La conseguenza è un’esplicita accusa con pubblico ludibrio al senato di Washington. Napoleone si arrabbia ferocemente, minaccia di scatenare una guerra civile e muore per un colpo apoplettico.
Così se ne va, con tutte le sue ricchezze e le sue ambizioni, senza avere intorno né un parente né un amico. Joséphine de Beauharnais lo amava e lui amava lei, ma l’ambizione superò qualsiasi altro sentimento e qualunque altra considerazione. Nella tua storia, lei contribuì a farlo evadere da Sant’Elena ma non lo seguì in America perché delusa dal suo precedente comportamento e per non separarsi dai figli. Nella realtà storica, Joséphine de Beauharnais morì proprio nei giorni in cui Napoleone partiva per l’isola d’Elba e quindi ai tempi di Sant’Elena non c’era proprio se non nei ricordi dell’ex imperatore.
In questa storia tu gli metti accanto, anche se temporaneamente, Jeanne de Valois, ma sebbene come coppia siano interessanti io non credo che Napoleone avrebbe potuto amare Jeanne più di Joséphine. I due sicuramente si attraevano, ma troppe scintille sarebbero volate tra di loro perché entrambi avevano dei caratteri dominanti. Un maschio ed una femmina alfa difficilmente possono andare d’accordo. Joséphine de Beauharnais invece, pur non essendo uno stinco di santo e pur avendo tradito ripetutamente Napoleone in gioventù, aveva un modo di fare più sinuoso ed aggraziato e difficilmente avrebbe sfidato Napoleone sul suo stesso terreno. Ritengo che, al netto dei tradimenti e delle incomprensioni dovute alla mancanza di un figlio ed al comportamento dissipatore di lei, questa coppia era molto più stabile di quella con Jeanne de Valois. Se Napoleone non avesse allontanato Joséphine de Beauharnais, probabilmente qualcuno vicino lo avrebbe avuto. A differenza di André invece morì solo e contestato.
Ho molto apprezzato questo tuo novantanovesimo capitolo, per la mano con cui hai tratteggiato i vari avvenimenti. Gli anni americani di Napoleone sono stati descritti con potenza e dinamismo mentre i funerali del grande eroe corso sono stati narrati con l’inchiostro dello splendore e della solennità. Una vena di delicata malinconia pervade l’animo nel leggere del matrimonio della delfina e del duca di Reichstadt, un matrimonio sereno ed accomodante, ma senza passione ed autentico amore perché lui lasciò il suo cuore in Austria, accanto a quello dell’arciduchessa Sofia mentre lei era troppo carica di impegni. Tanto dinamismo e tanta passione giovanile si leggono nelle imprese archeologiche della bella Hélène mentre malinconia, delicatezza d’animo e nostalgia pervadono le righe dedicate al trapasso di André. Struggente ed estraniante è il dolore di Oscar, lasciata sola dopo una vita passata in simbiosi con il suo André. Mi è piaciuto come hai tratteggiato i vari stati d’animo, i sentimenti dei personaggi e le varie sfumature. Quasi alla fine di quest’avventura, ti faccio tantissimi applausi.
Green Tourmaline |